E la luce fu.
Dall’homo sapiens all’uomo del black-out
(Cristina Stillitano) - L’italiano black-outizzato ha gli
occhi da reduce e il passo incerto. Ha i polpastrelli
frementi
ed un nuovo tormento: l’interruttore elettrico. Già, la quadrata scatola
con pulsante incorporato che campeggia geometrica sulle pareti di casa. A
ripensarci, gli vengono i brividi. Che lunga relazione felice, un rapporto
carnale quasi, da innamorato avvezzo al comando. L’italiano dei bei tempi
rintracciava la sua scatola ad occhi chiusi. Svelto, prepotente, vi
appoggiava sopra il dito da dittatore spensierato. Da uomo mai cornuto.
Clic-clac, uno scatto pronto, ed era Luce.
Le gote fresche di rasoio elettrico, l’incarnato brunito dalla trifacciale,
l’italiano di prima era un duro e un avanzato. Un viaggiatore, un tecnico,
un manipolatore, un chattatore incallito, un esperto di software, un
videotelefonante. Con la parabola sul tetto per seguire la squadra del
cuore, con il forno a microonde e lo stereo in dolby-surround, il rampante
digitalizzato era un furbo che passava col rosso e se ne fregava
dell’energia. Uno smaliziato, un po’ crudele, un po’ smargiasso, ma in
fondo un diligente, un consumatore scrupoloso, un comandante e un
sognatore.
Poi venne il black-out. Nuova figura mitologica, il drago vendicatore che
inghiotte il dominatore di carta. Al suo passaggio tutto si oscura. Si
ammutina la tecnologia, tradisce l’interruttore. Clic-clac, clic-clac: non
succede nulla. L’uomo non ha più potere. Può sfoderare un animo romantico
e invitare la sua bella ad una cenetta a lume di candela. Ma sfidare le
fauci del mostro nero no, non può farlo.
L’uomo black-outizzato è una creatura instabile di una specie recentissima
ancora in via di adattamento.
È un sopravvissuto dal passo svelto e la memoria corta. Vuol solo andare
avanti perché non può voltarsi indietro.
Ma ogni volta che l’interruttore risponde al suo comando, l’antico
dominatore di ieri, col cuore gonfio di incertezza, oggi umilmente, in
silenzio, ringrazia. |