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Sommario anno XII numero 12 - dicembre 2003

 CURIOSITÀ

rubrica piccolo spazio curiosità
Nel blu, dipinto di blu
(Paolo Di Lazzaro) - I nostri occhi riescono a vedere solo una piccola parte della luce che ci circonda, e non a caso questa parte è chiamata “luce visibile”. La luce può essere descritta come onde di energia che si propagano nello spazio, e si differenziano tra loro tramite la “lunghezza d’onda”, cioè la distanza tra due picchi vicini dell’onda. Ad esempio? il termosifone emana calore sotto forma di luce infrarossa che ha una lunghezza d’onda maggiore della luce visibile, sicché i nostri occhi non possono vederla, ma la nostra pelle può “sentire” la sensazione di calore. Analogamente, la luce ultravioletta ha una lunghezza d’onda troppo corta per poterla vedere, ma la melanina della nostra pelle si accorge delle sua presenza e si abbronza.
La luce visibile è composta da diversi colori, ciascuno con una propria lunghezza d’onda: il rosso ha una lunghezza d’onda maggiore del giallo, che a sua volta ha una lunghezza d’onda maggiore del verde, che ha una lunghezza d’onda maggiore del blu. Quando guardiamo un oggetto luminoso, come una stella o una lampadina, i nostri occhi sono raggiunti da luce diretta. Invece, quando guardiamo un oggetto i nostri occhi sono raggiunti da luce diffusa, creata dall’interazione delle onde luminose con le particelle dell’oggetto. Le particelle, infatti, possono intercettare le onde luminose e diffonderle in direzioni diverse, fino a raggiungere i nostri occhi. I numerosi fenomeni di diffusione della luce cui assistiamo giornalmente differiscono tra loro al variare delle dimensioni delle particelle rispetto alla lunghezza d’onda della luce. Per esempio, il colore blu del cielo è dovuto alla diffusione della luce visibile da parte di particelle molto piccole, che riescono a “deviare” e diffondere solo le lunghezze d’onda minori della luce visibile (corrispondenti al colore blu). Al contrario, i cristalli di ghiaccio che formano le nubi sono abbastanza grandi da diffondere tutte le lunghezze d’onda della luce visibile, e le nubi ci appaiono bianche (la somma di tutti i colori della luce visibile è percepita come bianca).
Gli esempi sono numerosi e il lettore può divertirsi a trovare una spiegazione del colore di svariati oggetti, sempre applicando questa semplice regola sulla diffusione della luce da parte di particelle aventi differenti dimensioni. E’ possibile spiegare perché la schiuma delle onde (ma anche della birra!) è bianca, perché il fumo della sigaretta è azzurro, perché il tramonto è rosso, eccetera. Magari con qualche piccola variazione sul tema per tenere conto dell’assorbimento della luce, come il colore grigio delle nubi dense...
E nel caso di assenza di particelle? Questa situazione accade agli astronauti in orbita: le immagini che provengono dai satelliti mostrano un cielo nero. Nello spazio stellare c’è il vuoto, cioè mancano particelle che interagiscano con la luce e la diffondano verso i nostri occhi: l’assenza di luce diffusa produce un cielo nero.

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Sommario anno XII numero 12 - dicembre 2003