monte
compatri
Il
paese piange
Ancora una volta il senso della vita raggiunge un elevatissimo picco di
emozione a causa di un tragico e doloroso evento che ha colpito il nostro
paese. Nella notte tra il 27 e il 28 dicembre 2003, dopo una brevissima ma
inesorabile malattia, Roberto Dominicis, di appena 15 anni, è venuto a
mancare all’affetto dei suoi cari.
La redazione
di Controluce e tutti i soci del Photo Club Controluce, con il cuore pieno
di tristezza, partecipano al dolore di mamma Anna e papà Americo che
hanno voluto inviarci questa breve nota.
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Nei terribili giorni
della malattia di Roberto, mi hanno costantemente inseguito, tormentato ma anche ...
consolato, alcune riflessioni tratte dalle lettere dello scrittore
cattolico E. Mournier alla moglie, sulla piccola figlia Francoise,
inguaribilmente malata. Quei passi li avevo letti quando
frequentavo il 2° liceo scientifico, .... quando avevo
esattamente l’età di Roberto.... che strana coincidenza!
Quelle riflessioni sulla
sofferenza, da allora, non mi hanno mai abbandonato, .... ma mai e
poi mai avrei immaginato che un giorno si sarebbero incarnate così
profondamente nella mia esistenza ed in quella di Anna. Quei passi
vorrei poterli condividere con tutti quelli che hanno pregato per
Roberto e ci hanno sostenuto con la loro solidarietà ed il loro
affetto.
Americo e Anna
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Che senso
avrebbe tutto ciò se la nostra piccina fosse soltanto un pezzo di carne
sprofondato non so dove, un po’ di vita disgraziata, e non questa
piccola ostia bianca che ci supera tutti, un’infinità di mistero e
d’amore che ci abbaglierebbe se lo vedessimo faccia a faccia; se ogni
colpo più duro non fosse una nuova elevazione, che ogni volta, allorché
il nostro cuore comincia ad essere abituato, adattato al colpo precedente,
è una nuova richiesta d’amore ?
Tu odi questa povera piccola voce supplichevole di tutti i bambini
martiri del mondo, e questo rimpianto della loro infanzia perduta tra
milioni di uomini che ci stendono la mano, come un povero ai lati della
strada:
“
Dite, voi che avete il vostro amore e le mani piene di luce: datecene un
poco, anche a noi”.
Se noi non facciamo che soffrire, subire, tollerare, sopportare,
non ce la faremo a stendere la mano e mancheremo a quanto ci è richiesto.
Dalla mattina alla sera, non dobbiamo pensare a questo male come a
qualcosa che ci è tolto, ma come a qualcosa che noi diamo, per non
demeritare di questo piccolo Cristo che è in mezzo a noi, e per non
lasciarlo solo a lavorare col Cristo. Non voglio che questi giorni vadano
perduti, perché ci dimenticheremmo di prenderli per quello che sono:
giorni pieni di una grazia sconosciuta…..
Eccoci allo stesso crocevia, poveri fanciulli deboli come sempre,
la gambe stanche, il cuore stanco e che piange. E la stessa mano si posa
sulla nostra spalla, ci mostra tutte le miserie degli uomini, tutti i
laceramenti degli uomini, quelli che odiano, quelli che ammazzano, quelli
che irridono e quelli che sono odiati, e quelli che sono uccisi, …..e
poi ci mostra questa piccina ricolma delle nostre immagini future. E che
non ci dice se ce la prenderà o se ce la renderà, ma che, lasciandoci
nell’incertezza, ci dice dolcemente: “Datemela per loro”.
E dolcemente, insieme, cuore a cuore, senza sapere se Egli la terrà
per sé e se ce la lascerà, noi gliela daremo. Perché le nostre mani
deboli e peccatrici non sono sufficienti a tenerla, e soltanto se noi
l’avremo messa nelle Sue mani, avremo qualche possibilità di
ritrovarla, e saremo certi, ad ogni modo, che tutto quello che accadrà da
quel momento sarà bene.
…. Sentivo
di avvicinarmi a quel piccolo letto senza voce come ad un altare, una
sorta di luogo santo dove Dio parlava tramite un segno.
Una tristezza pungente, profonda, …profonda ma leggera e
trasfigurata. E attorno a lei non ho altra parola: un’adorazione.
….Françoise,
bambina mia, sentiamo una nuova storia intervenire nel nostro dialogo:
resistere alle forme facili della fede firmata col destino, restare tuo
padre, tua madre, non abbandonarti alla nostra rassegnazione, non
abituarci alla tua assenza, al tuo miracolo; darti il tuo pane quotidiano
d’amore e di presenza, continuare la preghiera che sei tu, ravvivare la
nostra ferita perché questa ferita è la porta della presenza, …
restare con te…..
Emmanuel Mounier
Ecco, inoltre, una
riflessione di Roberto, ragazzo davvero speciale, scritta quando ancora
frequentava le scuole medie:
La luce della speranza
Mi sono chiesto,
pensando a tutte le atrocità’
che hanno fatto da
protagoniste nella storia,
se l’umanità sia
veramente degna di definirsi tale.
Gli uomini continuano ad
essere completamente divisi
dietro a bandiere, folli
idee, posizioni religiose, senza riuscire a dialogare.
Non può chiamarsi uomo
chi non sa difendere quel desiderio di pace
che tutti dicono di
volere, e che nessuno riesce a realizzare.
Non può chiamarsi mondo
quello in cui dominano rabbia, odio, falsità e ipocrisia
e dove gli unici rumori
che si riescono a sentire sono quelli degli spari,
dei morti che cadono a
terra e dei milioni di bambini su questo pianeta
che piangono disperati
perché non hanno nulla di cui vivere.
Che razza di giustizia
è quella che pratichiamo
se l’infanzia continua
ad essere tanto maltrattata?
Mi chiedo se in futuro
ci sarà ancora una luce che possa regalarci la speranza.
Ma forse la speranza che
cerchiamo non dobbiamo cercarla fuori
ma dentro di noi,
per illuminare chi non
riesce a vederla.
Roberto
Dominicis - 7 Febbraio 2002
frascati
Giuseppe
Toffanello - Una biografia - 1
(Valentino Marcon) - “Don
Bosco diplomatico part-time”. Era il 6 dicembre del 1998, e con
questo titolo, sulla pagina settimanale di ‘Avvenire’ (Lazio sette),
veniva pubblicato l’ultimo articolo di Giuseppe Toffanello.
Dagli anni ’70, chiusi i
battenti de “Il Tuscolo”, il giornale da lui ideato e diretto,
Toffanello si era ritirato, in una sorta di Aventino ma in buon ordine
nella sua casa di via della Sorgente, quando sia la cultura che la
politica tuscolana, sembravano aver preso una china da lui non condivisa.
Tuttavia, riappariva
saltuariamente sulla scena frascatana, approntando rappresentazioni e
drammatizzazioni, soprattutto di carattere religioso in Cattedrale, in
occasione di alcuni momenti forti dell’anno liturgico con il suo teatro
o, ancora, scrivendo qualche articolo per la pagina diocesana di Avvenire
che, a partire dalla metà degli anni ’70, riportava cronache della
chiesa e della società tuscolana.
Quando assunsi il coordinamento redazionale dell’inserto
‘Lazio sette’, negli anni ’90, lui, ormai in età molto avanzata –
aveva ripreso a mandarmi qualche pezzo da pubblicare. Era un modo per lui
non solo di passare il tempo, ma anche di presentare stralci di quella
storia tuscolana di cui lui, a differenza di molti nostri concittadini,
aveva gran conoscenza e riteneva indispensabile trasmettere soprattutto
alle nuove generazioni, perché non dimenticassero le proprie radici.
Non amando muoversi quasi più
da casa, mi faceva recapitare i suoi scritti da un suo vicino - Fabrizio
De Rossi - accompagnandoli sempre con un bigliettino dal tono riservato e
senza pretese. Di solito c’era scritto: “Se va... vada”; che voleva
dire: se ritieni che il ‘pezzo’ si possa pubblicare, fallo pure,
altrimenti…amici come prima! Ma non si poteva dire di no a chi quanto a
stile letterario e giornalistico i premi ed i riconoscimenti che aveva
ricevuto durante la sua lunga vita, erano una chiara dimostrazione di
competenza, vivacità e lucidità che ancora negli ultimissimi anni di
vita aveva conservato?
Eppure di lui si era già
quasi persa la memoria ed ora forse solo le persone più anziane o di
mezza età lo ricorderanno; eppure per tutto quello che lui ha fatto per
Frascati, dedicargli una via o intitolargli qualche premio letterario,
sarebbe il minimo per onorarlo degnamente se solo a qualche amministratore
o ‘storico’ locale, venisse in mente questa idea se non altro per
riparare a quell’assenza ai suoi funerali in cui si contarono non più
di ventitré persone.
Si può certamente dire che
Toffanello amò Frascati più di molti nostri concittadini. Giornalista,
commediografo, polemista, autore di molte commedie e rappresentazioni
teatrali, molte per ragazzi, fu praticamente sulla scena frascatana fino a
tutti gli anni ’70.
Dagli inizi degli anni ‘90,
andai più volte a trovarlo a casa e dialogare con lui, perché -
nonostante non abbia mai voluto farsi intervistare né fotografare - amava
comunque raccontare alcune delle molte vicende che lo ebbero protagonista
per oltre un trentennio nella cultura locale.
Ora, a cinque anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 6 gennaio
del 1999, mi sembra indispensabile ripercorrere alcune vicende importanti
della vita e dei ricordi che Toffanello mi aveva confidato, onde farne
rivivere la memoria ma anche cercando così di sollecitare un
riconoscimento più consistente da parte dell’amministrazione cittadina.
E allora chi era Toffanello?
Nato a Ravenna nel 1913, aveva
lavorato in un ministero romano, poi, subito dopo la guerra, venne ad
abitare nella nostra città, seguendo la consorte che era stata inviata ad
insegnare nelle scuole di Frascati. I due coniugi vennero quasi subito ad
abitare in quella casa di via della Sorgente dove ancora oggi risiede la
moglie, signora Angelina Rizzo, ultranovantenne.
Legato al suo nome, si ricorda
anzitutto il giornale Il Tuscolo, da lui fondato e diretto dal 1957 al
1971. Le vicende sociali e politiche degli anni della ricostruzione e
della crescita culturale tuscolana erano seguite passo passo da questo
periodico, cui davano la collaborazione esponenti della cultura locale,
politici di tendenze diverse (e allora c’erano le forti contrapposizioni
tra ‘rossi’ e ‘bianchi’, cioè comunisti e socialisti da una parte
democristiani dall’altra). Il giornale non godette mai di buona salute
(economico-finanziaria), tanto che il suo direttore se ne lamentava spesso
e, già al terzo numero (1958), firmava un semitragico trafiletto dal
titolo “adesso si chiude”! Tuttavia non chiuse e riuscì a
pubblicarlo, se non tutti i mesi almeno…quando poteva!
Quando, l’8 luglio del 1997,
ricorrendo i quarant’anni della nascita del periodico, gli feci qualche
domanda in merito, mi confidò le difficoltà avute con le tipografie che
erano disponibili solo quando non avevano altri lavori urgenti…
“eppure, mi disse, fu una intuizione, allora non c’era niente, non
avevamo sponsor, ma siamo andati avanti, senza averci rimesso ma nemmeno
guadagnato. Ci fu un momento in cui la tipografia ci chiese più soldi, ma
non avevamo ancora incontrato tanta gente che lo comprava… Per 50 lire,
porca miseria… manco le sigarette! Roba da matti. Poi, subito dopo ci
furono le elezioni, venne da me Bozzelli che mi disse, ‘non chiudere, il
prossimo numero te lo pago io’. Poi venne anche Micara, ed altri. Certo
noi sapevamo cogliere le occasioni, come quando venne il nuovo Vescovo (Liverzani,
1962, ndr) con un numero stampato in sette o ottomila copie, tanto più
che la diocesi non aveva un suo giornale, che fece solo dopo”.
Sul giornale, pubblicato la
prima volta il 10 dicembre del 1957, si impegnarono a scrivere
Francesco e Tommaso Caroni, Dandini, don Razza, Nobiloni, Folli,
Filippini, Calderini… La cronaca di Frascati nelle sue principali
vicende si dipanava su quelle pagine, a volte anche con qualche punta
polemica che rimbalzava tra vicissitudini amministrative e diatribe
storico-letterarie. Senza contare che certi articoli su alcuni momenti del
passato, dettero poi lo spunto per approfondire meglio la storia di
Frascati, con la pubblicazione di volumi come quello sulla Cattedrale
(pubblicato da don Razza) e il noto Frascati, Civitas Tuscolana
dello stesso Toffanello, stampato in offset per due edizioni (settembre e
dicembre 1958) e poi stampato nella terza edizione del 1968.
Particolarmente famose furono
alcune iniziative promosse da questo giornale: in particolare il premio
‘Seghetti’ per le scuole, il ‘Notturno magico’ (lo spettacolo di
‘suoni, luci e acque’ a Villa Torlonia), e l’ultraquarantennale
premio di poesia -nato proprio in occasione di una cena per festeggiare il
primo anniversario de Il Tuscolo - ‘Botte di Frascati’, (oggi:
Premio nazionale di poesia ‘Frascati’, dedicato ai poeti Seccareccia e
Chiusano). Eppure, nonostante queste ed altre benemerenze, Toffanello mi
confidò, che quando, una ventina d’anni dopo, si trattò di designare
il presidente per una nota associazione culturale locale, il suo nome fu
‘scartato’, perché lui non era…nato a Frascati!
Ma su questo e altro ancora
torneremo nelle prossime puntate.
(1. continua)
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