Le
ipotesi non euclidee
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(Luca Nicotra) -
11.4. Il
neo-positivismo.
I neo-positivisti
accolgono in pieno la concezione formalista della matematica e la
estendono alla logica. Pertanto, non soltanto le idee e proposizioni
primitive della matematica sono simboli e regole arbitrari, ma anche i
principi della logica possono essere scelti arbitrariamente dando luogo a
“più logiche”.
L’impulso a mettere in
discussione l’esistenza di un solo tipo di logica, quella classica
aristotelica a due valori (vero, falso), venne dagli intuizionisti, che
contestavano ai logicisti e ai formalisti la validità del principio del
terzo escluso (tertium non datur) della logica aristotelica,
secondo il quale A è B o non-B, in altre parole una proposizione è vera
o falsa, senza altre alternative.Tale principio, infatti, dava luogo a
vari paradossi, nella sua applicazione sia a taluni insiemi sia a talune
proposizioni. Vediamo alcuni esempi.
Il
primo e più celebre è l’antinomia di Russell: sia C l’insieme che
contiene tutte e soltanto le classi che non sono elementi di se stesse.; C
è un elemento di se stessa? Entrambe le risposte che si possono dare con
la logica a due valori, danno luogo a contraddizioni. Infatti, se
rispondiamo “C è elemento di se stessa”, vuol dire che C è una delle
sue classi, le quali non sono elementi di se stesse: dunque C sarebbe
contemporaneamente elemento di se stessa e non elemento di se stessa; se,
d’altra parte rispondiamo “C non è elemento di se stessa”, allora C
sarebbe una delle classi di C e quindi un elemento di se stessa: ancora
una volta C sarebbe contemporaneamente elemento di se stessa e non
elemento di se stessa.
Un’esemplificazione
pittoresca del paradosso di Russell è formulabile con la seguente
domanda: “Il barbiere che fa la barba a tutti e soltanto coloro che non
si fanno la barba da soli, si fa la barba da solo?”. Se il barbiere si
fa la barba da solo, allora è egli stesso uno dei suoi clienti e quindi
è uno che non si fa la barba da solo; se, al contrario, il barbiere non
si fa la barba da solo, anche in questo caso è per definizione uno dei
suoi clienti, e quindi fa la barba a se stesso.
Inoltre, un esempio di
paradosso che deriva dall’applicazione del principio tertium non
datur a certe proposizioni è noto fin dal VI sec. A.C. e lo si deve a
Epimenide di Creta: “Io, Epimenide, sono Cretese e vi dico che tutti i
Cretesi sono bugiardi”. Se l’asserzione fosse vera, Epimenide, essendo
cretese, sarebbe bugiardo, ma asserendo che tutti i cretesi sono
bugiardi direbbe la verità e quindi non sarebbe bugiardo. Viceversa, se
quell’asserzione fosse falsa, Epimenide dicendo anche lui una bugia
renderebbe vera l’affermazione che tutti i cretesi sono bugiardi.
Un’altra versione dello stesso tipo di proposizione è la seguente:
“Questa asserzione è falsa”. Infatti, se essa fosse falsa, allora
sarebbe vera; viceversa, se essa fosse vera, allora sarebbe falsa! Ancora
una volta ci troviamo di fronte a situazioni contraddittorie,
caratterizzate dall’attribuzione contemporanea di vero e falso allo
stesso soggetto.
Infine, esistono casi in
cui non è possibile decidere se qualcosa è vera o falsa. Un esempio
molto semplice è il seguente: com’è possibile affermare se è vero o
falso che nella rappresentazione decimale del numero irrazionale ð
compaia almeno una volta la successione di cifre 1,2,3,4,5,6,7,8,9, se il
numero di cifre decimali di ð è infinito, senza periodicità, e non è
quindi possibile applicare nessun procedimento finito di indagine delle
sue cifre? Tale affermazione, dunque, non è né vera né falsa, e il
principio del terzo escluso non è applicabile.
Nel
193111 ,
il matematico e logico austriaco Kurt Gödel, prendendo in considerazione
proprio il paradosso di Epimenide, dimostrò che talune affermazioni sono
vere se e solo se sono false, e quindi che il principio del terzo escluso
non è sempre valido, esistendo situazioni in cui, invece, si è costretti
ad accettare che un’affermazione non è né vera né falsa. Gödel
dimostrò, con i suoi celebri teoremi sull’indecidibilità e
sull’incompletezza, che entro ogni sistema rigidamente assiomatico e
sufficientemente “forte”12 ,
esiste almeno una proposizione per la quale non è possibile decidere se
è vera o falsa e che un sistema non contraddittorio di assiomi deve
essere necessariamente incompleto, e quindi che la prova della non
contraddittorietà degli assiomi non può trovarsi all’interno del
sistema ipotetico-deduttivo stesso, ma deve essere ricercata al di fuori
di esso.
Deposta dal suo
piedistallo la logica a due valori di Aristotile, sono stati elaborati
sistemi di logica a più valori, e sistemi di logica a valori della
probabilità, in cui la verità di una proposizione può assumere vari
valori, eventualmente infiniti, compresi fra i due estremi vero e falso.
Il neo-positivismo o
positivismo logico, dunque, sancisce la completa relatività della verità
matematica: il concetto di vero non è assoluto soltanto perché è
relativo all’insieme di assiomi adottati, ma anche perché dipende dal
sistema di logica applicato.
11 Kurt Gödel, Ueber formal unentscheidbare Sätze der Principia
Msthematica und verwandter Systeme in Monatshefte der Mathematik und
Phisik, 38, 1931.
12 Vale a dire in grado
di rappresentare almeno tutta l’aritmetica.
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