Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XIII numero 1 - febbraio 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 16

Grottaferrata
S. Nilo e i suoi tempi – 2  di Claudio Comandini
2. Uomini ed eventi al tempo della nascita di S. Nilo (parte 2)
Intorno al 910 a Bisanzio si sta concludendo il regno di Leone il Saggio, cui è attribuita una raccolta di oracoli e profezie sul destino dell’Impero. Leone VI Paleologo appartiene alla dinastia macedone, fondata dal padre Basilio I, proclamatosi eletto direttamente da Dio, ed è discepolo del patriarca di Costantinopoli Fozio. Fozio, in scisma con la chiesa di Roma, sosteneva che nelle relazioni trinitarie lo Spirito Santo discendesse solo dal Padre, e non anche dal Figlio; Fozio è contrastato dai suoi imperatori, che preferiscono avere buoni rapporti con Roma: Basilio I gli decreta un primo esilio, mentre Leone VI lo manda definitivamente in un convento armeno. Leone è anche autore dei Basilika, monumentale raccolta del diritto greco-romano, e combatte contro i Bulgari di re Simeone, a cui successivamente è riconosciuta autonomia in un quadro di relazioni che coinvolgono anche Roma. Con gli arabi Fatimidi, che oltre a Reggio e Sicilia hanno conquistato anche Tessalonica per mano del rinnegato bizantino Leone di Tripoli, l’imperatrice Zoe entrerà in tregua. Se gli assedi a Costantinopoli sembrano allentarsi, diversi gruppi arabi contendono a Bisanzio ampi territori.
Un importante presidio nel meridione bizantino è Rossano Calabro, il cui nome medievale è Ruskia o Ruskiane, termine greco che deriva da Roscius, famiglia romana governatrice del castrum. Rossano, dopo la conquista araba della Sicilia e di Reggio è sede dello Stratego di Calabria, al cui seguito si forma un ceto costituito dai più alti gradi della burocrazia imperiale, e grazie alla riorganizzazione delle gerarchie ecclesiastiche di Calabria ottiene la traslazione dell’antica sede episcopale di Copia-Thuii.
Nel ducato di Napoli l’amministrazione bizantina (composta di catepani e strategòi di nomina greca, che venivano spesso cambiati, e di “dipendenti fissi” autoctoni), basata su unità fiscali che assimilavano territori urbani e rurali (distinguendoli in kastra, territori fortificati, e khorìa, insediamenti aperti), deve fare i conti a Salerno e a Capua con la componente longobarda e le spinte autonomistiche, alle quali a Benevento, Napoli e Gaeta si aggiunge l’influenza diretta del potere di Roma, mentre ad Amalfi s’intrattengono regolari rapporti commerciali con gli arabi; inoltre in queste città gli ebrei hanno un ruolo rilevante anche nell’amministrazione pubblica.
Altri ex possedimenti bizantini in Italia sono l’Esarcato (Ravenna, Ferrara, Bologna, Adria) la Pentapoli marittima (Rimini, Pesaro, Fano, Sinigallia, Ancona), la Pentapoli montana (Urbino, Cagli, Iesi, Osimo, Gubbio), le Venezie con Rivo Alto: qui già dal VII sec. la presenza longobarda e il ruolo degli eserciti cittadini hanno portato i temi, unità territoriali e amministrative dello stato bizantino, a svilupparsi in autonomie locali. Dopo la conquista carolingia le zone del Ducato Romano sono cedute alla Chiesa di Roma, che esercita controllo anche su Tuscia e Pentapoli già dalla donazione di Sutri (728) fatta dal re longobardo Liutprando. Le isole invece appartengono all’Esarca dell’Africa.
Intorno al 910 gli arabi si disputano le zone d’influenza nel meridione italiano. Sicilia e Reggio, già conquistate ai bizantini dagli Aghlabiti, ribelli berberi dell’Africa settentrionale, sono contese da altri gruppi arabi: i Fatimidi, che travolgono gli Aghlabiti diffondendosi in Tunisia, Egitto, Palestina e Siria, e gli Abbassidi, discendenti dello zio di Maometto al-Abbas, che hanno posto la capitale a Baghdad. L’avamposto dei Fatimidi, che con al-Mahadi predominano nel sud Italia, è Garigliano, fiume sotto Gaeta, da cui invadono Campania, Sabina e Tuscia. La presenza araba è poi a Gaeta, Tratto, Ostia e Centumcelle (l’odierna Civitavecchia), da dove arrivano fino alla basilica di S. Paolo fuori le mura di Roma. Oltre zone di Sardegna e Corsica, un’importante base nel mediterraneo è Frassineto in Provenza, da dove gruppi di Omayyadi penetrano in Liguria e Piemonte. Le incursioni spesso accadono con la connivenza dei principi locali, che preferiscono accordarsi con gli arabi piuttosto che con longobardi o bizantini, e sono causate anche dai conflitti interni ai differenti gruppi.
I Fatimidi sono ismailiti, appartengono al gruppo sciita, e da loro prendono origine i Drusi; nella loro concezione la discendenza di Alì, genero di Maometto, esprime un potere religioso e politico di tipo teofanico. Mentre i Fatimidi, che riescono anche ad imporre una dinastia sciita a Medina e alla Mecca, scompariranno nell’arco di poco più di un secolo, gli Abbasidi tendono a diventare il gruppo prevalente, accentrando il potere attraverso la figura dei visir e un concetto di “superiorità dinastica” non condizionato dalla diffusa pratica del concubinaggio. Gli Abbassidi considerano la cultura greca ulam al’wail, “scienza degli antichi”, e ne valorizzano sia gli elementi tecnico-empirici e medici che quelli neoplatonici e introspettivi; il trasferimento a Baghdad li espone all’influenza di Persia e India. Gli Omayyadi, discendenti Omar, seguace di Maometto, cacciati dalla rivolta Abbasside da Damasco, mantengono l’influsso greco-bizantino e persiano, sia a livello artistico e culturale che nelle forme amministrative; spiccatamente aperti all’apporto di altri popoli e culture, con l’emirato di Cordova in al-Andalus coinvolgeranno la penisola iberica per circa tre secoli. Tutte queste realtà distinte e rivali, a cui si aggiungono ribelli e pirati, vengono dagli Europei del tempo generalizzate come Saraceni, originariamente nome di una tribù semita del Sinai: i popoli musulmani invece, come attesta anche il Corano, chiamano “Romani” i Bizantini. Le popolazioni arabe sono intenzionate a passare dal saccheggio dei territori della penisola, la “lunga terra”, alla loro conquista.
Intorno al 910 a Roma capo dell’amministrazione e delle milizie a palazzo SS. Apostoli è Teofilatto, iudex dativus vestatarius magister militum senatur romanorum consula, sposo alla serenissima vesteratis Teodora. Teofilatto de via Lata, la cui origine bizantina o ravennate suggerita dal nome è molto incerta, già dal 901 risulta fra i maggiorenti romani non patrizi nominati da Ludovico III, l’imperatore sostenuto da Berta di Lotaringia e Adalberto II di Toscana. Fra gli iudices c’è anche Crescenzio: i discendenti di Teofilatto e Crescenzio, pur imparentandosi, resteranno sempre in contrasto; Teodora, aristocratica moglie di Teofilatto, si fa spesso appartenere al “complesso parentale” della gens anicia.
Teofilatto e Teodora rappresentano nelle vicende romane il prevalere di un ceto dirigente che si afferma con l’estinzione del forte partito spoletano e la decadenza di quello tedesco. Il conflitto fra le due parti era fra le ragioni del grottesco processo al cadavere di papa Formoso, reo di aver eletto due imperatori, prima lo spoletano Lamberto III, e poi il tedesco Arnolfo di Carinzia. Marchese di Spoleto e Camerino è adesso Alberico I, avventuriero franco-longobardo già feudatario del potente imperatore Guido da Spoleto, e poi del perennemente contrastato Re d’Italia e pretendente alla corona imperiale Berengario I duca del Friuli; Alberico I sta sposando Marozia, figlia di Teofilatto e Teodora, e con Adalberto II di Toscana e Berta di Lotaringia è fra i sostenitori di Sergio III, tuscolano. Sergio III, affermatosi definitivamente nel 904, è stato fra i promotori del sinodo alla salma di Formoso, e una sua precedente elezione papale è stata annullata da Giovanni IX, che riabilita Formoso. Forte uomo di potere, Sergio III contrasta le teorie di Fozio sulla Trinità, stabilendo per il dogma della processione dello Spirito Santo dal Figlio, e mantiene buoni rapporti con Bisanzio riconoscendo il quarto matrimonio di Leone VI; inoltre fa numerose donazioni agli episcopati danneggiati dagli arabi, ricostruisce la basilica lateranense, annulla le ordinazioni fatte da Formoso e promuove l’opera d’assimilazione di clero e aristocrazia romana.
Alberico I partecipa con Teofilatto e Giovanni X alla battaglia di Garigliano (915) dove sconfiggono gli arabi, anche con il concorso della flotta bizantina dell’esarca dell’Africa. Durante un’invasione di Ungari calati in seguito ai conflitti che coinvolgono Berengario I e Rodolfo II, Alberico I tenta il colpo di mano a Roma contro Giovanni X, ma muore ad Orte (924). Marozia è stata amante di Sergio III, forse padre del pontefice Giovanni XI, e poi di Giovanni X, già vescovo di Ravenna, favorito da sua madre Teodora e da lei destituito, e sarà inoltre marchesa di Toscana con Guido da Toscana e regina d’Italia con Ugo di Provenza, ambedue figli di Berta. Berta e Marozia, al di là dei pregiudizi con i quali una storiografia “maschile” le ha spesso ricoperte, sono le figure chiave della politica italiana ed europea nel periodo che separa l’impero carolingio da quello sassone.      (2. continua)


grottaferrata
La temeraria arte del sottile
(Alexander von Prellwitz) - Esiste, e quanto è sottile il confine tra coraggio e presunzione? È possibile distinguere l’uno dall’altra?
Penso che proporre in un concerto un confronto tra la musica di Bach e quella del contemporaneo Telemann sia un’impresa che neanche i musicisti più preparati affronterebbero a cuor leggero - vuoi per la grande perizia strumentale, vuoi per le doti interpretative fuori dal comune richieste. Eppure, proprio questo ha fatto il quartetto “Cappella musicale Enrico Stuart duca di York”, composto da R. Ciuffa (flauto dolce), B. Re (viola da gamba), F. Del Sordo e P. Delle Chiaie (clavicembalo) nella serata ospitata dall’ Abbazia di S. Nilo a Grottaferrata. Coraggio, dunque? Senza dubbio, ma anche presunzione e un mancato riconoscimento dei propri limiti. I brani suonati sono stati eseguiti in maniera esitante, spesso fuori tempo, a momenti francamente imbarazzante (durante la sonata in fa per flauto e cemb. obl. di Bach, flauto e viola non volevano saperne di suonare una scala in sincronia).
Un’idea lodevole, quindi, quella proposta dal quartetto, ma realizzata con mezzi forse inadeguati. Coraggio e presunzione che camminano a braccetto.
Eppure, alla fine,  a essere premiato è stato il loro coraggio, salutato dagli applausi del numeroso pubblico intervenuto. Le conclusioni tiratele voi.


frascati
Un nuovo edificio scolastico
(Massimo Silvi) - A seguito della lettera inviata nell’ottobre scorso alla Provincia di Roma, in cui Sindaco di Frascati e Consigliere Provinciale Francesco Paolo Posa segnalava l’area da destinare alla realizzazione di un nuovo edificio scolastico, alla fine di dicembre due tecnici della Provincia di Roma, accompagnati dal primo cittadino e dal direttore generale del Comune di Frascati Antonio Di Paolo, hanno effettuato un sopralluogo sul sito individuato, e successivamente acquisito dai tecnici comunali una serie di documenti. La struttura dovrebbe sorgere su un terreno limitrofo all’attuale complesso di Villa Sciarra, ed interessare una superficie di circa 14.000 mq, in parte destinata a residenza pubblica e in parte a verde architettonico.

 I NOSTRI PAESI - pagina 16

Sommario anno XIII numero 1 - febbraio 2004