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Sommario anno XIII numero 3 - marzo 2004

 ATTUALITÀ

Pubblica istruzione e droga
(Claudio Comandini) - 1. Distratti e iperattivi: una malattia? Mentre nella scuola italiana sono in crisi sia il carattere di servizio pubblico che il ruolo dell’educazione, il dibattito sulle sostanze stupefacenti entra in una fase di marcato proibizionismo: per strana combinazione, ed in modo consentito dalla legge, è proprio negli istituti d’istruzione che una sostanza psicotropa come il RITALIN potrebbe diffondersi.
Lo scorso anno nelle scuole medie inferiori di Milano, Lecco, Rimini, Pisa, Roma e Cagliari, è stata inaugurata l’indagine epidemiologica Progetto Prisma (Progetto italiano salute mentale adolescenti), promossa a Lecco dall’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) “Eugenio Medea” di Bosisio Parini, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. L’obiettivo è accertare la diffusione di un disturbo chiamato ADHD (Attention Deficit Hyperkinesia Disorder), utilizzando un questionario, inviato ai genitori di circa cinquemila ragazzi compresi tra i 10 e i 14 anni, con domande del tipo: “Suo figlio litiga con gli altri bambini? Interrompe quando gli altri parlano? È incapace di star fermo? Sogna ad occhi aperti? È troppo vivace? È facilmente distratto o incapace di concentrarsi?”
Il neuropsichiatra Alessandro Zuddas dell’università di Cagliari, fra i partecipanti al progetto, afferma che in Italia 4 bambini su 100 sono colpiti da “deficit di attenzione e iperattività”. Il disturbo è riconosciuto da un’equipe di psichiatri nel 1980 e incluso nel 1994 nel Manuale Statistico Diagnostico (D.S.M.), cartello dell’èlite medica e farmaceutica. Secondo Zuddas all’Adhd corrisponde un’alterazione biologica che impedisce di selezionare gli stimoli ambientali, di pianificare le proprie azioni e di controllare i propri impulsi: “se non trattato il disturbo compromette numerose aree dello sviluppo e del funzionamento sociale del bambino, predisponendolo, nelle successive età della vita, ad altre patologie psichiatriche o al disagio sociale: cioè all’alcolismo, alla tossicodipendenza, al disturbo antisociale di personalità”.
La seconda fase del progetto è stata intrapresa nel novembre 2003 a Pisa dall’Istituto di Neuropsichiatria infantile Stella Maris, con un protocollo di intesa con la Eli Lilly, multinazionale farmaceutica di Indiianapolis, distributrice del Prozac, per sperimentare la Tomoxetina nella “prevenzione  delle recidivie” del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività, in sostituzione degli stimolanti come il Ritalin, di cui Alessandro Zuddas e i suoi colleghi Massimo Moltemi e Gian Marco Marzocchi sostengono comunque l’opportunità dell’uso terapeutico nella cura dell’Adhd.
Il Ritalin è stato scoperto nel 1937 dal ricercatore italiano Leandro Palizzon, che lo chiamò così in onore della moglie Margherita; lo stesso anno il medico americano Bradley descrisse l’efficacia e la tollerabilità degli psicostimolanti nei casi di iperattività. Attualmente, fra i suoi più accesi sostenitori c’è lo psichiatra Xavier Castellanos: sul Journal of the American Medical Association sostiene che alla base della Adhd ci sia un’atrofia cerebrale, e che l’uso degli psicostimolanti possa favorire una “maturazione del cervello”. Carlo Cianchetti, presidente della “Società Italiana di neuropsichiatria dell’infanzia”, afferma che “la malattia è genetica, è una disfunzione biochimica, il farmaco ce lo dimostra poiché modifica il meccanismo dei neurotrasmettitori, e dunque ferma il sintomo”. Il Ritalin ad azione rapida ha effetto mezz’ora dopo che è stato ingerito, ha un picco intorno alle due ore ed esaurisce l’azione dopo 4 ore. Il Ritalin contiene il Metilfenidato Idrato, stimolante centrale che agisce prevalentemente sulla noradrenalina, uno dei neurotrasmettitori del cervello. I ricercatori  dei laboratori farmaceutici considerano che agendo al livello delle zone sinaptiche tra i neuroni blocchi il rilascio e la riutilizzazione della dopamina, coinvolta nella risposta eccitatoria, incidendo in equilibrio sul metabolismo dei trasmettitori simpatici: la neuropsichiatra infantile ad orientamento organicistico ritiene questa indicazione come garanzia di cura sulla sintomatologia dell’Adhd.
In Permanent mental deterioration from major tranquilizer therapy Peter Breggin afferma che l’uso di psicofarmaci induce una malattia detta discinesia tardiva, riconosciuta solo nel 1973, prodotta da un’alterazione delle funzioni della dopamina, che comporta una notevole perdita di controllo sulle funzioni motorie del corpo. La regione in cui si sviluppa la discinesia è anche legata agli ingressi sensoriali, e il suo danneggiamento porta a un appiattimento emozionale e ad una indifferenza ed apatia simili a quelle causate dalla lobotomia, quindi a un danneggiamento permanente delle funzioni cerebrali. Ciò che emerge è che una larga percentuale di pazienti trattata con tranquillanti sviluppano psicosi indotte da farmaci più forti dei problemi per i quali si erano sottoposti alle cure.
Allargando il quadro, il filosofo della scienza canadese Ian Hacking, ordinario al Collège de France a Parigi, chiama “malattie mentali transitorie” sindromi la cui diffusione si tipicizza, si diffonde, e si ripropone in “modi asimmetrici”, privilegiando un sesso, una zona geografica, una classe sociale, un’età: l’isteria di fine ottocento, l’anoressia degli anni ottanta e novanta, e l’Adhd, che sembra colpire prevalentementemente in America i bambini maschi in età scolare e le giovani mamme.
L’Adhd quindi rappresenta prevalentemente un quadro sintomatologico generico e non conclusivo, mentre il farmaco si configura come rimedio sintomatico ma non curativo, e andrebbe usato con il supporto psicologico del terapeuta, aiutando il bambino a coinvolgersi nel suo ambiente: passo difficile dove un disturbo d’attenzione con o senza iperattività, casi di narcolessi, ed anche una vaga tendenza ad essere distratti o un comportamento eccessivamente vivace vengano considerate “malattie biologiche” da curare per via farmaceutica.
Ora, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OSM) dichiara che un bambino su cinque soffre di disturbi psicologici, Hamid Ghodse, presidente dell’INCB, che all’ONU si occupa del controllo dei narcotici, afferma che negli ultimi anni è davvero esplosa una “farmacologizzazione” dei problemi sociali. In America i bambini sotto terapia erano mezzo milione nel 1985, un milione nel 1990 e sono oggi circa sei milioni, di cui la metà al disotto dei 6 anni: su 40 milioni di alunni iscritti nelle scuole, quindi il 12-13% dell’intera popolazione, assume il Ritalin dietro prescrizione dell’ufficiale scolastico, che ha potere anche sulla patria podestà. Dal giugno 2000 al giugno 2002 sono state compilate 20 milioni di ricette, mentre la DEA, l’antidroga americana, ne attesta ampia circolazione anche sul mercato degli stupefacenti, dov’è chiamata la “cocaina dei poveri”. E proprio per terapia contro le dipendenze da cocaina dall’ottobre 2002 a Berna e Basilea si è svolto un progetto pilota nel corso del quale a 60 volontari consumatori di cocaina è stato somministrato il Ritalin.
Il Ritalin, che ha iniziato a diffondersi negli anni ’50, è stato contestato negli anni ’70 da movimenti antipsichiatrici, negli ’80 da L. Ron Hubbard e da Scientology, dagli anni ’90 è oggetto di un’inchiesta governativa avviata da Hillary Clinton ed è indagato sulla base di numerose querele che fanno riferimento a casi gravi d’intossicazione e morte. Sono stati riscontrati danni al cuore e al fegato, ed effetti collaterali condivisi con una vasta serie di sostanze come nausea, apatia, anoressia, vertigine e disturbi della personalità. In Ritalin e cervello (Macroedizioni) Heinrich Kremer denuncia che l’efficacia del farmaco si ottenga solo attraverso un costante incremento di dosaggio, e comporta il rischio di danni irreparabili alle funzioni cerebrali dei bambini, probabilmente condizionati all’assunzione di psicofarmaci anche in futuro. Kurt Cobaine dei Nirvana è stato spesso considerato una delle sue vittime illustri.

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Sommario anno XIII numero 3 - marzo 2004