La passione di Cristo
(Vincenzo Andraous - carcere di Pavia e tutor Comunità Casa del
Giovane Pavia)
Il film
sulla passione di Cristo è ormai scivolato via però una riflessione è
doverosa, dopo tutti gli affanni delle critiche e la creatività delle
censure, e gli sforzi all’intorno per travestire di mutamenti
antropologici i libri sacri, che invece non affittano maschere né
interpretazioni a tempo. Il film di Mel Gibson è tacciato di violenza
gratuita? Ha preferito del Cristo il martirio figurato e non quello meglio
raccontato?
Eppure il Re è stato inchiodato alla Croce, nell’ingiustizia
dell’inumanità, Egli non ha sorriso alla morte, né di coraggio ha taciuto
al dolore, anzi, ha gridato al cielo…. ostinato, il Suo male, la Sua resa,
il Suo abbandono.
Lo ha gridato
al Regista da Maestro sgangherato, ma così perfetto e inavvicinabile nello
stile di vita, che nelle rivoluzioni che sono seguite non vi è neppure
l’ombra di un doppio possibile per tenacia e fortezza innanzi agli uomini,
a se stesso, alla morte.
Romantici e
nostalgici, atei e credenti, in questo senso non hanno frecce nelle loro
faretre, non posseggono campioni credibili da opporre a questo
rivoluzionario Unico, che ha insegnato l’arte del vivere povero nella
ricchezza e del morire per scelta di fede e di amore.
Nonostante ciò,
le sofferenze inumane sopportate da questo Signore umano, hanno creato
sconcerto e imbarazzo, quasi paura per gli uomini che verranno… che forse
dovranno solo essere uomini che al sangue versato sulla Croce non
preferiranno un ricordo sbiadito.
Siamo inondati
di immagini da ieri a domani, e non ci scomponiamo oltremodo sul come e
sul perché di tanti tragici eventi trapassati-ripetuti.
Ne rammentiamo
le urla per le percosse, i tagli, gli scavi nelle carni, ne ricordiamo in
bella vista anche la disposizione dei fori di proiettile, mentre
dimentichiamo l’odore del sangue raggrumato.
Non è il rumore
delle nocche infrante sulle labbra di Gesù che precede la profanazione
della dignità di un uomo, non è il corpo piegato e piagato
nell’insopportabile accettazione del dolore a renderci meno imbroglioni,
quanto trattandosi di Dio meglio porgere la guancia attraverso la
metafora, gli accenni, e lasciare alle spalle, cioè dietro gli occhi della
storia, ogni cosa intessuta di in-umana colpa.
Riconosciamo
che qualcosa è bello, è vero, perché assume un suo particolare tono di
voce, questo vale anche per i personaggi che ne fanno parte, ognuno con il
suo abito mentale, ciascuno con il suo vissuto e la sua storia.
Non siamo forse
noi quelli che l’abbiamo crocifisso e umiliato? Allora perchè dobbiamo
solo scriverne i comportamenti e non fotografarne le mosse, dove anche il
cuore più impavido urla per il dolore, per la rabbia, per i rimorsi, e i
pentimenti.
Non occorre
guardare il film della passione di Gesù con il dovere del rigore biblico o
per alcuni a-morale dei nostri anni, infatti come ha detto un mio amico,
non si può tornare sui passi per riviverne un pezzetto, ma forse neppure
addolcirne il ricordo per la festa che verrà. |