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Sommario anno XIII numero 5 - maggio 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 15

GROTTAFERRATA
S. Nilo e i suoi tempi – 5   (di Claudio Comandini)
5. La vocazione del giovane Nilo
Per seguire le orme di S. Nilo, sono opportuni dei passi indietro nella narrazione degli eventi, realizzando ulteriori messe a fuoco nei dettagli del contesto storico già delineato, che possano permettere inoltre una maggiore comprensione della vicenda complessiva. Questo modo di procedere è in qualche modo simile a quello dei cammini di montagna percorsi dagli eremiti, fatti di bruschi tornanti e improvvise salite, con apparenti ritorni sul percorso che aprono vedute impossibili da ottenere procedendo seguendo linee rette. Dove sono una forzatura i percorsi storici lineari, funzionali a semplificazioni ideologiche nelle quali il passato è costruito su misura degli equilibri di potere che si intende difendere nel presente.
Ora, l’ordine monastico più diffuso nel meridione è quello dei monaci basiliani, che se tutt’oggi appartengono alla chiesa cattolica di Roma, sono di rito greco, diffusosi nelle province bizantine dell’Italia meridionale già dal secolo VIII, e la cui origine è nel monachesimo orientale basato sulle Regole di San Basilio (330-379), vescovo di Cesarea, studioso della Bibbia e della cultura stoica e neoplatonica, vicino ad altre due importanti figure della cristianità orientale di impronta ellenistica: S. Gregorio di Nissa, di cui è fratello, e S. Gregorio Nazianzeno, compagno di ritiro, che sono attivi in Cappadocia.
Basilio ha una grande influenza, opponendosi all’arianesimo, corrente del cristianesimo che nega la consustanzialità di Cristo “organo della creazione” a Dio creatore. L’arianesimo, combattuto come eresia dagli imperatori romani Costantino e Teodosio, è in un primo tempo reintrodotto da parte dello stesso figlio di Costantino Costante, e sopravvive presso i popoli germanici fino al sec. VII. Inoltre è praticato anche da Odoacre, l’ex generale sciro che nel 476 depone l’ultimo imperatore d’occidente Romolo Augustolo e poi, rispedite le insegne imperiali a Costantinopoli da Zenone, si fa incoronare regolarmente come Re d’Italia da papa Simplicio, di Tivoli.
Nel suo nucleo più antico il rito greco deriva dalle usanze della Chiesa di Antiochia, fondata da S. Pietro precedentemente alla Chiesa di Roma: l’anàfora, una preghiera eucaristica antiochena viene introdotta nel rito da S. Giovanni Crisostomo (344-407), il cui nome significa “bocca d’oro, che prima di diventare patriarca di Costantinopoli era prete ad Antiochia, e che fra le altre cose salutò come “straordinaria impresa” l’incendio della biblioteca di Alessandria e l’annientamento delle “antiquate” idee del sapere pre-cristiano. S. Crisostomo, perseguitato dall’imperatrice bizantina Eudossia e dal patriarca di Alessandria Teofilo, muore in esilio nonostante il papa Innocenzo I, di Albano, tenti di convincere l’imperatore d’occidente Onorio, impegnato a combattere a Milano i Goti di Alarico, a convocare un concilio in suo favore.
Se successivamente il rito bizantino si sviluppa secondo il cristianesimo ortodosso della chiesa di Costantinopoli, capitale dell’impero cristiano e seconda sede episcopale dopo Roma, i monaci basiliani hanno mantenuto usanze precedenti all’influsso della Liturgia di Gerusalemme e alle riforme introdotte da Teodoro Studita e S. Atanasio del monte Athos nel IX secolo. I basiliani nel loro Typikos sono ampiamente influenzati dalla liturgia e dall’impianto dottrinario cattolico, testimoniando più che un’antica unità fra le Chiese di Roma e Costantinopoli, i cui rapporti sono spesso e già dagli inizi caratterizzati dall’aperto contrasto, un singolare fenomeno di mescolanza, cui formazione e sviluppo si accompagna al periodo in cui cresce la contrapposizione fra Oriente e Occidente e la natura del loro rapporto subisce un profondo cambiamento, conducendo successivamente a cambiamenti autonomi nel culto e nell’organizzazione ecclesiastica.
Intorno al 910 nasce S. Nilo con il nome Nicola da famiglia aristocratica a Rossano Calabro, importante centro bizantino in zone ampiamente conquistata dagli arabi e attraversata da bande berbere e da pirati, nella quale molti monasteri erano andati distrutti, ed altri sorgevano isolati. I domini bizantini al tempo di Leone VI il Saggio comprendono la Calabria e le terre dalla valle del Crati ai dintorni di Taranto, la Lucania orientale con le vallate inferiori del Sinni e del Bradano, mentre per breve periodo con Foca si ampliano anche ai longobardi del Beneventano.
 Nilo è d’origine e formazione greca, e le sue influenze giovanili comprendono le vite dei padri del deserto come Antonio, Saba e Ilarione, le cui immagini sono nella chiesa della SS. Madre di Dio Achiropita, dove è venerata l’icona in pietra della Madonna, trovata nel 580 dall’eremita Efrem, detta al tempo di Nilo Odigitria, “conduttrice”. A otto anni Nilo è fra i chierici addetti al servizio in detta chiesa, nelle cui scuole riceve l’ordine minore del Lettorato; inoltre approfondisce i suoi studi occupandosi anche di magia, della quale comunque disprezza i riti e le superstizioni, frequentando il medico e astrologo ebreo Shabettai Domnolo, autore del Commento al libro della creazione.
Perduti i genitori da ragazzo, viene cresciuto dalla sorella, e poi sposa una bella popolana del suo paese, da cui ha una figlia. Nel 940, verso i trent’anni, in seguito ad una malattia, Nilo conosce una crisi con febbre e visioni di morte: un passaggio tipico nelle grande conversioni. Riscossi alcuni debiti con la scusa di un acquisto fondiario, e condonato quello che non riesce ad ottenere, parte con il monaco Gregorio percorrendo lo stesso itinerario poi percorso Ottone II dopo la sconfitta di Stilo, che copre una giornata di cammino. Itinerario che per rispetto del tipico senso cristiano della fisicità delle esperienze mistiche, ricostruiamo nelle sue tappe: Rossano, Corigliano Calabro, guado del fiume Crati presso Cassano Ionio (dove Nilo guarisce dalla febbre), Castrovillari, Morano, Mormanno, Laino Castello, e la vallata Mercurion del fiume Laos. Questo fiume necessita di ulteriori specificazioni, nascendo come Mercurion in Lucania, a nordest di Vigianello, sotto il monte Soria in località S. Stefano, e attraversato il confine lucano entra in Calabria, a sudest di Rotonda, e nei pressi di Laino Castello prende il nome di Laos, sfociando nel Tirreno nel golfo di Policastro, fra Scalea e Macellina, in una regione di fitta boscaglia.
Nella fiorente eparchia monastica del Mercurion, prossima all’eparchia del Latiniano e all’appendice del Lagonegro, a confine fra Calabria e Longobardia (territorio lucano-salernitano), si esercitavano i tre generi di vita ascetica, cenobitico, laurita ed eremitico, ospitando monaci fuggiti dalla Sicilia musulmana come S. Saba di Collesano, S. Leoluca di Corleone, S. Vitale di Castronovo. Gli egumeni Fantino, Giovanni (forse lo stesso di Stilo) e Zaccaria prendono Nilo sotto la loro protezione. Guarito, decide per la conversione, ma è ricercato dal governatore bizantino, che proibisce l’ordinazione di Nilo pena il taglio della mano di chi l’avesse effettuata e la confisca del monastero.
Ora, i motivi di questa persecuzione giudiziaria non sono molto chiari, né dalla lettura dell’accurato Bios realizzato da Bartolomeo successore di Nilo, né dalle pur ampie e preziose note apportate alla traduzione in italiano da Germano Giovannelli. Se il matrimonio era considerato un dovere sacramentale, allo stesso tempo per le leggi civili e canoniche dell’impero e della chiesa bizantina ne era possibile lo scioglimento nel caso in cui l’uomo prendesse ordini monastici, anche senza il consenso del coniuge, che poteva risposarsi, essendo per il diritto giustiniano il monaco come “morto al mondo degli uomini”. Invece il concubinato era vietato in tutto l’impero bizantino dalle disposizioni di Leone VI, con misure straordinarie probabilmente funzionali a fini privati, visto che l’imperatore bizantino aveva effettuate, rispetto alle tre regolari, quattro nozze, suscitando ampi contenziosi. Viste queste premesse, dobbiamo concludere che i motivi dell’accanimento giudiziario contro Nilo dipendessero dal fatto che quello contratto da Nilo non fosse un regolare matrimonio, ma un semplice concubinaggio. Questa tesi fu avallata anche da Minasi e altri studiosi, e non è il caso di scandalizzarsi: se le norme cattoliche non sono mai riuscite a scalfire una consuetudine naturale, sussiste inoltre il non infrequente motivo della santità che scaturisce da una vita “peccaminosa”, che riscontriamo nel suo esempio forse più tipico in un S. Agostino.
Seguendo il corso del fiume, Nilo si reca a Papasidero, e via spiaggia percorre Scalea, Maratea, Sapri, Camerota. Risalendo per Celle di Bulgaria, dove si erano insediati bulgari venuti come truppe di ventura, si reca al monastero di S. Nazario a Rocca Gloriosa, presso S. Mauro La Bruca, nella regione longobarda di Benevento, ma nel territorio di Rofrano, donato con tutto il Vallo di Policastro da Guaimario di Salerno a Pandolfo di Capua: in questi rapporti coinvolgeranno poi i Conti di Tuscolo, comportando anche considerevoli implicazioni nella vicenda di Nilo e dei suoi monasteri.
Sulla strada, ancora vestito di abiti signorili, realizza un duplice incontro, particolarmente significativo per la conferma della sua vocazione. Un gruppo di arabi, presumibilmente commercianti, conosciuta la sua ferma intenzione di farsi monaco, lo lasciano andare per la sua strada per i migliori auguri; quando quello con cui aveva parlato gli corre dietro per offrirgli dei pani, Nilo fugge, prontamente redarguito dal suo insolito benefattore: la pratica di misericordia, del resto prescritta dal Corano, è presa come segno della provvidenza. Un cavaliere, prima di entrare a S. Nazario, tenta di dissuaderlo dal suo proposito, apostrofando i monaci come “avari, ambiziosi e mangioni”: il biasimo per la professione spirituale è riconosciuto come ostacolo verso la realizzazione, segno diabolico. Prende gli ordini nella primitiva abbazia di S. Nazario di Rocca Gloriosa, in un monastero basiliano fondato dell’VII-IX sec. da monaci orientali diffusi nelle zone bizantine del meridione italiano già prima della fondazione dei benedettini, che risale al 529; il monastero, successivamente, apparterrà proprio ai benedettini. Nilo il giovane prende il nome in onore del discepolo di S. Giovanni Crisostomo S. Nilo Sinaita di Ancira (Ankara), di cui abbandonando la famiglia aveva imitato la condotta.

 I NOSTRI PAESI - pagina 15

Sommario anno XIII numero 5 - maggio 2004