GROTTAFERRATA
S. Nilo e i suoi tempi – 5
(di Claudio Comandini)
5. La vocazione del giovane Nilo
Per seguire le orme di S. Nilo, sono opportuni dei passi indietro nella
narrazione degli eventi, realizzando ulteriori messe a fuoco nei dettagli
del contesto storico già delineato, che possano permettere inoltre una
maggiore comprensione della vicenda complessiva. Questo modo di procedere
è in qualche modo simile a quello dei cammini di montagna percorsi dagli
eremiti, fatti di bruschi tornanti e improvvise salite, con apparenti
ritorni sul percorso che aprono vedute impossibili da ottenere procedendo
seguendo linee rette. Dove sono una forzatura i percorsi storici lineari,
funzionali a semplificazioni ideologiche nelle quali il passato è
costruito su misura degli equilibri di potere che si intende difendere nel
presente.
Ora, l’ordine monastico più diffuso nel meridione è quello dei monaci
basiliani, che se tutt’oggi appartengono alla chiesa cattolica di Roma,
sono di rito greco, diffusosi nelle province bizantine dell’Italia
meridionale già dal secolo VIII, e la cui origine è nel monachesimo
orientale basato sulle Regole di San Basilio (330-379), vescovo di
Cesarea, studioso della Bibbia e della cultura stoica e neoplatonica,
vicino ad altre due importanti figure della cristianità orientale di
impronta ellenistica: S. Gregorio di Nissa, di cui è fratello, e S.
Gregorio Nazianzeno, compagno di ritiro, che sono attivi in Cappadocia.
Basilio ha una grande influenza, opponendosi all’arianesimo, corrente del
cristianesimo che nega la consustanzialità di Cristo “organo della
creazione” a Dio creatore. L’arianesimo, combattuto come eresia dagli
imperatori romani Costantino e Teodosio, è in un primo tempo reintrodotto
da parte dello stesso figlio di Costantino Costante, e sopravvive presso i
popoli germanici fino al sec. VII. Inoltre è praticato anche da Odoacre,
l’ex generale sciro che nel 476 depone l’ultimo imperatore d’occidente
Romolo Augustolo e poi, rispedite le insegne imperiali a Costantinopoli da
Zenone, si fa incoronare regolarmente come Re d’Italia da papa Simplicio,
di Tivoli.
Nel suo nucleo più antico il rito greco deriva dalle usanze della Chiesa
di Antiochia, fondata da S. Pietro precedentemente alla Chiesa di Roma: l’anàfora,
una preghiera eucaristica antiochena viene introdotta nel rito da S.
Giovanni Crisostomo (344-407), il cui nome significa “bocca d’oro, che
prima di diventare patriarca di Costantinopoli era prete ad Antiochia, e
che fra le altre cose salutò come “straordinaria impresa” l’incendio della
biblioteca di Alessandria e l’annientamento delle “antiquate” idee del
sapere pre-cristiano. S. Crisostomo, perseguitato dall’imperatrice
bizantina Eudossia e dal patriarca di Alessandria Teofilo, muore in esilio
nonostante il papa Innocenzo I, di Albano, tenti di convincere
l’imperatore d’occidente Onorio, impegnato a combattere a Milano i Goti di
Alarico, a convocare un concilio in suo favore.
Se successivamente il rito bizantino si sviluppa secondo il cristianesimo
ortodosso della chiesa di Costantinopoli, capitale dell’impero cristiano e
seconda sede episcopale dopo Roma, i monaci basiliani hanno mantenuto
usanze precedenti all’influsso della Liturgia di Gerusalemme e alle
riforme introdotte da Teodoro Studita e S. Atanasio del monte Athos nel IX
secolo. I basiliani nel loro Typikos sono ampiamente influenzati dalla
liturgia e dall’impianto dottrinario cattolico, testimoniando più che
un’antica unità fra le Chiese di Roma e Costantinopoli, i cui rapporti
sono spesso e già dagli inizi caratterizzati dall’aperto contrasto, un
singolare fenomeno di mescolanza, cui formazione e sviluppo si accompagna
al periodo in cui cresce la contrapposizione fra Oriente e Occidente e la
natura del loro rapporto subisce un profondo cambiamento, conducendo
successivamente a cambiamenti autonomi nel culto e nell’organizzazione
ecclesiastica.
Intorno al 910 nasce S. Nilo con il nome Nicola da famiglia aristocratica
a Rossano Calabro, importante centro bizantino in zone ampiamente
conquistata dagli arabi e attraversata da bande berbere e da pirati, nella
quale molti monasteri erano andati distrutti, ed altri sorgevano isolati.
I domini bizantini al tempo di Leone VI il Saggio comprendono la Calabria
e le terre dalla valle del Crati ai dintorni di Taranto, la Lucania
orientale con le vallate inferiori del Sinni e del Bradano, mentre per
breve periodo con Foca si ampliano anche ai longobardi del Beneventano.
Nilo è d’origine e formazione greca, e le sue influenze giovanili
comprendono le vite dei padri del deserto come Antonio, Saba e Ilarione,
le cui immagini sono nella chiesa della SS. Madre di Dio Achiropita, dove
è venerata l’icona in pietra della Madonna, trovata nel 580 dall’eremita
Efrem, detta al tempo di Nilo Odigitria, “conduttrice”. A otto anni Nilo è
fra i chierici addetti al servizio in detta chiesa, nelle cui scuole
riceve l’ordine minore del Lettorato; inoltre approfondisce i suoi studi
occupandosi anche di magia, della quale comunque disprezza i riti e le
superstizioni, frequentando il medico e astrologo ebreo Shabettai Domnolo,
autore del Commento al libro della creazione.
Perduti i genitori da ragazzo, viene cresciuto dalla sorella, e poi sposa
una bella popolana del suo paese, da cui ha una figlia. Nel 940, verso i
trent’anni, in seguito ad una malattia, Nilo conosce una crisi con febbre
e visioni di morte: un passaggio tipico nelle grande conversioni. Riscossi
alcuni debiti con la scusa di un acquisto fondiario, e condonato quello
che non riesce ad ottenere, parte con il monaco Gregorio percorrendo lo
stesso itinerario poi percorso Ottone II dopo la sconfitta di Stilo, che
copre una giornata di cammino. Itinerario che per rispetto del tipico
senso cristiano della fisicità delle esperienze mistiche, ricostruiamo
nelle sue tappe: Rossano, Corigliano Calabro, guado del fiume Crati presso
Cassano Ionio (dove Nilo guarisce dalla febbre), Castrovillari, Morano,
Mormanno, Laino Castello, e la vallata Mercurion del fiume Laos. Questo
fiume necessita di ulteriori specificazioni, nascendo come Mercurion in
Lucania, a nordest di Vigianello, sotto il monte Soria in località S.
Stefano, e attraversato il confine lucano entra in Calabria, a sudest di
Rotonda, e nei pressi di Laino Castello prende il nome di Laos, sfociando
nel Tirreno nel golfo di Policastro, fra Scalea e Macellina, in una
regione di fitta boscaglia.
Nella fiorente eparchia monastica del Mercurion, prossima all’eparchia del
Latiniano e all’appendice del Lagonegro, a confine fra Calabria e
Longobardia (territorio lucano-salernitano), si esercitavano i tre generi
di vita ascetica, cenobitico, laurita ed eremitico, ospitando monaci
fuggiti dalla Sicilia musulmana come S. Saba di Collesano, S. Leoluca di
Corleone, S. Vitale di Castronovo. Gli egumeni Fantino, Giovanni (forse lo
stesso di Stilo) e Zaccaria prendono Nilo sotto la loro protezione.
Guarito, decide per la conversione, ma è ricercato dal governatore
bizantino, che proibisce l’ordinazione di Nilo pena il taglio della mano
di chi l’avesse effettuata e la confisca del monastero.
Ora, i motivi di questa persecuzione giudiziaria non sono molto chiari, né
dalla lettura dell’accurato Bios realizzato da Bartolomeo successore di
Nilo, né dalle pur ampie e preziose note apportate alla traduzione in
italiano da Germano Giovannelli. Se il matrimonio era considerato un
dovere sacramentale, allo stesso tempo per le leggi civili e canoniche
dell’impero e della chiesa bizantina ne era possibile lo scioglimento nel
caso in cui l’uomo prendesse ordini monastici, anche senza il consenso del
coniuge, che poteva risposarsi, essendo per il diritto giustiniano il
monaco come “morto al mondo degli uomini”. Invece il concubinato era
vietato in tutto l’impero bizantino dalle disposizioni di Leone VI, con
misure straordinarie probabilmente funzionali a fini privati, visto che
l’imperatore bizantino aveva effettuate, rispetto alle tre regolari,
quattro nozze, suscitando ampi contenziosi. Viste queste premesse,
dobbiamo concludere che i motivi dell’accanimento giudiziario contro Nilo
dipendessero dal fatto che quello contratto da Nilo non fosse un regolare
matrimonio, ma un semplice concubinaggio. Questa tesi fu avallata anche da
Minasi e altri studiosi, e non è il caso di scandalizzarsi: se le norme
cattoliche non sono mai riuscite a scalfire una consuetudine naturale,
sussiste inoltre il non infrequente motivo della santità che scaturisce da
una vita “peccaminosa”, che riscontriamo nel suo esempio forse più tipico
in un S. Agostino.
Seguendo il corso del fiume, Nilo si reca a Papasidero, e via spiaggia
percorre Scalea, Maratea, Sapri, Camerota. Risalendo per Celle di
Bulgaria, dove si erano insediati bulgari venuti come truppe di ventura,
si reca al monastero di S. Nazario a Rocca Gloriosa, presso S. Mauro La
Bruca, nella regione longobarda di Benevento, ma nel territorio di Rofrano,
donato con tutto il Vallo di Policastro da Guaimario di Salerno a Pandolfo
di Capua: in questi rapporti coinvolgeranno poi i Conti di Tuscolo,
comportando anche considerevoli implicazioni nella vicenda di Nilo e dei
suoi monasteri.
Sulla strada, ancora vestito di abiti signorili, realizza un duplice
incontro, particolarmente significativo per la conferma della sua
vocazione. Un gruppo di arabi, presumibilmente commercianti, conosciuta la
sua ferma intenzione di farsi monaco, lo lasciano andare per la sua strada
per i migliori auguri; quando quello con cui aveva parlato gli corre
dietro per offrirgli dei pani, Nilo fugge, prontamente redarguito dal suo
insolito benefattore: la pratica di misericordia, del resto prescritta dal
Corano, è presa come segno della provvidenza. Un cavaliere, prima di
entrare a S. Nazario, tenta di dissuaderlo dal suo proposito, apostrofando
i monaci come “avari, ambiziosi e mangioni”: il biasimo per la professione
spirituale è riconosciuto come ostacolo verso la realizzazione, segno
diabolico. Prende gli ordini nella primitiva abbazia di S. Nazario di
Rocca Gloriosa, in un monastero basiliano fondato dell’VII-IX sec. da
monaci orientali diffusi nelle zone bizantine del meridione italiano già
prima della fondazione dei benedettini, che risale al 529; il monastero,
successivamente, apparterrà proprio ai benedettini. Nilo il giovane prende
il nome in onore del discepolo di S. Giovanni Crisostomo S. Nilo Sinaita
di Ancira (Ankara), di cui abbandonando la famiglia aveva imitato la
condotta. |