“Meno
beneficienza, più diritti”
(Alessio Colacchi) - La Sezione Italiana di Amnesty
International, in coordinamento con varie altre sigle, tra cui ARCI,
Azione Aiuto, Banca Etica, Cittadinanzattiva, Coordinamento Lombardo
Nord-Sud del mondo, CTM-Altomercato, Legambiente, Libera, Mani Tese, ROBA
dell’altro mondo, Save the Children, Trans-Fair Italia e Unimondo, ha
lanciato la campagna “Meno beneficienza, più diritti”, con cui richiama
l’attenzione delle varie realtà imprenditoriali ed artigiane al rispetto
di alcuni fondamentali requisiti, quali la tutela ambientale, il rispetto
dei parametri legati alla sicurezza sul lavoro, nonché dei diritti di
quanti offrono la propria prestazione. Amnesty International, in
particolare, intende ribadire l’importanza di una categoria di diritti,
che spaziano dalle fondamentali garanzie che devono ricevere i lavoratori,
al rispetto dell’ambiente da cui provengono le risorse, che spesso sono
stati considerati di secondaria importanza, almeno fino a quando la
conferenza di Vienna del 1993 ha affermato il concetto dell’indivisibilità
e dell’interdipendenza dei vari diritti della persona.
La stessa Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU dedica ampio
spazio ai diritti economico-sociali, negli articoli che vanno dal 22 al
28, ovvero a quei diritti che concernono la “sicurezza sociale”, “il
diritto al lavoro ed alla libera scelta dell’impiego”, ad un’”eguale
retribuzione per la prestazione svolta”, a “fondare sindacati ed
aderirvi”, “al riposo ed allo svago”, ad un “tenore di vita sufficiente”,
“alla protezione della maternità, “all’istruzione”, “alla vita culturale”
ed “alla protezione degli interessi morali e materiali”. Per questo
Amnesty International ricorda che le multinazionali occidentali tendono in
molti Paesi a calpestare i principali diritti dei lavoratori, senza il
minimo riguardo per le vite ed i sentimenti di milioni di persone.
Il peso delle imprese nello scenario internazionale è ben noto. Basti
pensare che le prime 29 multinazionali al mondo (tra cui l’italiana ENI)
fatturano una quantità di denaro annua superiore alla ricchezza nazionale
di ben 100 stati, tra cui Pakistan, Nigeria, Ungheria o Perù. Spesso gli
Stati interessati dalla presenza di una multinazionale straniera non si
occupano del rispetto dei diritti della loro popolazione, e viceversa, le
multinazionali non vogliono mischiarsi in quelli che considerano “affari
interni ai vari Stati”. In realtà, esistono degli strumenti con cui gli
Stati possono pretendere trattamenti umani per i lavoratori delle varie
imprese nazionali e multinazionali, come previsto dalle Convenzioni n° 107
e 109 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Pertanto, Amnesty
International chiede che le imprese si assumano “la responsabilità delle
conseguenze dei propri comportamenti, oltre che sul piano economico, anche
su quello sociale ed ambientale, lungo tutta la creazione del valore, sia
nel loro Paese che nell’attività all’estero”. |