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Sommario anno XIII numero 6 - giugno 2004

 I NOSTRI GIOVANI

Solo dal silenzio si può udire realmente l’altro
(Giovanni Botticelli) - Silenzio, assenza di ogni suono. Questo silenzio materiale può anche avere un aspetto profondo, come completa libertà e spazio infinito del “me”.
Il silenzio è una condizione fisica nella quale l’uomo può decidere di vivere oppure decidere di fuggirvi, sentendosi spaventato dalla massima libertà interiore che prova.
Nel mondo ce n’è ben poco, conseguenza del fatto che vivere essendo è molto più difficile apparentemente che vivere nel rumore facendo copia di cose già fatte e già dette sentendosi “pieni”…e così ecco un mondo superficiale, che però non va buttato via, ma integrato di originalità, di riscoperta di tutto ciò che è stato tralasciato. Io ho deciso di non allontanare il silenzio, ma di viverlo a modo mio, andando alla scoperta di quelle sfumature del “me” che in sedici anni ho tralasciato; scrivere, disegnare, a volte suonare e un giorno magari scolpire è ciò che “riempie” il mio silenzio; ho capito che vedevo troppo dall’alto, che Dio non mi ha mandato qui per ripetere o per sentirmi incapace di essere, e ho cercato il modo per sapere, per “spolverare”, per scoprire, per essere originale intraprendendo un lungo cammino appena iniziato che spesso come contorno ha il silenzio, se non fisico interiore così da non avare paura del “me” e delle tante domande che da dentro emergevano. L’uomo spesso ha scelto di non sapere, di allontanare ogni domanda, di presupporre le risposte e si è sentito capace di vivere solamente a naso, stile più semplice ma che se vissuto interamente lo lascerà vuoto e muterà il fine del passaggio temporaneo nel mondo del suo corpo, contenitore del “me”. Io di cose ne so ancora poche, ma nella mia vita spero di scoprirne, o comunque di diventare libero interiormente.
Tutto ciò che ho appena scritto fa parte del tema del silenzio in quanto la scoperta è il mio modo di viverlo. Di silenzi ce ne sono tanti ma tutti portano l’emergere del “me” anche se in vari modi: da solo nel letto, con le luci spente, immagino mille scene, mille pensieri nascono, il buio totale mi dà assenza di contatto con ogni scena fisica; da solo, in silenzio, di fronte ad un mare dietro il quale il sole tramonta, penso all’immensità del “me”, all’infinita libertà che lo spazio così aperto provoca, come riflesso, in me. Questi sono esempi di come il silenzio si può vivere senza fuggire e senza sentirsi persi. Ma se un uomo si è sempre allontanato dal vuoto di rumore e di immagini nella mente, il silenzio stesso provoca quella sensazione come di vertigini e l’uomo fugge cercando qualunque scena che possa diminuire l’immensità di quella libertà. In questo mondo, nel quale è il corpo che conta, e la vita è fatta di ripetizione di cose già fatte e già dette, senza niente di creato originalmente, l’uomo ci nasce ma questo non vuol dire impotenza del “me” e accettazione come “povere creature disgraziate” che tutto ciò che possono fare è solo nascere, crescere e morire in modo passivo! Rispetto la società e questo mondo, solo che non voglio spaventarmi del silenzio, non voglio vivere passivamente e voglio esistere un po’ di più perché ribadisco che se Dio voleva ripetizione di assenza di essere non mandava sulla terra tutta questa gente, anzi credo che Lui ci abbia mandato qui e ci abbia lasciato liberi di vivere anche non passivamente e io ci voglio provare. Ogni uomo è libero di vivere come vuole il silenzio, solamente che è limitativo spaventarsene; ma l’assenza di esso è solo una conseguenza; io mi chiedo perché non ci si ferma a viverlo e mi rispondo perché l’immensità del “me” che emerge spaventa, ma se si crede nella possibilità di essere, il silenzio sarebbe solamente l’ottimale condizione fisica per farlo. In realtà però il silenzio interiore non esiste, perché un pensiero nella mente, più o meno vissuto, passa sempre, e così credo che sia solo un elemento fisico del mondo. Ciò che si cerca di trattenere non è la presenza di rumore ma l’occupazione della mente così che di “me” ce ne sia il meno possibile emergente. In fondo però io dopo che creo qualcosa, che scrivo, che dipingo sento “un senso di pieno”, di originale e non voglio fuggirne anche se so che vorrò ancora scoprire e sapere. Perché non si ascolta l’altro? Perché un solo corpo sente solo le parole e ciò non basta! Non posso ascoltare l’altro se io stesso non so di esistere e quindi non so della sua esistenza; tutti parlano ma nessuno ascolta perché nel dialogo, a quanto pare, vince il più forte; l’idea di un uomo o vince o viene sconfitta. In realtà, nella mente c’è una “lavagna” e se ci si sa disegnare solo una immagine, quando ne vengono proposte due, entrambe non si possono disegnare, ovvero si sovrappongono e sta sopra quella più forte; in realtà le due idee possono essere lasciate separate ma vicine senza sovrapporle ma solitamente ci si sente partecipi obbligati dell’una o dell’altra scena, si fa confusione e poi si cerca di prevalere; ma può essere così limitata questa “macchina”? Credo proprio di no e così vorrei saperne di più ed essere libero interiormente; solo allora saprò ascoltare, sapendo che esisto e che ogni uomo, anche se con idee differenti, esiste. Il silenzio allora sarà perfino ricercato e l’altro saprà di esistere e saprà ascoltare realmente l’altro. Comunque, tutto ciò lascia aperta scelta di cambiamento, che ci sarà non appena l’uomo capirà la sua libertà e proverà a voler vedere il mondo e se stesso in modo più diretto, non cancellando ciò che fino a oggi ha costruito ma capendo che forse non basta e che è limitativo il modo in cui vive… ma prima dovrà capire che non sa niente, che molto è stato dato per scontato e ovvio quando invece “sotto” c’è molto di più; arriverà ad essere libero e ad usare realmente la “macchina”…partendo da ciò che realmente è: “me”!

 I NOSTRI GIOVANI

Sommario anno XIII numero 6 - giugno 2004