Rapporto
della CRI sulle torture in Iraq
(Giovanna Ardesi) - Era stato inviato nel corso del mese di
febbraio 2004 a tutte le Forze della Coalizione presenti in Iraq il
Rapporto di 37 pagine del Comitato Internazionale della Croce Rossa sul
“trattamento da parte delle Forze della Coalizione (FC) dei prigionieri di
guerra, e di altre persone tutelate dalle Convenzioni di Ginevra in Iraq,
durante il loro arresto, la loro detenzione ed i loro interrogatori”. Il
Comitato suddetto (Cicr), autorizzato a monitorare la piena applicazione
della Terza e Quarta Convenzione di Ginevra per ciò che concerne il
trattamento di prigionieri, parla di gravi violazioni del Diritto
Umanitario Internazionale, tutte documentate durante le visite ai
prigionieri di guerra, detenuti civili ed altre persone tutelate dalle
Convenzioni di Ginevra in Iraq, avvenute tra i mesi di marzo e novembre
2003. Le violazioni che includono “l’utilizzo eccessivo e sproporzionato
della forza nei confronti dei prigionieri hanno causato spesso il decesso
o il ferimento durante il periodo della loro reclusione”. In questa
fattispecie vengono descritti (con pochi omissis) casi di tortura
raccapriccianti messi in atto dalle FC, corrispondenti pure a quanto si è
potuto vedere nelle foto che hanno fatto il giro del mondo. Gli altri tipi
di violazioni, di cui si parla nel medesimo Rapporto, sono: il sequestro e
la confisca di beni personali appartenenti ai prigionieri, l’esposizione
dei prigionieri a mansioni pericolose, e la loro custodia in luoghi
pericolosi, dove gli stessi non erano al riparo dai bombardamenti. Veniamo
pure a sapere che guardie di polizia militare degli Stati Uniti, per
reprimere le rivolte dei detenuti nelle carceri, che reclamavano
l’applicazione della Convenzione di Ginevra (giacché venivano lasciati
senza cibo, senza vestiti e senza conoscere i motivi della loro
detenzione) hanno usato armi da fuoco contro i rivoltosi, causando la
morte di quattro di loro e il ferimento di diversi altri. Ma le indagini
da parte delle Forze della Coalizione hanno concluso - si legge nel
Rapporto della CRI - che l’impiego delle stesse armi era legittimo.
Tuttavia - continua il Rapporto - gli incidenti potevano essere sedati con
mezzi non letali. Colpisce davvero che i prigionieri conoscessero il
diritto umanitario, di cui ne reclamavano l’applicazione, mentre le Forze
della Coalizione lo ignoravano, o peggio non intendevano rispettarlo,
nonostante le raccomandazioni da parte del Comitato Internazionale della
Croce Rossa. Infatti, si legge nel Rapporto della CRI, che le osservazioni
riportate “sono in linea con quanto fatto osservare alle FC per tutto il
2003 in più occasioni”. Inoltre, “le dichiarazioni di maltrattamenti
perpetrati da membri di FC contro i prigionieri…lasciano intendere che
l’utilizzo di maltrattamenti andava al di là di qualche caso sporadico e
potrebbe essere pertanto considerato una pratica tollerata dalle Forze
della Coalizione”.
Il lungo e documentato Rapporto della CRI ha posto soprattutto questo
interrogativo: l’occupazione dell’Iraq non era stata fatta per portare le
regole della civiltà occidentale ad un popolo troppo abituato alle
vessazioni di un dittatore? Ora, constatato che il Rapporto in questione
porta la data di febbraio di quest’anno, vediamo che da parte italiana
subito dopo si verifica una protesta dei nostri piloti militari in Iraq,
che incrociano le braccia, mentre qui da noi il maresciallo capo dei
carabinieri Ernesto Pallotta afferma che “in Iraq i nostri militari non si
trovano affatto in missione di pace, ma sono parte di una forza
multinazionale di occupazione”. La risposta giunge immediata: i piloti
militari in Iraq vengono denunciati per ammutinamento, mentre Ernesto
Pallotta viene punito con la consegna di rigore per le sue dichiarazioni
sulla guerra in Iraq. Da parte americana, infine, il 19 aprile viene
indicato dal presidente Bush il nome di chi condurrà la transizione
irachena verso la democrazia: John Dimitri Negroponte. Così i torturatori
potranno stare tranquilli: è l’uomo accusato di torture in America Latina.
Una decisione, questa, che ha fatto inorridire le organizzazioni che si
occupano di crimini contro l’umanità ed è contestata anche da esponenti di
vertice dell’opposizione democratica (tre dei quali hanno votato in Senato
contro la sua nomina). Negroponte è stato indagato dalla Commissione del
Congresso Usa per l’attività degli “squadroni della morte” in Nicaragua.
Dal 1981 al 1985, l’ambasciatore riceveva aiuti generosi dagli Stati Uniti
per finanziare il famigerato battaglione 3-16 specializzato nella tortura.
“Non mi risulta - ha detto Negroponte nel settembre 2001 - che vi siano
stati particolari atti efferati durante il mio mandato”. Ma i documenti
raccolti dal governo USA lo smentiscono su tutta la linea. Secondo il
Congresso americano, non solo nell’agosto 2001 furono scoperte decine di
fosse comuni in un luogo presso il confine con il Nicaragua dove venivano
addestrati i contras contro la giunta sandinista (che aveva scalzato la
feroce dittatura militare di Somoza), ma nel settembre dello stesso anno
due funzionari dell’ambasciata in Nicaragua smascherarono l’ambasciatore
Negroponte, dichiarando al Los Angeles Times che venivano costretti a
negare sui casi di mancato rispetto dei diritti umani compiuti sia dai
militari americani che locali.
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