Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XIII numero 7 - luglio 2004

 ATTUALITÀ

Suoni dal mondo
(Claudio Comandini) - Se gli interessi che sostengono il mondo sembrano condannati ad un conflitto di cui non si intravedono ancora soluzioni, popoli e culture continuano a fare quello che fanno da sempre, cioè si incontrano, stabilendo confini e oltrepassandoli. Le differenti culture si compenetrano e si contaminano mostrando universi di senso irriducibili tanto ai sistemi chiusi di particolarismi e integralismi che alla piatta omogeneità della globalizzazione finanziaria. Il modo con cui si sviluppa l’incontro può essere riduttivo o fertile, una sorta di “pasticcio” insipido o una celebrazione delle “differenze”: la musica è forse fra tutte le arti quella che può confrontarci maggiormente con le caratteristiche di un mondo “fluttuante”, attraversato da identità fluide e formicolante di contaminazioni, con tutti suoi limiti e possibilità.
A nostro avviso, il doppio concerto di martedì 8 giugno dell’Auditorium di Roma ben rappresenta questa duplicità di soluzioni, presentando da una parte Radiodervish (ultimo disco In search of Simurg) e dall’altra Mercan Dede (ultimo disco Nar). Il primo è un gruppo fondato a Bari, crocevia culturale (e affaristico) non indifferente, dal cantante e chitarrista Nabil Salameh, palestinese, e dal chitarrista e bassista Michele Loboccaro; la loro musica, nonostante una indubbia raffinatezza melodica e precise citazioni dalla cultura mediorientale (come le poesie del persiano Farid ad.din Attar, mistico sufi del XII sec.), è sembrata ampiamente scivolare dalla world music a un pop italiano un po’ di maniera, affogato in stucchevoli arrangiamenti per archi: suggestiva forse, ma quasi come la colonna sonora di un sogno di “integrazione al ribasso”, da consumatori globali compiaciuti.
Invece, Mercan Dede (vero nome Arkin Allen) è un musicista turco (dall’improbabile capigliatura a “raggiera” ) che vive fra Istambul e Montréal, adepto contemporaneo del sufismo e apprezzato dj di tecno-house tribale. Suona il flauto ney e usa con competenza l’elettronica con i suoi Secret Tribe: in questa occasione il professore di conservatorio Goksel Baktagir al kanun -una sorta di cetra- e il quattordicenne Aykut Sutoglu ad un clarinetto che acquisiva sonorità vicine a quelle della zurna, e due percussionisti. La loro musica, piuttosto che unire due mondi distinti, sembra scaturire da una specie di “spazio intrinseco”, meditativo e corporeo, dove si conoscono al loro “stato nascente”, e sono contemporaneamente l’uno e l’altro, e significativamente in alcuni brani si svolge assieme dalla danza sufi di Mira Burke: una donna, che compie una danza originariamente destinata agli uomini.
Ora, oltre l’Oriente e l’Occidente è l’Africa, madre spesso non riconosciuta del mondo intero e di tante culture. Può sembrare singolare, ma a fare una musica dalla netta ispirazione africana è un chitarrista e cantante di origine americana, vissuto in giro per il mondo e risiedente da tempo nella campagna dei Castelli Romani: David Hoffman, che con i suoi Yampapaya (ultimo disco Global Coloured Track), caratterizzati dall’ampia variabilità di organico, ha offerto il 12 e il 26 giugno due concerti, nell’iniziativa di beneficenza per gli animali svoltasi presso Colonna Animal Party, e all’interno della rassegna Sconfinando di Grottaferrata: se il secondo concerto si è distinto per aver messo a disposizione del pubblico gli strumenti a percussione, nel primo le caratteristiche africane del sound si sono messe in evidenza con grande suggestione grazie alla presenza di tre voci in stile soukous dei congolesi Teo Lolango, Brian Moussa, e Bixas Liberatore (che inoltre canta in Francia con l’altro congolese Papauemba), sostenute da un efficace ritmica rock. Sulla loro scia, la stessa sera hanno suonato, in una delle loro prime uscite, gli Extramusica, i cui fulcri sono il chitarrista Luciano De Cesaris e il cantante e percussionista toghese Joel Ayeboua (che la il 26 ha suonato anche con Yampapaya): promettenti, per quanto bisognosi di sviluppare maggiore originalità.
E sempre il 12, la formazione Memoria Zero (ultimo disco Free sdraio) con il chitarrista e altosassofonista Ettore Scandale, il chitarrista Antonio Acunzo, il bassista Stefano Acunzo, il batterista Marco Della Rocca, ha presentato il suo sound elettrico e decadente, dove la matrice rock rivela esigenze di ricerca, nel tentativo di portare una musica occidentale oltre i suoi presupposti: forse, in questa serata, in maniera meno incisiva di altre occasioni.
Per osservare questa tendenza in uno dei suoi momenti più riusciti, bisogna andare al concerto dei Tuxedomoon (ultima uscita Cabin in the sky, ma ascoltare almeno Desire, 1981, e Holy wars, 1885) a Roma aVilla Ada il 27: lo storico gruppo che esplorò le forme più avanzate del post-punk, cioè di un universo musicale da ricostruire dopo l’azzeramento dei suoi presupposti, ancora costruisce le sue ardite ipotesi sulle escursioni del sax soprano di Steve Brown, le tirate al violino di Blaime Reininger, il basso rotondo e ostinato di Peter Principle (con la formazione ha collaborato spesso il performer giapponese Wiston Tong), e una elettronica né ambiente né effetto, ma semplicemente continua risorsa musicale per un equilibrio mai risolto fra melodie struggenti e canzoni ispirate e momenti musicali fortemente sperimentali.
La tensione ad una musica tanto libera di forme precostituite quanto capace di autoorganizzarsi in ogni suo passaggio, a ben vedere né occidentale né orientale perché ha sommato e superato ambedue le direttrici, è stata invece ben espressa dai General Disaster, quintetto del contrabbassista Roberto Bellatalla (a lungo in Inghilterra con personaggi come il pianista Keith Tippet), che con il trombonista Daniele Persanti, l’altosassofonista e clarinettista Michael Tieke, il chitarrista Antonio Iasevoli e il batterista Marco Ariano (questi ultimi due anche nella Etruria Criminale Banda) hanno debuttato con piena maturità stilistica il 16 giugno all’Astra di Roma.
Con tentazioni d’impronta anglo-americana ormai ampiamente alle spalle è quindi la Etruria Criminale Banda, originale formazione di circa venti elementi che in una formazione acustica e ridotta di nove elementi (!) il 19 giugno a Grottaferrata nella rassegna Sconfinando ha offerto una spettacolo coinvolgente e divertente, dove a fianco dell’influenza balcanica (zona di metissage fra Oriente e Occidente) si mantiene il gusto sia per la melodia che per l’improvvisazione, le cui punte sono state nei pezzi cantati da Nando Di Cosimo e nelle sortite solistiche del clarinetto dixie di Sebastiano Forti, oltre che nel canto armonico con cui Edu Nofri, anche chitarrista, contrappunta efficacemente molti dei brani.
Intanto, sempre il 19 giugno, al Reggae Rock Festival di Guidonia, suonavano i Cardamomo fondati dal chitarrista e cantante Andrea Mollica,  che con una fitta ritmica di basso batteria e percussioni e la voce femminile di Irene Amata, la chitarra solista di Raffaele Cacciaglia e il moog di Francesco Ranieri sviluppano un reggae psichedelico dai testi politicamente impegnati, che ha già avuto modo di imporsi all’attenzione di che ama il ballo ma non cerca solo semplice intrattenimento.
E al di là delle parole, l’impegno può avere anche la forma della ricerca rigorosa sulle tradizioni popolari, e ad un convegno di etnomusicologia svoltosi sabato 26 al Palazzo della Provincia di Roma, ha suonato La Piazza, gruppo storico di musica del Lazio fondato da Sara Modigliani, già voce del Canzoniere del Lazio, che con Simone Colavecchi alla chitarra e tamburello, Gabriele Modigliani alla chitarra, e Pino Pontuali all’organetto, dimostrando che ciò che è tradizione non per forza è passato.
Ma oltre l’Oriente, l’Occidente, l’Africa e l’Italia, c’è il mondo, il quale visto nel suo insieme ci fa comprendere che tante distinzioni sono convenzionali, e quel che conta è la musica, e gli spazi che sa aprire: viaggiando per 11 paesi ed 8 lingue, in un memorabile concerto al Villaggio Globale di Roma il 24 giugno, i 17 elementi (più direttore, Mario Tronco degli Avion Travel) della Orchestra di Piazza Vittorio (che ha appena pubblicato un disco omonimo) hanno in definitiva ricordato questo, che più che un “messaggio”, è un modo fondamentale di intendere le cose. Sorprendenti incroci fra voci dell’Ecuador (Carlos Paz), dell’India (Mohammed Bilal) e della Tunisia (Houcine Ataa), una violoncellista ungherese (Eszter Nagypal)  a fianco di un violinista elettrico di New York (John Maida) più in là un violino andaluso-marocchino (Abdel Majid Karam), dall’altra parte un rumeno al cymbalion (Marian Serban), poi un tunisino con un uod elettrico (Ziad Trabelsi), un contrabbassista romano (Giuseppe Pecorelli), un trombettista cubano (Omar Lopez Valle, anche con gli Yampapaya), un sassofonista di Dragona, Caserta (Peppe D’Argenzio, anche con gli Avion Travel), un cornista pugliese, le tabla indiane (Amrit Hussain), percussioni dal Senegal (El Hadji Yeri Samb) e da Cuba, un batterista argentino (Raul Scebba), con inoltre l’intervento di un chitarrista italiano per un brano (i nomi omessi dipendono dalla differenza fra l’organico del concerto e la formazione presentata sul sito www.orchestradipiazzavittorio.it, utile inoltre per chi fosse interessato a sottoporsi ad un provino per entrare nell’orchestra…), tutti notevoli sia negli impasti orchestrali che negli assolo. E tutto ciò non è melting-pot, fusione consumistica priva di culture autonome, ma uno spazio aperto dove le peculiarità si esprimono per quello che sono, mettendo in comune linguaggi ed esperienze.
Dopo un mese di concerti, possiamo dire che se il mondo seguisse la sua anima musicale, non ci sarebbe nemmeno tempo per distrarsi con guerre ed altre atrocità. Ma i “potenti” e i loro servi compiaciuti probabilmente non hanno alcuna considerazione per la musica (a parte promuovere quella, falsa, che favorisce il consenso nei loro confronti), troppo impegnati nel tentativo di dominare un mondo pieno di rovine e finalmente silenzioso.

 ATTUALITÀ

Sommario anno XIII numero 7 - luglio 2004