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Sommario anno XIII numero 7 - luglio 2004

 INFORMAZIONE

Il teatrino dell’informazione - Parte II
L’icona taumaturga di Nostra Signora Televisione
(Domenico Rotella) - Fra coloro che hanno avuto l’eroico coraggio di seguire fino in fondo la nostra precedente ed un po’ eterodossa incursione nel gran circo mediatico, forse c’è qualcuno che desidera una risposta all’interrogativo finale da noi lasciato in sospeso. Prima, però, di riprendere il discorso sarà forse opportuno dare qualche lume anche a quanti si fossero posti all’ascolto solamente adesso. Avevamo richiamato l’attenzione sul fatto che i politici si esibiscono in scene isteriche allorché, muniti di speciali microscopi a scansione nucleare, si avvedono che il molto rispettabile senatore Truffoni ha goduto di due nanosecondi di attenzione in più - tra telegiornali e talk-show - di quanti ne abbia invece ricevuti il molto onorevole deputato Furfantini dell’opposto schieramento. Abbiamo anche detto che, mentre viene inscenato questo teatrino da pupi siciliani, l’intento dei contendenti è quello di farci credere che quella è la vera battaglia sull’equità e la correttezza dell’informazione. E sicuramente sono molti coloro che in buonafede credono a simili panzane, i quali del resto sono i cugini di quanti credono alle cartomanti, alle pozioni magiche, agli amuleti contro il malocchio. A tutti costoro proponiamo però una semplice riflessione: ma pensate seriamente che persone che investono milioni (di euro) per farsi eleggere, che sgomitano tutta la vita per restare a galla e che si logorano ogni giorno il fisico e la mente in estenuanti esercizi di equilibrismo politico possano davvero perdersi in sciocchezze del genere? Mettiamo che dobbiate sottoporvi ad un vitale intervento chirurgico. A chi vi affidereste, al grande primario e luminare prof. Tal dei Tali oppure al parcheggiatore davanti all’ospedale? Bene, a questo punto possiamo ormai riprendere il discorso lì dove l’avevamo interrotto lo scorso mese. Chi ha in mano il potere televisivo sa fin troppo bene che la gente - almeno in larga parte - ha ormai imparato a diffidare degli strumenti classici dell’informazione: il mitico «l’ha detto la televisione» oggi è quasi archeologia pura e molti già oppongono ad esso un sarcastico «l’ha detto il frigorifero». È quindi evidente che il trucco dev’essere stato spostato altrove, camuffato sotto spoglie insospettabili. La nuova frontiera della politica - tramontata l’era dei comizi e delle tribune elettorali - viene ormai gestita dagli stessi maghi della comunicazione che pianificano le grandi campagne pubblicitarie ed è affidata alla fiction ed ai reality show. Sotto questo punto di vista, si è realizzata una sostanziale identificazione tecnica tra il cittadino-elettore ed il cittadino-consumatore. Entrambi, per essere «addomesticati», devono essere sottoposti alla medesima terapia fondata su due capisaldi essenziali: neoanalfabetismo e induzione ipnotica. Le tattiche adoperate sono di tipo prettamente subliminale e pertanto agiscono in profondità senza seri problemi di tracciabilità. Cominciamo dalla fiction. Avete fatto caso che gli sceneggiati tipo “La piovra” sono spariti da tempo? Avete invece notato lo straripante successo di “Elisa di Rivombrosa”, di “Orgoglio” e di tutto il filone religioso e storico? Pensate che sia un caso che Rai e Mediaset abbiano realizzato quasi in contemporanea due “Papa Giovanni” e due “Padre Pio”? Il comune denominatore dell’operazione consiste nel dirottare l’attenzione di quello che chiameremo con termine medico “il paziente”, indirizzandola dai temi di attualità a quelli situati in una dimensione storica o addirittura metatemporale. Il passato - sia esso buono o cattivo - è comunque immutabile, di conseguenza è rassicurante e comodo come la coperta di Linus; il presente è invece mutevole e minaccioso, cupo, inquietante. Per praticare la lobotomia culturale al paziente occorre innanzitutto renderlo passivo, docile, soddisfatto e per far ciò è necessario non allarmarlo, soprattutto in quella cruciale ora serotina dedicata al desco familiare. Vanno bene quindi le grandi storie di antiche passioni, di vecchie figure religiose, di lontani eroi. Se per tutto il giorno hai avuto a che fare col mondo cattivo, almeno la sera puoi ristorarti le meningi con belle e monumentali storie positive. Qualcuno ricorda ancora il commissario Cattani? Al posto della sanguinante “Piovra” adesso ci sono le patinate storie di piccola quotidianità dei vari “Distretti di Polizia”, mentre i serial sulla Benemerita spaziano dal quasi caricaturale “Carabinieri” al buonismo di “Don Matteo”. Per non parlare poi dei “Medici in famiglia”, dei “Venti di ponente”, dei “Posti al sole” e dei relativi cloni sotto altre spoglie. Per evitare il risveglio del paziente occorre evitare assolutamente le storie crude e di dolorosa attualità; se poi bisogna per forza far ricorso a tali tematiche (ci sono pur sempre coloro che le amano e in fondo la fantasia non è infinita), non più maxi serie ma soluzioni frettolose: due puntate e via, nelle serate di minor interesse. A questo punto il paziente è quasi decerebrato, però non lo si può abbandonare a sé stesso: diverrebbe apatico e quindi scarsamente ricettivo ai messaggi che più premono ai comunicatori occulti. Occorre quindi dargli qualcosa che lo mantenga in una sorta di coma vigile: ed ecco i reality-show. A questa categoria appartiene tutto quell’ignobile pattume intessuto di umane miserie, di voyeurismo e di perline per selvaggi che - partito e consolidato col “Grande Fratello” - si è poi espanso a macchia d’olio con le “Isole” di finti famosi e le “Fattorie” di ex cantanti, le “Talpe” dei nessuno e gli “Amici” di qualcuno. Con ciò creando, tra l’altro, una continua fabbrica di ospiti a basso costo per altri programmi fotocopia o ad essi ispirati. Chissà che in questo settore televisivo prima o poi non accada qualcosa di simile al morbo della “mucca pazza”: quando alle mucche non furono più dati mangimi vegetali ma fatte cibare a forza con alimenti tratti dalle carcasse dei suoi stessi simili, la degenerazione biologica portò all’insorgere del male che distrugge le terminazioni nervose e annienta la specie. Tornando a noi, a questo punto riassumiamo: la fiction rende quasi ebeti, il reality fornisce argomenti insignificanti ma che attirano una certa attenzione. Già, ma perché mantenere un livello minimo di veglia mentale? Semplice: per far fare presa alla pubblicità. Fatta tabula rasa di tutto ciò che è razionale, il marketing interviene fornendoti dei falsi modelli da inseguire e dei falsi bisogni da soddisfare. Quella automobile uguale a tutte le altre ti è indispensabile come l’aria, quel profumo pacchiano ti rende irresistibile, quello scialbo cibo industriale è meglio delle lasagne di tua nonna. Se vuoi bene alla tua famiglia, non puoi fare a meno di quella cucina da venticinquemila euro, e poco importa che nella casa fiabesca dello spot pubblicitario essa occupi uno spazio che da solo vale tutta la tua modesta casa impiegatizia da settanta metri quadri. Che dici, non usi quello shampo? E nemmeno quel deodorante? Ma sei destinato all’isolamento sociale! A questo punto però, per quadrare il cerchio, manca l’anello di congiunzione con la politica, ma esso è dato ancora una volta dai guru del marketing. Sono loro - celati nell’ombra - che ormai elaborano le strategie elettorali e i programmi di partito, almeno al livello di grandi formazioni. Prendete i seguenti argomenti a caso (rilancio dell’economia, difesa del salario, tutela dello stato sociale, ma potremmo continuare) e trovate un solo partito tra maggioranza e opposizione che non presenti gli stessi capisaldi. In poche parole, semplificando: l’economia che si muove aumenta i consumi e questi accrescono la ricchezza, le aziende aumentano i profitti e foraggiano i politici. Questi possono poi permettersi di assoldare i migliori santoni della comunicazione e restare a galla a lungo (oltre che ingrassarsi a nostre spese). Capito il concetto di partito-azienda? Ovviamente, nell’alternanza delle forze al governo chi è all’opposizione non è migliore di chi comanda e viceversa, anche perché chiunque vada al potere ha poi la necessità vitale di mantenerlo con ogni mezzo: è l’unica regola che sfida i millenni. Per necessità di spazio abbiamo dovuto tagliare alcuni passaggi logici, ma speriamo di avervi comunque reso l’idea del nostro pensiero. Capite ora perché il gallinaio sulla par condicio ci fa sbellicare dal ridere? Per il momento ci limitiamo a segnalarvi un altro argomento di riflessione: vi siete mai chiesti perché l’Europa si è unita prima coi mercati, poi con la moneta e solo alla fine con i principi giuridici e morali? Provate a fare due più due. Attenzione, però, l’importante è che ragioniate sempre con la vostra testa e mai con quella di un qualsivoglia Partito Unico o di un presunto messia. Diffidate soprattutto di chi, senza motivo apparente, sembra avere troppo a cuore il vostro personale benessere di cittadino. In ultimo, non saremmo onesti se non vi dicessimo di diffidare anche dell’autore di queste righe………     

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Sommario anno XIII numero 7 - luglio 2004