Primavera,
estate, autunno, inverno…e ancora primavera
(Cristina
Stillitano) - Una scarna
dimora sospesa in mezzo a un lago. Un monaco e il suo protetto (Kim ki-duk).
Si impara la vita guardandola in silenzio, nel suo incantevole succedersi
di stagioni e di colori. La si impara toccandola e odorandola, nelle
occupazioni quotidiane, nei gesti operosi e semplici, nella luce da
assaporare e da assecondare. È una vita lontana da tutto, che fluisce
piena di se stessa e non chiede altro, non conosce altro, non ha bisogno
d’altro. Ma poi un giorno la porta del lago incantato si apre e quel
mondo distante entra subdolamente a tentarla e sconvolgerla. Vi entra col
desiderio, incarnato da una giovane bisognosa di cure (Oh Young-su), e poi
diventa passione irrefrenabile per il piccolo monaco inesperto. Diventa
amore e l’unica scelta che l’amore può fare: seguire se stesso,
lasciando tutto alle spalle, il maestro e il suo placido insegnamento,
fino alla fine, fino a quando l’amore è tradito e il dolore è uno
sconosciuto che conduce alla rovina e, quindi, alla rinascita. Luminoso,
filosofico a tratti, parlato appena (forse guardare è conoscere il mondo
umilmente), peccato che il film del coreano Kim ki-duk diventi al termine
così pesantemente didascalico. Ma poco importa, perché l’immagine è
qui verità più forte e più convincente, col suo ciclo di stagioni dalle
mille sfumature, esaltate da una fotografia così sensibile, eloquente,
rarefatta, da sembrare davvero visione poetica.
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