frascati
Frascati, Tuscolo e la negazione della memoria (4
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(Claudio
Comandini) - La cruenta devastazione di Tuscolo nel medioevo, un
vero e proprio olocausto, a cui seguì spartizione territoriale e damnatio
memoriae, il sale sulle macerie fumanti a segno di un suolo reso ormai
sterile, la cancellazione cartografica di cui offre esempio la Tabula
Peutingeriana, copia medievale della mappa dell’impero romano, la nuova
benedizione di luoghi di culto legati alla sua influenza come S. Giovanni
a Porta Latina, le teste delle vittime appese come trofei sotto l’arco
di Gallieno all’Esquilino, le chiavi della città portate in trionfo al
Campidiglio, i superstiti accecati, tutti questi tragici eventi non sono
mai stati oggetto di particolari rivendicazioni o commemorazioni:
addirittura la rocca distrutta dal fuoco è stata a lungo popolarmente
indicata a Roma come monito ai bambini indisciplinati, le sue rovine
vennero utilizzate come cava di materiali edili dagli abitanti dei paesi
circostanti, proprio quelli più investiti dalla diaspora dei
sopravvissuti, mentre a Frascati il martedì di Pasqua, anniversario della
distruzione, è tuttora giorno di festa ed è tradizione andare sui prati
del Tuscolo a fare scampagnate che inevitabilmente lasciano montagne di
rifiuti.
Poi, nel dopoguerra di una guerra contemporaneamente vinta e persa, la
nuova repubblica italiana è nella prima fase di “ricostruzione” dal
difficile dissesto e di adattamento agli equilibri mondiali. Vaticano e
America costruiscono un rapporto diplomatico e finanziario (della cui
lobby i frascatani ministro Pietro Campilli e sindaco Pietro Micara sono
significativi esponenti) che influenza profondamente la guerra fredda e la
propaganda anticomunista, e le scelte del paese. Frascati, città che ha
subito la guerra nella sua forma più spietata, viene ricostruita con
soluzioni edilizie non pertinenti al contesto, con la demolizione di molti
edifici solo parzialmente danneggiati, svilendo permanentemente il gusto
di un’urbanistica ricca di finezze prospettiche. La sua campagna
comincia ad essere devastata da crescenti forme di abusivismo,
finanziamenti americani contribuiscono all’apertura dell’impianto di
produzione vinicola di Fontana Candida. Il nome della città e del suo
vino, nonostante conosca anche punte di elevato prestigio, subisce una
tendenza alla massificazione. Il marchio viene sfruttato prescindendo
dalle sue peculiarità, il paese subisce un processo di metropolizzazione
non ben supportato, continuando comunque ad attirare numerose e
persistenti “truppe” di ubriaconi tedeschi, dove poi vini di nome
“Frascati” sono molto bevuti in America. È l’epoca di “Nannì”,
con la volgarità ottimista e ingenua della gita a li Castelli.
Ogni città è un racconto della storia, viva nelle sue pietre. Il
municipio tuscolano viene elogiato da Cicerone per aver espresso
“moltissime famiglie consolari” fra cui i Mamili, gli Juvenzi, i
Fulvi, i Sulpici, i Furi, i Manli e i Catoni (secondo alcuni anche i Fabi,
i Rabiri e i Laterani), cioè la classe dirigente più rappresentativa
della Roma repubblicana, dove la Repubblica, nonostante alterne vicende,
trova in Tuscolo un’efficace alleata, come quando nel 211 a.C. rifiuta
il suo aiuto al cartaginese Annibale deciso a stroncare Roma e il suo
sistema di alleanze. Poi, il dominio su Roma dei Conti di Tuscolo e il
ruolo dei suoi esponenti è quello che più tipicamente caratterizza la
cosiddetta “età ferrea” medievale, solitamente coperta di biasimo, se
non dimenticata. Eppure, Teodora e Marozia, nonostante una diffamazione
secolare, rivelano di essere molto più che “prostitute d’alto
bordo” nella lucidità con cui realizzano obiettivi politici; Alberico
II rappresenta il modello più compiuto del princeps civile a Roma, e suo
figlio Giovanni XII, anche nelle sue contraddizioni, contribuisce a
ricostituire l’impero come fattore d’integrazione politica e
territoriale; Benedetto VIII, pur se eletto con uno scontro armato (contro
il candidato dei Crescenzi), è considerato uno dei pontefici illustri;
Giovanni XIX è anche protettore di Guido d’Arezzo, inventore delle
sette note. Benedetto IX (sepolto all’Abbazia di S. Nilo), tre volte
papa a causa dei forti contrasti espressi da parte della nobiltà romana e
dall’imperatore Enrico III, è sostenitore nel 1040 a Marsiglia delle
Tregua Dei, l’istituzione nella conflittualità armata permanente di
periodi di pace obbligati, e nel 1047 è artefice di politiche di
carattere nazionale attraverso l’alleanza con Guamario di Salerno e
Bonifacio di Toscana. Poi, a Frascati, il papa “umanista” Pio II, Enea
Silvio Piccolomini, ricostruisce il Castello Episcopale, e visita le
rovine di Tuscolo, mentre progetta anche di convertire al cristianesimo il
turco Maometto II, che nel 1453 ha conquistato Costantinopoli all’Islam,
per nominarlo “Imperatore d’Oriente e d’Occidente”. Con
l’apparizione mariana del “miracolo di Capocroce” il castrum
Frascati, feudo di Lucrezia della Rovere figlia del pontefice Giulio II e
vedova di Marcantonio I Colonna, scampa nel 1527 al Sacco di Roma
dell’esercito lanzichenecco di Carlo V d’Asburgo, probabilmente anche
per effetto della presenza all’abbazia di S. Nilo come egumeno del
cardinale Pompeo Colonna, discendente dei Conti di Tuscolo, filoimperiale
e rivale del papa Clemente VII Medici. Ignazio di Loyola nel 1537 viene a
Frascati per presentare a Paolo III Farnese l’ordine della Compagnia di
Gesù, poi a lungo (pur se discontinuamente) presso la città fino alla
loro soppressione del 1773. Notevole in epoca barocca la fioritura, sui
siti delle ville imperiali romane, delle ville papali; la più famosa, che
provocò inoltre il crollo delle finanze della curia, è quella del
cardinale Pietro Aldobrandini, che nel 1598 conquista Ferrara agli Estensi
perseguitandone la fiorente comunità ebraica, e nipote del papa Clemente
VIII che nell’anno santo 1600 decreta la decapitazione di Beatrice Cenci
e il rogo di Giordano Bruno. Per oltre un quarantennio (dal 1761 al 1807,
esclusa la parentesi napoleonica) è vescovo di Frascati il cardinale
Enrico Benedetto Stuart, duca di York, l’ultimo erede scozzese (e
cattolico) della corona d’Inghilterra dopo la presa di potere della
dinastia tedesca degli Hannover; i funerali di suo fratello Carlo Edoardo,
pretendente al trono, si svolgono nel 1788 alla cattedrale di S. Pietro di
Frascati. Legato alla massoneria di rito scozzese e ai giacobiti, inoltre
caratterizzato da spiccate tendenze omosessuali (testimoniate da Giuseppe
Goronari e Gaetano Moroni, in cui sarebbe coinvolto principalmente con
mons. Lercari e mons. Cesarini), il cardinal duca svolge una meritoria
attività civile e istituisce inoltre la preziosa Biblioteca Eboracense,
raccolta di 12.000 dopo la II Guerra Mondiale integralmente trasferita al
Vaticano.
Ora, tutti questi episodi, pur se notevoli, sono largamente dimenticati.
Ciò non tanto per effetto di una lontananza temporale o perché il
presente in qualche modo ne indichi una “emancipazione”: spesso una
“memoria storica” viene costituita con vicende anche più distanti, e
meno provate, se non addirittura immaginarie, e ancora il mondo subisce
condizionamenti antichi. A parte il Miracolo di Capocroce, effettiva, e
ancora celebrata, “nascita” della città, le cui circostanze però non
hanno riscontro nei documenti dell’epoca (e che potrebbe anche
costituire una “copertura” di trattative di parte filoimperiale,
rivelando nel contesto papalino di Frascati il retroterra ghibellino di
Tuscolo), a ben vedere molti fatti considerati “storici” in realtà
non stabiliscono continuità, non fondano comunità e non esprimono
cultura (nel suo significato antropologico di complesso delle
manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale in cui un popolo
si riconosce - e che è in grado di trasmettere), dipendendo
sostanzialmente da equilibri istituzionali di potere fortemente
condizionati dalla “sovraesposizione” di un territorio cruciale, che
muove grandi interessi, spesso subiti, inevitabilmente più ampi dei
bisogni sociali soddisfatti. Piuttosto che illudere su una qualche
“grandezza cittadina”, la storia semplicemente conferma il ruolo
strategico dell’area, poi precisato nel modo più feroce, con i
bombardamenti dell’8 settembre 1943. (Dove, inoltre, i due terzi delle
60.000 vittime civili che la II Guerra Mondiale ha provocato in tutta
Italia sono successivi a tale data.)
L’attuale contesto politico tuscolano non sembra ancora arrivare a tali
livelli di “prestigio”, ma non rappresenta certo un’eccezione nel
panorama globale, sostanzialmente paralizzato da meschini quanto decisivi
giochi di potere, e spesso stenta a trovare una dimensione che vada al di
là di uno sterile compromesso fra “paesanità” obsolete e assalto
della periferia, perdendo le sfumature tipiche per restare fuori dalle
opportunità della metropoli, travolto dalla globalizzazione nel più
provinciale dei modi. E il Tuscolo continua a custodire i suoi segreti,
vittima di equivoci luoghi comuni storici che pubblicisti intenti a
copiarsi l’un l’altro perpetuano, i suoi siti archeologici o
indegnamente abbandonati al vandalismo o recintati in nome di un feticismo
che poco aggiunge alla comprensione del contesto di cui fu protagonista,
lasciando sepolti elementi decisivi della nostra storia. È come se non si
volesse sapere, in ossequio a pregiudizi secolari. Mentre i monumenti del
passato vanno incontro al loro destino di dissoluzione (forse inevitabile
dal momento in cui la loro “gloria” dipendeva dall’esercizio di un
dominio militare che estrofletteva i conflitti senza risolverli, ed a cui
era congenere e sistematica la distruzione), il passato rimane non
compreso, e continua ad esercitare una sottile e nefasta influenza, dove i
suoi effetti si propagano molto oltre le piccole vite delle persone, anche
di quelle che si credono implicate nel “potere” svolgendo un qualche
ruolo. Rimane significativa la testimonianza, raccolta da Luigi Devoti,
inviata nel 1993 a Giovanni Busco vescovo di Frascati da S. Barbara, USA,
da un componente dei bombardieri incursori nell’8 settembre 1943, che si
“rammaricava” per le morti e le distruzioni sofferte dalla città e
forniva spiegazioni, chiedendo anche di intercedere con preghiere per i
compagni di squadra deceduti, affermando: “la guerra comunque è sempre
inumana quando delle nazioni sono persuase che per salvare delle vite ne
debbono eliminare altre”. Possiamo aggiungere quello che già disse
George Santayana, filosofo americano: “un popolo che non medita sul suo
passato è condannato a riviverlo”. E questo, del resto, avviene un
po’ ovunque.
Le città sono il sedimento della storia. E oggi, nelle automobili che a
Frascati assediano un centro storico ampiamente e malamente ricostruito,
inoltre adattato a centro commerciale definito con infelice formula
naturale, “patinato” ma privo di un vero contesto sociale e culturale
e caratterizzato ampiamente da fenomeni distruttivi tipici di una società
dei consumi quali quelli di comunità assente e ospitalità mancata (dove
il visitatore-consumatore sbandato e l’abitante-indigeno ostile sono
costretti quasi a scontrarsi senza che le istituzioni e le associazioni
sappiano offrire una mediazione efficace) possiamo vedere l’immagine
della difficile, e tuttora incerta, transizione dell’Italia ad una
democrazia compiuta. Ancora più incerta dal momento che ormai la
democrazia non sembra una conquista civile, ma una “merce” da
esportare e imporre. E mentre la politica e la storia lasciano troppe
questioni insolute, le guerre non finiscono mai, continuando a distruggere
altre città.
valmontone
Arriva il vigile di quartiere
(Armando Guidoni) - A metà settembre entrerà in funzione
il vigile di quartiere. Sono stati individuati quattro quartieri che
usufruiranno del servizio e i loro cittadini avranno quindi la
disponibilità di un vigile di riferimento che potranno incontrare in un
ufficio appositamente istituito. Gli agenti avranno in dotazione un
telefono cellulare, un computer con una casella di posta elettronica e
saranno affiancati da 30 mamme vigili le quali entreranno in servizio dal
1° settembre dopo aver frequentato un corso di formazione di 120 ore
cofinanziato dall’Unione Europea. Alcune delle trenta mamme vigili
affiancheranno gli agenti della polizia municipale. Serviranno a garantire
un servizio continuo per i cittadini dalla mattina alla sera. In questa
prima fase i quartieri interessati dall’iniziativa saranno il Villaggio
della Rinascita, la Valle, il Centro Storico e Sant’Anna.
In ognuno dei quartieri è stata individuata la sede del vigile dove i
cittadini potranno recarsi per sporgere reclami e presentare suggerimenti,
chiedere informazioni o segnalare situazioni di disagio o di potenziale
pericolo.
Al Villaggio la sede del vigile di quartiere sarà presso la sede del
Comitato di quartiere, accanto all’ufficio postale, alla Valle presso la
sede del Comitato per il gemellaggio, al Centro storico nel comando della
Polizia Municipale e a Sant’Anna all’interno della Città dello sport.
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