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Sommario anno XIII numero 9 - settembre 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 8

frascati
Frascati, Tuscolo e la negazione della memoria (4 di 4)
La ricostruzione ideale di Tuscolo (disegno di M. Titi)

(Claudio Comandini) - La cruenta devastazione di Tuscolo nel medioevo, un vero e proprio olocausto, a cui seguì spartizione territoriale e damnatio memoriae, il sale sulle macerie fumanti a segno di un suolo reso ormai sterile, la cancellazione cartografica di cui offre esempio la Tabula Peutingeriana, copia medievale della mappa dell’impero romano, la nuova benedizione di luoghi di culto legati alla sua influenza come S. Giovanni a Porta Latina, le teste delle vittime appese come trofei sotto l’arco di Gallieno all’Esquilino, le chiavi della città portate in trionfo al Campidiglio, i superstiti accecati, tutti questi tragici eventi non sono mai stati oggetto di particolari rivendicazioni o commemorazioni: addirittura la rocca distrutta dal fuoco è stata a lungo popolarmente indicata a Roma come monito ai bambini indisciplinati, le sue rovine vennero utilizzate come cava di materiali edili dagli abitanti dei paesi circostanti, proprio quelli più investiti dalla diaspora dei sopravvissuti, mentre a Frascati il martedì di Pasqua, anniversario della distruzione, è tuttora giorno di festa ed è tradizione andare sui prati del Tuscolo a fare scampagnate che inevitabilmente lasciano montagne di rifiuti.
Poi, nel dopoguerra di una guerra contemporaneamente vinta e persa, la nuova repubblica italiana è nella prima fase di “ricostruzione” dal difficile dissesto e di adattamento agli equilibri mondiali. Vaticano e America costruiscono un rapporto diplomatico e finanziario (della cui lobby i frascatani ministro Pietro Campilli e sindaco Pietro Micara sono significativi esponenti) che influenza profondamente la guerra fredda e la propaganda anticomunista, e le scelte del paese. Frascati, città che ha subito la guerra nella sua forma più spietata, viene ricostruita con soluzioni edilizie non pertinenti al contesto, con la demolizione di molti edifici solo parzialmente danneggiati, svilendo permanentemente il gusto di un’urbanistica ricca di finezze prospettiche. La sua campagna comincia ad essere devastata da crescenti forme di abusivismo, finanziamenti americani contribuiscono all’apertura dell’impianto di produzione vinicola di Fontana Candida. Il nome della città e del suo vino, nonostante conosca anche punte di elevato prestigio, subisce una tendenza alla massificazione. Il marchio viene sfruttato prescindendo dalle sue peculiarità, il paese subisce un processo di metropolizzazione non ben supportato, continuando comunque ad attirare numerose e persistenti “truppe” di ubriaconi tedeschi, dove poi vini di nome “Frascati” sono molto bevuti in America. È l’epoca di “Nannì”, con la volgarità ottimista e ingenua della gita a li Castelli.
Ogni città è un racconto della storia, viva nelle sue pietre. Il municipio tuscolano viene elogiato da Cicerone per aver espresso “moltissime famiglie consolari” fra cui i Mamili, gli Juvenzi, i Fulvi, i Sulpici, i Furi, i Manli e i Catoni (secondo alcuni anche i Fabi, i Rabiri e i Laterani), cioè la classe dirigente più rappresentativa della Roma repubblicana, dove la Repubblica, nonostante alterne vicende, trova in Tuscolo un’efficace alleata, come quando nel 211 a.C. rifiuta il suo aiuto al cartaginese Annibale deciso a stroncare Roma e il suo sistema di alleanze. Poi, il dominio su Roma dei Conti di Tuscolo e il ruolo dei suoi esponenti è quello che più tipicamente caratterizza la cosiddetta “età ferrea” medievale, solitamente coperta di biasimo, se non dimenticata. Eppure, Teodora e Marozia, nonostante una diffamazione secolare, rivelano di essere molto più che “prostitute d’alto bordo” nella lucidità con cui realizzano obiettivi politici; Alberico II rappresenta il modello più compiuto del princeps civile a Roma, e suo figlio Giovanni XII, anche nelle sue contraddizioni, contribuisce a ricostituire l’impero come fattore d’integrazione politica e territoriale; Benedetto VIII, pur se eletto con uno scontro armato (contro il candidato dei Crescenzi), è considerato uno dei pontefici illustri; Giovanni XIX è anche protettore di Guido d’Arezzo, inventore delle sette note. Benedetto IX (sepolto all’Abbazia di S. Nilo), tre volte papa a causa dei forti contrasti espressi da parte della nobiltà romana e dall’imperatore Enrico III, è sostenitore nel 1040 a Marsiglia delle Tregua Dei, l’istituzione nella conflittualità armata permanente di periodi di pace obbligati, e nel 1047 è artefice di politiche di carattere nazionale attraverso l’alleanza con Guamario di Salerno e Bonifacio di Toscana. Poi, a Frascati, il papa “umanista” Pio II, Enea Silvio Piccolomini, ricostruisce il Castello Episcopale, e visita le rovine di Tuscolo, mentre progetta anche di convertire al cristianesimo il turco Maometto II, che nel 1453 ha conquistato Costantinopoli all’Islam, per nominarlo “Imperatore d’Oriente e d’Occidente”. Con l’apparizione mariana del “miracolo di Capocroce” il castrum Frascati, feudo di Lucrezia della Rovere figlia del pontefice Giulio II e vedova di Marcantonio I Colonna, scampa nel 1527 al Sacco di Roma dell’esercito lanzichenecco di Carlo V d’Asburgo, probabilmente anche per effetto della presenza all’abbazia di S. Nilo come egumeno del cardinale Pompeo Colonna, discendente dei Conti di Tuscolo, filoimperiale e rivale del papa Clemente VII Medici. Ignazio di Loyola nel 1537 viene a Frascati per presentare a Paolo III Farnese l’ordine della Compagnia di Gesù, poi a lungo (pur se discontinuamente) presso la città fino alla loro soppressione del 1773. Notevole in epoca barocca la fioritura, sui siti delle ville imperiali romane, delle ville papali; la più famosa, che provocò inoltre il crollo delle finanze della curia, è quella del cardinale Pietro Aldobrandini, che nel 1598 conquista Ferrara agli Estensi perseguitandone la fiorente comunità ebraica, e nipote del papa Clemente VIII che nell’anno santo 1600 decreta la decapitazione di Beatrice Cenci e il rogo di Giordano Bruno. Per oltre un quarantennio (dal 1761 al 1807, esclusa la parentesi napoleonica) è vescovo di Frascati il cardinale Enrico Benedetto Stuart, duca di York, l’ultimo erede scozzese (e cattolico) della corona d’Inghilterra dopo la presa di potere della dinastia tedesca degli Hannover; i funerali di suo fratello Carlo Edoardo, pretendente al trono, si svolgono nel 1788 alla cattedrale di S. Pietro di Frascati. Legato alla massoneria di rito scozzese e ai giacobiti, inoltre caratterizzato da spiccate tendenze omosessuali (testimoniate da Giuseppe Goronari e Gaetano Moroni, in cui sarebbe coinvolto principalmente con mons. Lercari e mons. Cesarini), il cardinal duca svolge una meritoria attività civile e istituisce inoltre la preziosa Biblioteca Eboracense, raccolta di 12.000 dopo la II Guerra Mondiale integralmente trasferita al Vaticano.
Ora, tutti questi episodi, pur se notevoli, sono largamente dimenticati. Ciò non tanto per effetto di una lontananza temporale o perché il presente in qualche modo ne indichi una “emancipazione”: spesso una “memoria storica” viene costituita con vicende anche più distanti, e meno provate, se non addirittura immaginarie, e ancora il mondo subisce condizionamenti antichi. A parte il Miracolo di Capocroce, effettiva, e ancora celebrata, “nascita” della città, le cui circostanze però non hanno riscontro nei documenti dell’epoca (e che potrebbe anche costituire una “copertura” di trattative di parte filoimperiale, rivelando nel contesto papalino di Frascati il retroterra ghibellino di Tuscolo), a ben vedere molti fatti considerati “storici” in realtà non stabiliscono continuità, non fondano comunità e non esprimono cultura (nel suo significato antropologico di complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale in cui un popolo si riconosce - e che è in grado di trasmettere), dipendendo sostanzialmente da equilibri istituzionali di potere fortemente condizionati dalla “sovraesposizione” di un territorio cruciale, che muove grandi interessi, spesso subiti, inevitabilmente più ampi dei bisogni sociali soddisfatti. Piuttosto che illudere su una qualche “grandezza cittadina”, la storia semplicemente conferma il ruolo strategico dell’area, poi precisato nel modo più feroce, con i bombardamenti dell’8 settembre 1943. (Dove, inoltre, i due terzi delle 60.000 vittime civili che la II Guerra Mondiale ha provocato in tutta Italia sono successivi a tale data.)
L’attuale contesto politico tuscolano non sembra ancora arrivare a tali livelli di “prestigio”, ma non rappresenta certo un’eccezione nel panorama globale, sostanzialmente paralizzato da meschini quanto decisivi giochi di potere, e spesso stenta a trovare una dimensione che vada al di là di uno sterile compromesso fra “paesanità” obsolete e assalto della periferia, perdendo le sfumature tipiche per restare fuori dalle opportunità della metropoli, travolto dalla globalizzazione nel più provinciale dei modi. E il Tuscolo continua a custodire i suoi segreti, vittima di equivoci luoghi comuni storici che pubblicisti intenti a copiarsi l’un l’altro perpetuano, i suoi siti archeologici o indegnamente abbandonati al vandalismo o recintati in nome di un feticismo che poco aggiunge alla comprensione del contesto di cui fu protagonista, lasciando sepolti elementi decisivi della nostra storia. È come se non si volesse sapere, in ossequio a pregiudizi secolari. Mentre i monumenti del passato vanno incontro al loro destino di dissoluzione (forse inevitabile dal momento in cui la loro “gloria” dipendeva dall’esercizio di un dominio militare che estrofletteva i conflitti senza risolverli, ed a cui era congenere e sistematica la distruzione), il passato rimane non compreso, e continua ad esercitare una sottile e nefasta influenza, dove i suoi effetti si propagano molto oltre le piccole vite delle persone, anche di quelle che si credono implicate nel “potere” svolgendo un qualche ruolo. Rimane significativa la testimonianza, raccolta da Luigi Devoti, inviata nel 1993 a Giovanni Busco vescovo di Frascati da S. Barbara, USA, da un componente dei bombardieri incursori nell’8 settembre 1943, che si “rammaricava” per le morti e le distruzioni sofferte dalla città e forniva spiegazioni, chiedendo anche di intercedere con preghiere per i compagni di squadra deceduti, affermando: “la guerra comunque è sempre inumana quando delle nazioni sono persuase che per salvare delle vite ne debbono eliminare altre”. Possiamo aggiungere quello che già disse George Santayana, filosofo americano: “un popolo che non medita sul suo passato è condannato a riviverlo”. E questo, del resto, avviene un po’ ovunque.
Le città sono il sedimento della storia. E oggi, nelle automobili che a Frascati assediano un centro storico ampiamente e malamente ricostruito, inoltre adattato a centro commerciale definito con infelice formula naturale, “patinato” ma privo di un vero contesto sociale e culturale e caratterizzato ampiamente da fenomeni distruttivi tipici di una società dei consumi quali quelli di comunità assente e ospitalità mancata (dove il visitatore-consumatore sbandato e l’abitante-indigeno ostile sono costretti quasi a scontrarsi senza che le istituzioni e le associazioni sappiano offrire una mediazione efficace) possiamo vedere l’immagine della difficile, e tuttora incerta, transizione dell’Italia ad una democrazia compiuta. Ancora più incerta dal momento che ormai la democrazia non sembra una conquista civile, ma una “merce” da esportare e imporre. E mentre la politica e la storia lasciano troppe questioni insolute, le guerre non finiscono mai, continuando a distruggere altre città.



valmontone 
Arriva il vigile di quartiere
(Armando Guidoni) - A metà settembre entrerà in funzione il vigile di quartiere. Sono stati individuati quattro quartieri che usufruiranno del servizio e i loro cittadini avranno quindi la disponibilità di un vigile di riferimento che potranno incontrare in un ufficio appositamente istituito. Gli agenti avranno in dotazione un telefono cellulare, un computer con una casella di posta elettronica e saranno affiancati da 30 mamme vigili le quali entreranno in servizio dal 1° settembre dopo aver frequentato un corso di formazione di 120 ore cofinanziato dall’Unione Europea. Alcune delle trenta mamme vigili affiancheranno gli agenti della polizia municipale. Serviranno a garantire un servizio continuo per i cittadini dalla mattina alla sera. In questa prima fase i quartieri interessati dall’iniziativa saranno il Villaggio della Rinascita, la Valle, il Centro Storico e Sant’Anna.
In ognuno dei quartieri è stata individuata la sede del vigile dove i cittadini potranno recarsi per sporgere reclami e presentare suggerimenti, chiedere informazioni o segnalare situazioni di disagio o di potenziale pericolo.
Al Villaggio la sede del vigile di quartiere sarà presso la sede del Comitato di quartiere, accanto all’ufficio postale, alla Valle presso la sede del Comitato per il gemellaggio, al Centro storico nel comando della Polizia Municipale e a Sant’Anna all’interno della Città dello sport.

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