Tornano
le centrali nucleari?
(Armando Guidoni) - Giovedì 2 Settembre 2004, al Centro
Congressi dell’Università di Roma “La
Sapienza”,
l’AIN (Associazione Italiana Nucleare) organizza una giornata di studio
dal tema “Orizzonti della tecnologia nucleare in Italia”.
Si
tratta, chiaramente, di discutere sulle prospettive dell’impiego
pacifico delle tecnologie nucleari ed, in particolare, dell’uso di
queste tecnologie per la produzione di energia elettrica in centrali di
potenza.
Questo sembra essere un evento che tende a far “uscire dal tunnel” un
argomento che circa 17 anni orsono sembrava essere stato archiviato a
seguito della “moratoria nucleare” voluta dai nostri governanti e
avallata dal popolo con un apposito referendum. Subito dopo il referendum,
convertimmo a combustibile fossile, con un rilevante costo aggiuntivo, una
centrale nucleare in avanzato stato di realizzazione (Montalto di Castro,
nell’Alto Lazio) e chiudemmo - unica nazione al mondo a chiudere
definitivamente i propri impianti nucleari - l’unica centrale nucleare
funzionante (quella di Caorso vicino Piacenza). A mio avviso, la negatività
di quegli eventi non risiede nella chiusura di un paio di impianti
energetici, seppur fondamentali per l’asfittica produzione di allora, ma
nella totale assenza di interventi alternativi che non sono stati né
avviati né, tantomeno, programmati. E, negatività ancora più grave,
risiede nell’abbandono delle politiche fino ad allora utilizzate nei
riguardi della ricerca scientifica sia pubblica che privata. Si è
lasciato che si esaurissero le competenze tecnico-scientifiche,
professionali e industriali che si erano formate nel settore nucleare e
che rappresentavano un patrimonio insostituibile faticosamente conseguito
attraverso quarant’anni di impegno. Competenze che sarebbero servite,
come era già avvenuto, per trainare molti altri settori ad alto contenuto
tecnologico (es. sicurezza, impatto ambientale, robotica,
supercalcolatori...). Ora ci ritroviamo avvolti in una ragnatela di
problemi riguardanti, in primo luogo, l’assetto energetico nazionale,
visto che per accendere le nostre lampadine siamo costretti ad acquistare
dai nostri vicini una grande fetta dell’energia elettrica che
consumiamo. Ma non dobbiamo dimenticare che sono rimasti insoluti anche i
temi del “decommissioning” (lo smantellamento delle vecchie centrali
nucleari dismesse) nonché quello dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi
prodotti da tali centrali (non si riesce neanche ad individuare e definire
un potenziale sito).
Nel prossimo futuro il nostro Paese dovrà necessariamente trovare le
risorse culturali per allentare la morsa di questa ragnatela, e questa
giornata di studio potrebbe fornire un’occasione di incontro e dibattito
tra esperti del settore per diffondere consapevolezza su queste molteplici
problematiche presso l’opinione pubblica. Ma, visto il vuoto decisionale
fino ad ora dimostrato in tale settore, sembra alquanto difficile, se non
improbabile, che ci si possa sganciare della situazione di pregiudizio (più
che condivisibile) dell’opinione pubblica e delle autorità locali per
le attività nucleari di tutti i tipi. |