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Sommario anno XIII numero 10 - ottobre 2004

 FILOSOFIA DELLA MENTE

Gli stati coscienti interni
(di Silvia Coletti)
Gli stati coscienti di cui noi facciamo quotidianamente esperienza si presentano a noi sotto varie forme: dolori, gioie, desideri, dubbi, preoccupazioni, riflessioni, ricordi, ecc. Pur essendoci queste varietà, Searle ne identifica in modo chiaro le caratteristiche comuni. Gli stati coscienti sono: interni, qualitativi e soggettivi.
Gli stati coscienti sono interni nel senso proprio dello spazio individuale, non solo come posizione che occupano all’interno del cervello, ma ancora di più nello Sfondo. Searle al riguardo riprende sia la metafora dell’acqua che quella del tavolo per sottolineare che, come la liquidità dell’acqua non può essere separata da quest’ultima e la solidità del tavolo dal tavolo stesso, così la coscienza non può sussistere separatamente dal mio cervello. Searle infatti afferma: “molti pensano che i processi cerebrali sono le cause e gli stati coscienti sono gli effetti, cadendo in un dualismo”. Se invece riprendiamo l’esempio del tavolo possiamo dire che la sua solidità è data, e lo abbiamo visto anche sopra, dal comportamento delle molecole di cui il tavolo è composto; questa solidità del tavolo è una caratteristica dello stesso, non un evento subordinato. Così è per i processi di livello inferiore del cervello che causano il mio stato di coscienza attuale; essi non sono separati dal mio cervello, ma sono una sua caratteristica. “Questa”, scrive Searle, “è una soluzione al problema mente-corpo: i processi del cervello causano la coscienza, ma la coscienza è una sua caratteristica. “Un’altra difficoltà che può sorgere è quella di non avere un’idea chiara di come i processi del cervello, che sono oggettivi e osservabili, possono causare stati di coscienza, che invece sono interiori, privati e non osservabili direttamente. La risposta secondo Searle, sta nel considerare “la coscienza come una proprietà emergente del cervello, poiché emerge da alcune attività neurali”. La proprietà emergente della coscienza è data causalmente proprio dal comportamento degli elementi del sistema cervello, come abbiamo analizzato nella prima parte per la formazione degli stati mentali nella relazione fra micro e macro livelli. Con questa affermazione Searle cerca di collocare la coscienza all’interno di una realtà prettamente scientifico-sociale e non più metafisica, dove la maggior parte degli studiosi dai saperi diversi ancora la colloca. In questo modo Searle solidifica di conseguenza le basi della sua scelta al realismo e dà una realtà certa non solo alla mente, che causa la coscienza attraverso i processi del cervello, ma anche alla coscienza stessa. La relazione tra coscienza e cervello consiste infatti in questo: la coscienza è un fenomeno biologico e i processi che la causano sono anch’essi biologici; “questi processi a loro volta sono causati da processi neuronali di livello inferiore nel cervello. La coscienza consiste quindi in processi di livello superiore realizzati nella struttura del cervello”. Essa ha una collocazione empiricamente oggettiva, ossia si trova nel cervello come struttura e nel sociale come funzione e risultato dello Sfondo ed è ontologicamente soggettiva, in quanto caratteristica personale a livello di grado di consapevolezza delle esperienze intenzionali che ognuno vive a partire dal proprio Sfondo.

 FILOSOFIA DELLA MENTE

Sommario anno XIII numero 10 - ottobre 2004