Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004

 VISTO DA...

Chiacchiere e pace
(Claudio Comandini) - Così come le truppe militari sono inviate insieme agli aiuti umanitari, che poi vengono fatti oggetto di azioni belliche, i politici parlano di pace ma favoriscono la guerra, la quale prende il posto di una politica altrimenti assente. In fondo lo stesso Bush dichiara di volere, a modo suo, la pace, e in Italia anche numerosi esponenti della sinistra per definizione “pacifista” riescono a far mancare il “no” alle votazioni del Senato del 18 febbraio 2004 sul Ddl 2700, che era decisivo per un eventuale e tempestivo ritiro delle truppe italiane dalla trappola irachena, ed i cui effetti non svaniscono con lo scorrere del tempo e con l’avvicendarsi delle notizie.
Se nella ex culla della civiltà si è installato un conflitto permanente del quale non si sanno vedere soluzioni, ci sono precise responsabilità decisionali, che non solo non è inopportuno ricordare, ma che è anche un dovere di democrazia segnalare, laddove un Popper ricordava che la democrazia si esercita nel “controllare” i poteri. E siccome di questi tempi (dove la telecrazia di Berlusconi presidente ha le sue immense responsabilità, pur riducendosi essa stessa ad una pedina fra le tante) la normalità è utopia, l’assurdo è quotidiano e l’abuso è legge, qui potrà solo segnalarsi, onde permettere ad ognuno di trarre le sue conclusioni, dove reperire in rete la lista completa delle votazioni sul Ddl 2700, redatta dalla Rete Lilliput: http://italy.indymedia.org/news/2004/04/535140.php.
Ora, le contraddizioni sembrerebbero enormi e forse irrisolvibili, dove oltre al confusionarismo politico-comunicativo, anche attività come il volontariato a beneficio degli immigrati o le missioni di pace, indubbiamente meritorie nelle loro circostanziate applicazioni, non soltanto non sono e non vogliono essere risolutive, ma non possono neanche prescindere dalle guerre, alimentate dai nostri stessi consumi, i quali inevitabilmente ci rendono complici di affari e disastri: e per affrontare questo nodo servirebbe davvero qualcosa chiamata politica. Ma soprattutto occorre la capacità di sottrarsi al superficiale schematismo di dividere la realtà in due parti, e credere che una sia “buona” e l’altra “cattiva”: a questo riguardo non credo possa più essere sottovalutato che nell’esperienza contemporanea sembra esistere una diffusa e singolare specularità fra “guerra” e “pace”, sulla quale può aiutarci a riflettere una questione formulata dallo scrittore ebreo Israel Shamir, già volontario dell’esercito israeliano e ora sostenitore della causa palestinese: sotto il punto di vista sociale e finanziario, provocare e alimentare guerre lontane, oppure assecondare i flussi migratori indiscriminati, per quanto siano azioni considerate una di “destra” e l’altra di “sinistra”, sono nettamente convergenti in quel processo distruttivo diretto verso i contesti culturali ed economici autonomi (le “minoranze”)  deciso dai poteri attualmente a capo della globalizzazione: poteri che esprimono l’egemonia degli interessi delle multinazionali alla ricerca di materie prime e mano d’opera a basso costo (I. Shamir, Carri armati e ulivi della Palestina, p. 163-4). Dice ancora Shamir: “la destra e la sinistra dovrebbero unirsi contro questo nulla che minaccia la nostra esistenza.” Ma forse la “politica” è ormai esautorata delle sue funzioni pubbliche, e sembra che non serva proprio a niente: né a prendere coscienza di quello che succede, né a stabilire le corrette responsabilità, né a individuare una possibile azione correttiva. Tanto vale che facesse a meno anche delle chiacchiere, giusto per non fare troppe figuracce.

 VISTO DA...

Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004