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Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 6

frascati
Il “Premio Botte” e Antonio Seccareccia
(Claudio Comandini) - Un gruppo di amici scrittori di diverse origini e tendenze, riunitisi come ricorda Giorgio Caproni “per puro e disinteressato amore della poesia”, mentre passeggiano dopo cena per le vie di Frascati, decidono di fondare - per la precisione all’altezza del bar degli Specchi - un premio letterario.
Siamo negli anni dei primi lanci spaziali, della ripresa economica italiana, dell’apertura del Vaticano alla modernità, e vengono pubblicati Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, le poesie di La bufera ed altro di Montale, i Canti dell’infermità di Rebora, Il passaggio di Enea di Caproni. Nell’estate del 1958, in occasione del premio “Chianciano Opera Prima”, poi vinto da Tommaso Landolfi, si incontrano i poeti romani Elio Filippo Accrocca (che sta pubblicando la raccolta dai toni realisti e civili Ritorno a Portonaccio), Ugo Reale (che ha appena pubblicato I ritorni e Una piccola storia, dove la disposizione intimista si accompagna ad una sonora visività) e Antonio Seccareccia, nato a Galluccio (Caserta) ma residente a Frascati, il cui libro Viaggio nel Sud, dopo essere stato finalista anche a Viareggio, viene insignito da Giacomo De Benedetti del premio “Lerici”. Poi, al tempo della vendemmia, si vedono a Frascati per una pizza da Cocchi, in uno stabile ancora semidistrutto dalla guerra presso Piazza dei Merli, Seccareccia, Accrocca e lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia (che pubblica in quegli anni Le parrocchie di Regalpietra e Gli zii di Sicilia). Il direttore del mensile “Il Tuscolo” Guido Toffanello va meditando un “poetico incontro” in cantina, fra botti, bigonci e boccali di terracotta, che viene realizzato pressappoco nei giorni che serrano insieme l’autunno e l’inverno, ed è pronto il vino novello.
Nel refettorio delle scuole comunali “Marco Tullio Cicerone”, oltre a Toffanello, Seccareccia, Reale e Caproni, che lascia viva testimonianza della serata sulla “Fiera letteraria” del gennaio ’59, ufficializzando l’ideazione del premio, ci sono Aldo Accattatis, poeta disperso, Alberto Bevilacqua, che avrebbe dato alle stampe il suo primo romanzo, Una città in amore, nel ’62, l’amministratore della “Fiera Letteraria” Vincenzo Preparata e suo cognato Evaristo Dandini, storico tuscolano. E poi Lamberto Santilli, di cui l’epigrafe sulla casa natale in piazza Casini, Frascati, recita “che nei suoi versi cantò la vittoria dell’uomo sul tempo, lo spazio e la forma”: meno pomposamente, le poesie della coeva silloge Spazio cercano nella natura una risposta alla crisi dei valori; Massimo Grillandi, poeta lirico e dialettale, in seguito autore di biografie di personaggi storici; Franco Simongini, critico d’arte e a lungo curatore di rubriche televisive; inoltre il capitano dei Carabinieri Ruggero Santini, per il tributo a Bacco Memmo Tonelli, Mario Barucca e Franco Vittore, e a dirigere le cucine il bidello della scuola media statale “Nazario Sauro”, Pio Filipponi, spiritosissimo poeta in dialetto frascatano.
Nel ’59 la giuria della prima edizione del “Premio Botte”, svolto ancora in forma semiconviviale (il premio è una botte di vino) nel parco comunale di Villa Torlonia, presso l’impianto “suono-luce-acqua” della fontana del Maderno (poi irrimediabilmente danneggiato dall’incuria), è formata da Accrocca, Bevilacqua - che si aggiudica la vittoria con Omaggio in versi al vino italiano, Caproni - che ha appena pubblicato Il seme del piangere,  e poi Grillandi, Reale, Santilli, Simogini, e Seccareccia, - che coordinerà il premio fino alla sua morte nel ‘97.
Sempre nel ‘97 esce l’edizione definitiva del suo secondo libro di poesie La memoria ferita, pubblicato a quasi trent’anni dal primo. Seccareccia, già contadino, maresciallo dei Carabinieri e libraio, di sé aveva detto, presentando Viaggio nel Sud: “dopo aver letto molto, nei momenti di libertà scrivo qualcosa, ma non lo faccio per professione”.
Caproni nell’introduzione mise in evidenza “l’estrema semplicità e pulizia che nei suoi versi sanno rappresentare, con pungenti toni diaristici, la vita, aderendo schiettamente a sentimenti e casi offertisi di prima mano”. Nelle poesie de La memoria ferita (di cui alcune sono dedicate ad amici poeti come Debenedetti, Accrocca, Gatto) c’è minore convenzionalità e prevale una più matura attenzione stilistica alla parola, concepita in sostanziale accordo con una metafisica di impostazione cristiana, come “mistero antico e nuovo/ d’un pensiero che si fa suono e vive/ appena lo spazio di un attimo” (Parola). Il passaggio terreno di cui la parola è testimonianza sconta una “lacerazione mai sanata con se stessi e la storia” (Introduzione) che si esprime con il lirismo nostalgico e colloquiale di una poesia dai contenuti modesti e dai toni umili, capace solo a tratti di un suggestivo incalzare di immagini e ritmi: come in Cielo perduto di ragazzo:

(…) non c’era nulla dietro le colline
dove passavano i treni notturni: la ragazza
straniera dagli occhi verdi, l’amore
eterno, e il grande fiume d’acqua
sognato per la nostra terra riarsa.
C’erano solo altre strade e colline, e valli,
fino al mare ancora ignoto ai miei occhi,
sotto un cielo più vasto.

Ad Antonio Seccareccia verrà prima intitolata una sezione del premio, e successivamente l’intera e rinnovata manifestazione.
Ma al di là delle “celebrazioni”, c’è qualcosa di importante, che merita di essere ricordato,  in una testimonianza lasciata da Seccareccia in una intervista (Ritratto di A. S., “Reporter”, giugno ‘92): la poesia è anche nel “tenersi a distanza” dagli inganni della banalità quotidiana e da “quella distrazione collettiva, consumata nel desiderio di possedere cose inutili, che avvilisce nella parte superficiale del vivere”.


grottaferrata
Bibliobar, la nuova biblioteca comunale
(Daniele.paolucci@tin.it) - Ho scoperto un nuovo e fantastico luogo d’incontro per giovani studenti. Luogo d’incontro inteso come un posto nel nostro paese dove andare ad incontrare gli amici, fare due chiacchiere, bere un thè caldo, un caffè o una bibita; tenere sottocchio la persona da corteggiare, mostrare l’ultimo paio di scarpe comprato o l’ultimo taglio di capelli; oppure dove andare anche a studiare un po’ quando a casa è troppo rumoroso… insomma un luogo dove uno studente moderno può passare la sua giornata nel migliore dei modi: la BIBLIOTECA COMUNALE!!
Si perché oggi, la biblioteca, è diventata questo. Sono sicuro che non era intenzione del Comune creare una cosa del genere, nessuno di loro pensava che la nuova biblioteca venissse poi interpretata e utilizzata dai giovani in questo modo. Dico utilizzata dai giovani, perchè in realtà, come è logico che sia, sono solo loro che la utilizzano in questa maniera. Diciamo che al massimo fino ai trent’anni ci si può ancora inserire nella “comitiva”. Grazie a Dio, ho visto persone adulte considerare la biblioteca ancora alla vecchia maniera!!
Quelle rarissime volte che ho bazzicato la biblioteca comunale di Grottaferrata quando ancora si trovava sulla via principale del paese, Corso del Popolo, ricordo che essa mi appariva, ma in effetti lo era, come una topaia… con annessi “topi di biblioteca”. In quei tempi i “topi di biblioteca” erano persone ben specifiche e ben riconoscibili. Innanzitutto il comportamento del giovane studente non differiva da quello dell’adulto ricercatore/studioso. Sembra assurdo, ma il giovane andava in biblioteca solo per il reale motivo di studiare sui quei libri che a casa non aveva; o per trovare la concentrazione, la comodità e quell’atmosfera che non riusciva a trovare da nessun’altra parte. Infine, avevano la classica parvenza del “secchione”. Il secchione è sempre stato il tipo di persona interressato solo allo studio. Al secchione non è mai interessata la “moda”,  quindi anche quando andava in biblioteca, si presentava con addosso le prime cose che trovava nell’armadio: mi ricordo ragazze con le mollette in testa, senza trucco e i maglioni di lana fatti in casa dalle mamme (…o da loro stesse!).
Oggi i ragazzi che vanno in biblioteca, arrivano con l’ultima macchina di tendenza o lo scooter, ed entrano nelle sale come se stessero a Palazzo Pitti per fare una sfilata di moda…
Succede così che quelli che provano a studiare, o fanno finta di leggere, vengono continuamente distratti dalla propria curiosità di osservare lo “stile” del nuovo arrivato. Se poi il nuovo arrivato è uno della “comitiva”, allora prima di sedersi fa il giro dei tavoli per salutare i suoi amici con schioccanti baci sulle guance: e anche quelli disturbano. Ma disturba anche il continuo alzarsi per rispondere al telefonino, che grazie a Dio gli è stata precedentemente disattivata la suoneria, oppure per andare al distributore automatico per prendersi un caffè o qualche altra bibita.
Ma le giornate ideali per andare in biblioteca sono quelle calde e assolate, quelle che permettono di passare tutto il tempo sul terrazzo seduti sui muretti a parlare, fumare e bere qualcosa, e poi, sono giornate che consentono di non togliersi mai gli occhiali da sole! Una volta ho visto una ragazza seduta a un tavolo a leggere con un paio di occhiali da sole molto fashion…
Quel giorno, ho deciso di uscire subito dalla biblioteca e sono andato in un vero bar a prendermi un vero caffè. Il caffè lo accompagnavo con la lettura del Messagero. Sfogliando, vengo attratto da un articolo di una certa Micaela Urbano che riportava il resoconto di una ricerca svolta da MTV sui giovani italiani: “L’identikit dei ragazzi di oggi, tracciato dalla ricerca di Mtv, appare sbiadito. Giovani italiani, brava gente, impaurita, annoiata, indifferente, spesso e volentieri ignorante. Figlia del consumismo spicciolo della tv delle veline e dei reality. Fra i 15 e i 34 anni, l’importante non è essere, ma avere. Possedere. Riuscire a mettere le mani su quel giubbotto, quel jaens, quelle scarpe, quel cellulare, tutti rigorosamente di marca e quindi di tendenza. Guai a distinguersi. Studiare? Uno spreco di energie: in qualche modo interrogazioni e esami si «sfangano». Leggere? «Le idee degli altri ci spolverano», è la risposta. La rivoluzione? Non contestano, telefonano: in tasca non portano molotov ma il cellulare. Hanno paura dei momenti morti, farciscono lo stomaco di snacks, il cervello di musica, bighellonano nei negozi, stazionano davanti alla tv. L’era di internet? Serve per scaricare musica.
Il merito di tanta apatia? Sicuramente della televisione. Quella tv che un tempo insegnava a leggere e a scrivere a oltre un milione di analfabeti e che con i grandi sceneggiati raccontava la letteratura. Quella tv che invece oggi lancia nuovi modelli di riferimento: non più Manzoni o Bacchelli ma Incantesimo, quiz e reality”.
Dopo aver finito il caffè, con “l’amaro in bocca”, me ne tornavo a casa pensando ai giovani e alle famiglie di oggi. E allora che faccio? Prendo a sfogliare il libro “Pura Vita” di Andrea De Carlo e, guarda caso, la pagina che mi si presenta davanti parla dei figli e dice: “Bé, la maggior parte delle famiglie italiane di oggi stanno lì tutto il tempo ad assecondare ogni loro minimo desiderio, cercare di anticiparlo ogni volta che possono. Gli fanno da servi e gli fanno da sudditi, non importa quali siano le conseguenze. Lasciano che si comportino nei modi più rozzi e volgari e privi di intelligenza. Se qualcuno glielo fa notare dicono «Che ci vuoi fare? Sono i ragazzi di oggi». Questi sono i genitori e i figli che vedo in giro. Davanti a qualsiasi scuola o bar o in qualsiasi strada. I padri e le madri sciatti e vili, e le bamboccione e i bamboccioni narcisi e ottusi e aggressivi e regressivi che sanno solo preoccuparsi solo di sé stessi e non hanno la minima curiosità o interesse per nient’altro al mondo. Ci sono forze colossali che lavorano a favore della loro stupidità, e riescono a ottenere risultati fantastici. I produttori di patatine e scooter e wurstel e surgelati e magliette e scarpe e occhiali firmati e musica industriale e bibite e gelati e stereo e gel per capelli e qualunque altro oggetto o sostanza inutile venga buttata sul mercato. L’unica cosa che chiedono ai ragazzi è di mangiare e bere e indossare e guidare e ascoltare e sorridere. Ma gliela chiedono con molta insistenza, e le famiglie sono sempre pronte a dare una mano, pur di non avere problemi”. Ho chiuso subito il libro. Dopo tutto questo, non mi rimaneva altro che scrivere quest’articolo e chiedervi di aiutarmi a diventare come voi! Figli e genitori. 


dalla provincia
Nuovi sportelli per il lavoro
(Simone Proietti) - Grazie ai fondi Obiettivo 3, sono 21 i nuovi sportelli di supporto per chi cerca lavoro dislocati sul territorio provinciale. Tra i diversi comuni interessati dall’iniziativa anche Frascati, Genzano, Valmontone, Tivoli. Obiettivo principale dell’Amministrazione provinciale è di ramificare e potenziare le strutture di servizi per il lavoro, assicurando organi di assistenza e consulenza nei diversi settori del territorio della Provincia di Roma.
I servizi previsti sono di informazione, orientamento, inserimento in impresa, assistenza alle categorie deboli, sostegno per l’avvio di nuove imprese.

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