frascati
Il “Premio
Botte” e Antonio Seccareccia
(Claudio Comandini) - Un gruppo di amici scrittori di
diverse origini e tendenze, riunitisi come ricorda Giorgio Caproni “per
puro e disinteressato amore della poesia”, mentre passeggiano dopo cena
per le vie di Frascati, decidono di fondare - per la precisione
all’altezza del bar degli Specchi - un premio letterario.
Siamo negli anni dei primi lanci spaziali, della ripresa economica
italiana, dell’apertura del Vaticano alla modernità, e vengono
pubblicati Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, le poesie di La bufera ed
altro di Montale, i Canti dell’infermità di Rebora, Il passaggio di
Enea di Caproni. Nell’estate del 1958, in occasione del premio
“Chianciano Opera Prima”, poi vinto da Tommaso Landolfi, si incontrano
i poeti romani Elio Filippo Accrocca (che sta pubblicando la raccolta dai
toni realisti e civili Ritorno a Portonaccio), Ugo Reale (che ha appena
pubblicato I ritorni e Una piccola storia, dove la disposizione intimista
si accompagna ad una sonora visività) e Antonio Seccareccia, nato a
Galluccio (Caserta) ma residente a Frascati, il cui libro Viaggio nel Sud,
dopo essere stato finalista anche a Viareggio, viene insignito da Giacomo
De Benedetti del premio “Lerici”. Poi, al tempo della vendemmia, si
vedono a Frascati per una pizza da Cocchi, in uno stabile ancora
semidistrutto dalla guerra presso Piazza dei Merli, Seccareccia, Accrocca
e lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia (che pubblica in quegli anni Le
parrocchie di Regalpietra e Gli zii di Sicilia). Il direttore del mensile
“Il Tuscolo” Guido Toffanello va meditando un “poetico incontro”
in cantina, fra botti, bigonci e boccali di terracotta, che viene
realizzato pressappoco nei giorni che serrano insieme l’autunno e
l’inverno, ed è pronto il vino novello.
Nel refettorio delle scuole comunali “Marco Tullio Cicerone”, oltre a
Toffanello, Seccareccia, Reale e Caproni, che lascia viva testimonianza
della serata sulla “Fiera letteraria” del gennaio ’59,
ufficializzando l’ideazione del premio, ci sono Aldo Accattatis, poeta
disperso, Alberto Bevilacqua, che avrebbe dato alle stampe il suo primo
romanzo, Una città in amore, nel ’62, l’amministratore della “Fiera
Letteraria” Vincenzo Preparata e suo cognato Evaristo Dandini, storico
tuscolano. E poi Lamberto Santilli, di cui l’epigrafe sulla casa natale
in piazza Casini, Frascati, recita “che nei suoi versi cantò la
vittoria dell’uomo sul tempo, lo spazio e la forma”: meno
pomposamente, le poesie della coeva silloge Spazio cercano nella natura
una risposta alla crisi dei valori; Massimo Grillandi, poeta lirico e
dialettale, in seguito autore di biografie di personaggi storici; Franco
Simongini, critico d’arte e a lungo curatore di rubriche televisive;
inoltre il capitano dei Carabinieri Ruggero Santini, per il tributo a
Bacco Memmo Tonelli, Mario Barucca e Franco Vittore, e a dirigere le
cucine il bidello della scuola media statale “Nazario Sauro”, Pio
Filipponi, spiritosissimo poeta in dialetto frascatano.
Nel ’59 la giuria della prima edizione del “Premio Botte”, svolto
ancora in forma semiconviviale (il premio è una botte di vino) nel parco
comunale di Villa Torlonia, presso l’impianto “suono-luce-acqua”
della fontana del Maderno (poi irrimediabilmente danneggiato
dall’incuria), è formata da Accrocca, Bevilacqua - che si aggiudica la
vittoria con Omaggio in versi al vino italiano, Caproni - che ha appena
pubblicato Il seme del piangere, e
poi Grillandi, Reale, Santilli, Simogini, e Seccareccia, - che coordinerà
il premio fino alla sua morte nel ‘97.
Sempre nel ‘97 esce l’edizione definitiva del suo secondo libro di
poesie La memoria ferita, pubblicato a quasi trent’anni dal primo.
Seccareccia, già contadino, maresciallo dei Carabinieri e libraio, di sé
aveva detto, presentando Viaggio nel Sud: “dopo aver letto molto, nei
momenti di libertà scrivo qualcosa, ma non lo faccio per professione”.
Caproni nell’introduzione mise in evidenza “l’estrema semplicità e
pulizia che nei suoi versi sanno rappresentare, con pungenti toni
diaristici, la vita, aderendo schiettamente a sentimenti e casi offertisi
di prima mano”. Nelle poesie de La memoria ferita (di cui alcune sono
dedicate ad amici poeti come Debenedetti, Accrocca, Gatto) c’è minore
convenzionalità e prevale una più matura attenzione stilistica alla
parola, concepita in sostanziale accordo con una metafisica di
impostazione cristiana, come “mistero antico e nuovo/ d’un pensiero
che si fa suono e vive/ appena lo spazio di un attimo” (Parola). Il
passaggio terreno di cui la parola è testimonianza sconta una
“lacerazione mai sanata con se stessi e la storia” (Introduzione) che
si esprime con il lirismo nostalgico e colloquiale di una poesia dai
contenuti modesti e dai toni umili, capace solo a tratti di un suggestivo
incalzare di immagini e ritmi: come in Cielo perduto di ragazzo:
(…) non c’era nulla dietro le colline
dove passavano i treni notturni: la ragazza
straniera dagli occhi verdi, l’amore
eterno, e il grande fiume d’acqua
sognato per la nostra terra riarsa.
C’erano solo altre strade e colline, e valli,
fino al mare ancora ignoto ai miei occhi,
sotto un cielo più vasto.
Ad Antonio Seccareccia verrà prima intitolata una sezione del premio, e
successivamente l’intera e rinnovata manifestazione.
Ma al di là delle “celebrazioni”, c’è qualcosa di importante, che
merita di essere ricordato, in
una testimonianza lasciata da Seccareccia in una intervista (Ritratto di
A. S., “Reporter”, giugno ‘92): la poesia è anche nel “tenersi a
distanza” dagli inganni della banalità quotidiana e da “quella
distrazione collettiva, consumata nel desiderio di possedere cose inutili,
che avvilisce nella parte superficiale del vivere”.
grottaferrata
Bibliobar, la
nuova biblioteca comunale
(Daniele.paolucci@tin.it) - Ho scoperto un nuovo e
fantastico luogo d’incontro per giovani studenti. Luogo d’incontro
inteso come un posto nel nostro paese dove andare ad incontrare gli amici,
fare due chiacchiere, bere un thè caldo, un caffè o una bibita; tenere
sottocchio la persona da corteggiare, mostrare l’ultimo paio di scarpe
comprato o l’ultimo taglio di capelli; oppure dove andare anche a
studiare un po’ quando a casa è troppo rumoroso… insomma un luogo
dove uno studente moderno può passare la sua giornata nel migliore dei
modi: la BIBLIOTECA COMUNALE!!
Si perché oggi, la biblioteca, è diventata questo. Sono sicuro che non
era intenzione del Comune creare una cosa del genere, nessuno di loro
pensava che la nuova biblioteca venissse poi interpretata e utilizzata dai
giovani in questo modo. Dico utilizzata dai giovani, perchè in realtà,
come è logico che sia, sono solo loro che la utilizzano in questa
maniera. Diciamo che al massimo fino ai trent’anni ci si può ancora
inserire nella “comitiva”. Grazie a Dio, ho visto persone adulte
considerare la biblioteca ancora alla vecchia maniera!!
Quelle rarissime volte che ho bazzicato la biblioteca comunale di
Grottaferrata quando ancora si trovava sulla via principale del paese,
Corso del Popolo, ricordo che essa mi appariva, ma in effetti lo era, come
una topaia… con annessi “topi di biblioteca”. In quei tempi i
“topi di biblioteca” erano persone ben specifiche e ben riconoscibili.
Innanzitutto il comportamento del giovane studente non differiva da quello
dell’adulto ricercatore/studioso. Sembra assurdo, ma il giovane andava
in biblioteca solo per il reale motivo di studiare sui quei libri che a
casa non aveva; o per trovare la concentrazione, la comodità e
quell’atmosfera che non riusciva a trovare da nessun’altra parte.
Infine, avevano la classica parvenza del “secchione”. Il secchione è
sempre stato il tipo di persona interressato solo allo studio. Al
secchione non è mai interessata la “moda”,
quindi anche quando andava in biblioteca, si presentava con addosso
le prime cose che trovava nell’armadio: mi ricordo ragazze con le
mollette in testa, senza trucco e i maglioni di lana fatti in casa dalle
mamme (…o da loro stesse!).
Oggi i ragazzi che vanno in biblioteca, arrivano con l’ultima macchina
di tendenza o lo scooter, ed entrano nelle sale come se stessero a Palazzo
Pitti per fare una sfilata di moda…
Succede così che quelli che provano a studiare, o fanno finta di leggere,
vengono continuamente distratti dalla propria curiosità di osservare lo
“stile” del nuovo arrivato. Se poi il nuovo arrivato è uno della
“comitiva”, allora prima di sedersi fa il giro dei tavoli per salutare
i suoi amici con schioccanti baci sulle guance: e anche quelli disturbano.
Ma disturba anche il continuo alzarsi per rispondere al telefonino, che
grazie a Dio gli è stata precedentemente disattivata la suoneria, oppure
per andare al distributore automatico per prendersi un caffè o qualche
altra bibita.
Ma le giornate ideali per andare in biblioteca sono quelle calde e
assolate, quelle che permettono di passare tutto il tempo sul terrazzo
seduti sui muretti a parlare, fumare e bere qualcosa, e poi, sono giornate
che consentono di non togliersi mai gli occhiali da sole! Una volta ho
visto una ragazza seduta a un tavolo a leggere con un paio di occhiali da
sole molto fashion…
Quel giorno, ho deciso di uscire subito dalla biblioteca e sono andato in
un vero bar a prendermi un vero caffè. Il caffè lo accompagnavo con la
lettura del Messagero. Sfogliando, vengo attratto da un articolo di una
certa Micaela Urbano che riportava il resoconto di una ricerca svolta da
MTV sui giovani italiani: “L’identikit dei ragazzi di oggi, tracciato
dalla ricerca di Mtv, appare sbiadito. Giovani italiani, brava gente,
impaurita, annoiata, indifferente, spesso e volentieri ignorante. Figlia
del consumismo spicciolo della tv delle veline e dei reality. Fra i 15 e i
34 anni, l’importante non è essere, ma avere. Possedere. Riuscire a
mettere le mani su quel giubbotto, quel jaens, quelle scarpe, quel
cellulare, tutti rigorosamente di marca e quindi di tendenza. Guai a
distinguersi. Studiare? Uno spreco di energie: in qualche modo
interrogazioni e esami si «sfangano». Leggere? «Le idee degli altri ci
spolverano», è la risposta. La rivoluzione? Non contestano, telefonano:
in tasca non portano molotov ma il cellulare. Hanno paura dei momenti
morti, farciscono lo stomaco di snacks, il cervello di musica,
bighellonano nei negozi, stazionano davanti alla tv. L’era di internet?
Serve per scaricare musica.
Il merito di tanta apatia? Sicuramente della televisione. Quella tv che un
tempo insegnava a leggere e a scrivere a oltre un milione di analfabeti e
che con i grandi sceneggiati raccontava la letteratura. Quella tv che
invece oggi lancia nuovi modelli di riferimento: non più Manzoni o
Bacchelli ma Incantesimo, quiz e reality”.
Dopo aver finito il caffè, con “l’amaro in bocca”, me ne tornavo a
casa pensando ai giovani e alle famiglie di oggi. E allora che faccio?
Prendo a sfogliare il libro “Pura Vita” di Andrea De Carlo e, guarda
caso, la pagina che mi si presenta davanti parla dei figli e dice: “Bé,
la maggior parte delle famiglie italiane di oggi stanno lì tutto il tempo
ad assecondare ogni loro minimo desiderio, cercare di anticiparlo ogni
volta che possono. Gli fanno da servi e gli fanno da sudditi, non importa
quali siano le conseguenze. Lasciano che si comportino nei modi più rozzi
e volgari e privi di intelligenza. Se qualcuno glielo fa notare dicono «Che
ci vuoi fare? Sono i ragazzi di oggi». Questi sono i genitori e i figli
che vedo in giro. Davanti a qualsiasi scuola o bar o in qualsiasi strada.
I padri e le madri sciatti e vili, e le bamboccione e i bamboccioni
narcisi e ottusi e aggressivi e regressivi che sanno solo preoccuparsi
solo di sé stessi e non hanno la minima curiosità o interesse per
nient’altro al mondo. Ci sono forze colossali che lavorano a favore
della loro stupidità, e riescono a ottenere risultati fantastici. I
produttori di patatine e scooter e wurstel e surgelati e magliette e
scarpe e occhiali firmati e musica industriale e bibite e gelati e stereo
e gel per capelli e qualunque altro oggetto o sostanza inutile venga
buttata sul mercato. L’unica cosa che chiedono ai ragazzi è di mangiare
e bere e indossare e guidare e ascoltare e sorridere. Ma gliela chiedono
con molta insistenza, e le famiglie sono sempre pronte a dare una mano,
pur di non avere problemi”. Ho chiuso subito il libro. Dopo tutto
questo, non mi rimaneva altro che scrivere quest’articolo e chiedervi di
aiutarmi a diventare come voi! Figli e genitori.
dalla
provincia
Nuovi sportelli
per il lavoro
(Simone Proietti) - Grazie ai fondi Obiettivo 3, sono 21 i
nuovi sportelli di supporto per chi cerca lavoro dislocati sul territorio
provinciale. Tra i diversi comuni interessati dall’iniziativa anche
Frascati, Genzano, Valmontone, Tivoli. Obiettivo principale
dell’Amministrazione provinciale è di ramificare e potenziare le
strutture di servizi per il lavoro, assicurando organi di assistenza e
consulenza nei diversi settori del territorio della Provincia di Roma.
I servizi previsti sono di informazione, orientamento, inserimento in
impresa, assistenza alle categorie deboli, sostegno per l’avvio di nuove
imprese. |