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Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004

 LE GRANDI IDEE DELLA SCIENZA

Bruno de Finetti: così è, se vi pare - 4
“...ecco in sua vece al nostro fianco una creatura viva, la scienza che il nostro pensiero liberamente crea”
(di Luca Nicotra)
Le critiche della scuola soggettivista  (continuazione)
Simone de LaplaceSecondo l’impostazione soggettivista di de Finetti, il valore assegnato alla probabilità di un evento è il rapporto tra la “posta” di chi valuta la probabilità e la somma delle “poste” dei due scommettitori. Così, per esempio, se Giovanni è disposto a scommettere 3 contro 1 che il cavallo Destriero vincerà la prossima corsa, significa che il suo avversario è invece disposto a scommettere 1 contro 3 che quel cavallo vincerà: la probabilità che Giovanni attribuisce alla vittoria di Destriero, quindi, è per lui, ¾, vale a dire il 75%, mentre per il suo avversario è ¼, pari al 25%. In altri termini la scuola soggettivista di de Finetti e Ramsey, provocatoriamente, assegna alla probabilità di un evento il valore numerico pari “alla massima somma di denaro che un soggetto razionale è disposto a scommettere a fronte di una vincita lorda unitaria”. La “posta” impegnata nella definizione di de Finetti può essere determinata in svariati modi (simulazioni al computer, calcoli scientifici, calcoli combinatori, frequenza relativa, valutazioni puramente intuitive, rapporto casi favorevoli/casi possibili, eccetera), ma sempre in maniera “equa e coerente con le informazioni” possedute dal soggetto che valuta la probabilità. La definizione soggettivista di probabilità, dunque, non rigetta le precedenti definizioni, ma le recupera sottraendole all’errata pretesa di oggettivismo, per utilizzarle più ragionevolmente e realisticamente in ottica soggettivista, come scelte non necessarie, bensì ritenute utili da chi deve dare un valore alla probabilità, in base alle “sue” informazioni o al “suo” intuito. Il soggettivismo in essa presente non è pertanto “arbitrarietà”, come a volte è frainteso da alcuni, ma l’espressione dell’opinione del soggetto che valuta la probabilità, coerente con le informazioni, di qualunque tipo, di cui egli dispone sull’evento, comprendendo fra esse anche la conoscenza di diverse valutazioni della probabilità dell’evento espresse da altri soggetti o, perfino, la mancanza di qualunque informazione. Le tecniche di calcolo messe a punto dal de Finetti sono tali da consentire di ricavare, in maniera coerente con le premesse, il valore della probabilità e pertanto sono oggettive, pur essendo le premesse stesse soggettive, in accordo con l’osservazione, precedentemente data in queste pagine, sulla sostanziale differenza fra il calcolo delle probabilità, cha ha valore oggettivo, e i metodi per la definizione di probabilità, che possono variare. La definizione di probabilità dello Zingarelli  “La misura in cui si giudica che un avvenimento sia realizzabile o probabile”, che a prima vista può sembrare poco scientifica, contiene, invece, proprio i tre elementi essenziali che caratterizzano la definizione più generale di probabilità data dal de Finetti: misura, giudizio e realizzabilità. 
La definizione del matematico italiano ha il pregio innegabile di fornire “sempre” un valore alla probabilità, anche nei casi in cui l’evento non è ripetibile, non è mai accaduto o le informazioni disponibili sono molto scarse o inesistenti. Inoltre, è notevole constatare che esistono casi in cui alcuni eventi sono composti di altri ai quali, in base alle precedenti definizioni, non sarebbe possibile assegnare alcun valore di probabilità e che, d’altra parte, la probabilità di tali eventi complessi risulta poco influenzata dalle probabilità assegnate agli eventi componenti. Di conseguenza, non ha molto senso discutere sulla “attendibilità” dei valori di probabilità assegnati agli eventi elementari, mentre è essenziale prendere l’iniziativa di assegnare in qualche modo tali valori. L’approccio soggettivista consente di sbloccare brillantemente tali situazioni, applicando il calcolo delle probabilità laddove sarebbe impossibile con le altre definizioni di probabilità. Bruno de Finetti applicò le sue vedute probabilistiche anche in psicologia, a molti aspetti dell’istinto, del subconscio e dell’intuizione, ai quali riconobbe sempre un ruolo decisivo nel processo della scoperta matematica. Una curiosità: egli pose in evidenza, per esempio, la manifestazione di un certo senso della probabilità da parte dei cinghiali quando, inseguiti dai cacciatori, cercano di trovare una via di scampo.
Il soggettivismo di de Finetti è frutto essenzialmente di quell’assenza di rigidezza mentale, che è cosa ben diversa dal rigore, che ha sempre contraddistinto il suo pensiero, caratterizzando il matematico italiano come acerrimo e autorevole nemico di ogni forma stereotipata di schemi mentali. Nel passato, pur essendo ben lontano da un approccio soggettivista, già il grande matematico francese Simone de Laplace nel 1814, nel suo Essai philosophique des probabilités, aveva espresso idee tutt’altro che rigide sulla probabilità: “In fondo la teoria delle probabilità è soltanto senso comune espresso in numeri”. Il “senso comune”, si sa, non è qualcosa di determinato secondo rigide leggi, ma è soprattutto “opinione” ragionevole. Tale affermazione, dunque, già allora apriva una strada in fondo alla quale non è difficile scorgere la visione soggettivista della probabilità.
La probabilità, con Bruno de Finetti, ritorna alle sue origini, delle scommesse e della concezione spontaneamente soggettiva dell’uomo della strada. È il frutto del suo effettivo “realismo” (ben diverso dal presunto realismo degli oggettivisti della probabilità!), della sua disarmante onestà e semplicità scientifica, che rigetta sdegnosamente i falsi idoli, da chiunque vengano creati: “Sul piano accademico alligna in genere la civetteria di voler separare e collocare su uno sgabello più onorifico o certe speciali cose o certi linguaggi più pomposi per trattare di comuni cose, in modo da riservare a ciò che si colloca sullo sgabello, e negare a ciò che si lascia sul pavimento, la qualifica di scienza. Molti dei criteri di separazione adottati a questo scopo e delle discussioni cui conducono hanno indubbiamente valore e interesse da qualche punto di vista, ...ma ogni erezione di una qualunque siffatta distinzione a criterio di discriminazione accademica costituisce una mutilazione suicida: si uccide la scienza che è vita cui nulla è precluso, collocando al suo posto un feticcio imbalsamato e gonfio di cattedratica boria”. 1
I bari di CaravaggioE ancora: “La probabilità: chi è costei? Prima di rispondere a tale domanda è certamente opportuno chiedersi: ma davvero ‘esiste’ la probabilità? e cosa mai sarebbe? Io risponderei di no, che non esiste. Qualcuno, cui diedi questa risposta (ribadita, col motto in tutte maiuscole - PROBABILITY DOES NOT EXIST- nella prefazione all’inglese di Teoria delle probabilità [1970]), mi chiese ironicamente perché mai, allora, me ne occupo.
Mah! Potrei anche dire, viceversa e senza contraddizione, che la probabilità regna ovunque, che è, o almeno dovrebbe essere, la nostra ‘guida nel pensare e nell’agire’, e che perciò mi interessa. Soltanto, mi sembra improprio, e perciò mi urta, vederla concretizzata in un sostantivo, ‘probabilità’, mentre riterrei meglio accettabile e più appropriato che si usasse soltanto l’aggettivo, ‘probabile’, o, meglio ancora, soltanto l’avverbio, ‘probabilmente’.
Dire che la probabilità di una certa asserzione vale 40 per cento appare - purtroppo! - come espressione concreta di una verità apodittica. Non pretendo né desidero che tale modo di esprimersi vada bandito, ma certo è che l’asserzione apparirebbe assai più appropriatamente formulata se la si ammorbidisse dicendo, invece, che quel fatto lo si giudica ‘probabile al 40 per cento’, o, meglio ancora ( a parte che suona male ) , che ci si attende ‘ al 40 per cento- probabilmente’ che sia o che risulti vero. 2 ”
Il valore della Scienza
“Certo, non si potrà ammettere il determinismo; non si potrà ammettere l’esistenza, in quel famoso preteso regno di tenebre e di mistero, di leggi immutabili e necessarie che regolano l’universo, e non si potrà ammettere che ciò sia vero per il semplice motivo che, al lume della nostra logica, ciò è privo di un significato qualsiasi. La scienza, intesa come scopritrice di verità assolute, rimane dunque, e naturalmente, disoccupata per mancanza di verità assolute. Se cade infranto il freddo idolo marmoreo di una scienza perfetta, eterna e universale, che noi potremmo cercare soltanto di sempre meglio conoscere, ecco in sua vece al nostro fianco una creatura viva, la scienza che il nostro pensiero liberamente crea. Creatura viva: carne della nostra carne, frutto del nostro tormento, compagna nella lotta e guida alla conquista.”3 
Chi dei matematici ha l’idea di uomini freddi e calcolatori, rimarrà disorientato leggendo queste appassionate parole che il giovane de Finetti scrisse, appena ventitreenne, nel suo primo lavoro sulla teoria soggettiva delle probabilità, pubblicato nel 1930 nella collana di testi filosofici curata da Antonio Aliotta con il titolo “Probabilismo, saggio critico sulla teoria delle probabilità e sul valore della scienza”. I veri matematici hanno in sé lo spirito profondo della più grande arte del pensiero e non sono dissimili dagli artisti, anzi, come diceva il grande matematico tedesco Karl Weierstrass, “un matematico che non è anche un poeta non è un buon matematico”. E non è un caso che Bruno de Finetti amasse molto la poesia e il teatro!
Le vedute soggettiviste del matematico italiano, nate nell’ambito della Teoria delle Probabilità, si estendono quindi anche alla cosiddetta “oggettività” della ricerca scientifica. Il suo soggettivismo si colloca non come drastico rifiuto, bensì come realistico correttivo di un’arbitraria convinzione riguardo alla pretesa “oggettività” della scienza, secondo la quale essa sarebbe un attributo intrinseco alle cose, mentre, invece, altro non è che la condivisione, fra più esseri razionali, delle medesime informazioni, la coincidenza di soggettività, ossia un’ “intersoggettività”. “Il guaio è che il realismo (come accuratamente osservò Jeffreys) ha il vantaggio che il linguaggio è stato creato da realisti, e per di più da realisti molto ‘primitivi’, ed è perciò che noi abbiamo larghissime possibilità di descrivere le proprietà attribuite agli oggetti, ma scarsissime di descrivere quelle direttamente conosciute come sensazioni. Da ciò la mania (che forse per altri è invece indizio di saggezza, serietà, accuratezza) di assolutizzare, di concretizzare, di oggettivare perfino quelle che sono soltanto proprietà dei nostri atteggiamenti soggettivi. Non  altrimenti si spiegherebbe lo sforzo di fare della Probabilità qualcosa di nobler than it is (sempre parole di Jeffreys), nascondendone la natura soggettiva e gabellandola per oggettiva.” (Op. cit. nota 2). La visione soggettivista, dunque, è in aperto contrasto con il rigido determinismo in auge ai tempi del Circolo di Vienna e induce a rivedere il valore generalmente attribuito alle teorie scientifiche, secondo quanto dal de Finetti stesso espresso: “È illusorio attribuire a una teoria o a una legge un significato apodittico, ma tuttavia esiste chiaramente un significato pragmatico in quanto essa induce ad attendere che certi fatti si svolgano nel modo che noi riteniamo conforme all’idea che di tale teoria o legge ci siamo fatti. La formulazione di una teoria, di una legge, è un anello - in certa misura infido perché metafisico ma tuttavia spesso necessario come tentativo di sintesi semplificativa di cose complesse – del processo mentale per cui passiamo dall’osservazione di fatti passati alla previsione di fatti futuri. In definitiva è solo dei fatti, dei singoli fatti, che ha senso parlare. E’ ai fatti, che (se sono futuri, e se comunque ne ignoriamo l’esito) possiamo attribuire una probabilità”.    (Fine della quarta puntata)
Note:
 1 B. de Finetti “Un matematico e l’economia” , Franco Angeli, Milano 1969 p. 94
 2 Dalla voce probabilità scritta da B. de Finetti per l’Enciclopedia Einaudi.
 3 B. de Finetti “Probabilismo, saggio critico sulla teoria delle probabilità e sul valore della scienza », Libreria Editrice Francesco Perrella S.A. 1930

 LE GRANDI IDEE DELLA SCIENZA

Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004