Una legge a tutela dei
vini passiti
(Luca Ceccarelli) - L’Italia è
il paese europeo in cui più vasta è la produzione di vini passiti, anche
con caratteristiche di una relativa uniformità di distribuzione sulla
penisola: dalla Valle d’Aosta al Veneto, dalla Toscana alle Marche,
dalla Puglia alla Sicilia. La tavola rotonda tenutasi il 27 ottobre del
2004 nei locali di Palazzo Marini in Piazza San Claudio a Roma, promossa
dall’associazione nazionale Città del vino e dal Centro
nazionale dei vini passiti, dedicata a I vini passiti italiani e la
riforma della 164 del ’92, è stata l’occasione per fare il punto
sulle ipotesi di sostegno legislativo a questa particolare varietà
vinicola. Alla presenza degli inviati di numerose testate giornalistiche,
hanno discusso dell’argomento, moderati dal giornalista Andrea Gabrielli,
Massimo Ferretti, sindaco di Montalcino, dove si produce il Moscatello,
uno dei più noti e apprezzati passiti d’Italia, e parlamentari
sostenitori delle proposte di legge volte alla tutela e valorizzazione dei
vini passiti come Claudio Franci e Gabriella Pistone dei Comunisti
Italiani, Mauro Chianale, che oltre che deputato del gruppo DS è stato
anche per quindici anni sindaco di Caluso, nel Canavese, dove si produce
il famoso Passito Erbaluce, l’onorevole Oliviero Diliberto, e il
senatore del gruppo autonomista valdostano Augusto Rollandin.
Ma cos’è, precisamente, un vino passito? Come recita l’ipotesi di
testo legislativo attualmente in discussione alla Camera dei deputati,
deve intendersi per “vino passito” un vino «ottenuto da uve
sottoposte ad appassimento naturale, sulla pianta o dopo la raccolta,
all’aperto o in idonei locali». L’appassimento dell’uva può essere
ottenuto mediante uno o più procedimenti, anche «con l’ausilio di
speciali attrezzature». Ciò su cui la legge non transige, tuttavia, è
l’eventuale addizione di sostanze nel corso della vinificazione.
Leggiamo infatti: «Nella produzione dei vini passiti non è consentita
l’aggiunta di alcol o di altre bevande spiritose né il ricorso ad
alcuna pratica di arricchimento del titolo alcolometrico naturale delle
uve prima o dopo l’appassimento». Ciò per evitare che dei vini
semplicemente liquorosi vengano spacciati come passiti, attuando una frode
a danno del consumatore. Un altro principio elementare a tal riguardo, che
vale la pena ribadire, è che la categoria di vini passiti non
coincide con quella di vini dolci. Determinante è l’uva
attraverso cui è avvenuta la vinificazione: non solo esistono, infatti,
dei vini dolci che non sono passiti, ma esistono altresì dei vini passiti
che sono da considerarsi vini tranquilli, come per esempio l’Amarone
della Valpolicella, o lo Sfurzat della Valtellina.
Le proposte di legge presentate sono cinque, provenienti da tutto l’arco
parlamentare (da Sgobio dei Comunisti Italiani, da Vascon della Lega, da
Kessler dei DS, da Collè delle Minoranze Linguistiche e dal senatore
Rollandin, degli Autonomisti valdostani) e sono state già unificate a
Montecitorio in un’unica ipotesi di testo. La speranza dei suoi fautori,
come ha spiegato l’onorevole Gabriella Pistone, è di pervenire
all’unanimità già in commissione, cosa che permetterebbe di evitare la
discussione in aula, e accelererebbe l’iter parlamentare, permettendo di
approvarla entro il 2005, e di integrarla nel testo della legge 164 del
’92, che disciplina la produzione vinicola. Il nuovo testo di legge,
oltre a voler dare al consumatore la possibilità di sapere con chiarezza
a quale tipologia appartenga il vino che sta acquistando, e al produttore
la possibilità di etichettare il suo vino nel modo più corretto, al fine
di evitare confusioni e forme di concorrenza sleale, si propone di
distinguere sulle etichette i vini passiti naturali, ottenuti senza
aggiunta di alcol o altre sostanze, i vini passiti liquorosi, in
cui è stato aggiunto alcol o sono state effettuate altre pratiche di
arricchimento, purché previste da un sistema normativo di tradizione
consolidata, e infine il vin santo, passito non liquoroso
riconosciuto come Doc o Docg, e tra i Vini di qualità prodotti in regioni
determinate (Vqprd), nel caso specifico specialmente la Toscana, ma anche
diverse zone dell’Italia del Nord Est, secondo le categoria fissate
dalla legge 164. |