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Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004

 COSTUME

Una legge a tutela dei vini passiti
(Luca Ceccarelli) - L’Italia è il paese europeo in cui più vasta è la produzione di vini passiti, anche con caratteristiche di una relativa uniformità di distribuzione sulla penisola: dalla Valle d’Aosta al Veneto, dalla Toscana alle Marche, dalla Puglia alla Sicilia. La tavola rotonda tenutasi il 27 ottobre del 2004 nei locali di Palazzo Marini in Piazza San Claudio a Roma, promossa dall’associazione nazionale Città del vino e dal Centro nazionale dei vini passiti, dedicata a I vini passiti italiani e la riforma della 164 del ’92, è stata l’occasione per fare il punto sulle ipotesi di sostegno legislativo a questa particolare varietà vinicola. Alla presenza degli inviati di numerose testate giornalistiche, hanno discusso dell’argomento, moderati dal giornalista Andrea Gabrielli, Massimo Ferretti, sindaco di Montalcino, dove si produce il Moscatello, uno dei più noti e apprezzati passiti d’Italia, e parlamentari sostenitori delle proposte di legge volte alla tutela e valorizzazione dei vini passiti come Claudio Franci e Gabriella Pistone dei Comunisti Italiani, Mauro Chianale, che oltre che deputato del gruppo DS è stato anche per quindici anni sindaco di Caluso, nel Canavese, dove si produce il famoso Passito Erbaluce, l’onorevole Oliviero Diliberto, e il senatore del gruppo autonomista valdostano Augusto Rollandin.
Ma cos’è, precisamente, un vino passito? Come recita l’ipotesi di testo legislativo attualmente in discussione alla Camera dei deputati, deve intendersi per “vino passito” un vino «ottenuto da uve sottoposte ad appassimento naturale, sulla pianta o dopo la raccolta, all’aperto o in idonei locali». L’appassimento dell’uva può essere ottenuto mediante uno o più procedimenti, anche «con l’ausilio di speciali attrezzature». Ciò su cui la legge non transige, tuttavia, è l’eventuale addizione di sostanze nel corso della vinificazione. Leggiamo infatti: «Nella produzione dei vini passiti non è consentita l’aggiunta di alcol o di altre bevande spiritose né il ricorso ad alcuna pratica di arricchimento del titolo alcolometrico naturale delle uve prima o dopo l’appassimento». Ciò per evitare che dei vini semplicemente liquorosi vengano spacciati come passiti, attuando una frode a danno del consumatore. Un altro principio elementare a tal riguardo, che vale la pena ribadire, è che la categoria di vini passiti non coincide con quella di vini dolci. Determinante è l’uva attraverso cui è avvenuta la vinificazione: non solo esistono, infatti, dei vini dolci che non sono passiti, ma esistono altresì dei vini passiti che sono da considerarsi vini tranquilli, come per esempio l’Amarone della Valpolicella, o lo Sfurzat della Valtellina.
Le proposte di legge presentate sono cinque, provenienti da tutto l’arco parlamentare (da Sgobio dei Comunisti Italiani, da Vascon della Lega, da Kessler dei DS, da Collè delle Minoranze Linguistiche e dal senatore Rollandin, degli Autonomisti valdostani) e sono state già unificate a Montecitorio in un’unica ipotesi di testo. La speranza dei suoi fautori, come ha spiegato l’onorevole Gabriella Pistone, è di pervenire all’unanimità già in commissione, cosa che permetterebbe di evitare la discussione in aula, e accelererebbe l’iter parlamentare, permettendo di approvarla entro il 2005, e di integrarla nel testo della legge 164 del ’92, che disciplina la produzione vinicola. Il nuovo testo di legge, oltre a voler dare al consumatore la possibilità di sapere con chiarezza a quale tipologia appartenga il vino che sta acquistando, e al produttore la possibilità di etichettare il suo vino nel modo più corretto, al fine di evitare confusioni e forme di concorrenza sleale, si propone di distinguere sulle etichette i vini passiti naturali, ottenuti senza aggiunta di alcol o altre sostanze, i vini passiti liquorosi, in cui è stato aggiunto alcol o sono state effettuate altre pratiche di arricchimento, purché previste da un sistema normativo di tradizione consolidata, e infine il vin santo, passito non liquoroso riconosciuto come Doc o Docg, e tra i Vini di qualità prodotti in regioni determinate (Vqprd), nel caso specifico specialmente la Toscana, ma anche diverse zone dell’Italia del Nord Est, secondo le categoria fissate dalla  legge 164.

 COSTUME

Sommario anno XIII numero 11 - novembre 2004