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Sommario anno XIII numero 12 - dicembre 2004

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11 settembre 2001
(Dario Fo, Franca Rame e Jacopo Fo) - In America è il giorno dell’Apocalisse. I terroristi islamici si impadroniscono di tre aerei e li scagliano, uno contro il Pentagono, e gli altri contro le due Torri gemelle di New York. Il mondo rimane senza fiato.
Osama Bin Laden è il capo e gran profeta dei terroristi; la sua famiglia, grandi magnati del petrolio, è intima amica di Bush senior.
Giacché i Ban Laden, in quella atmosfera di caccia ai potentati musulmani, si trovano in grave rischio, George W. mette a disposizione il suo aereo personale per trasportare i petrolieri e i rispettivi familiari in Arabia Saudita.
Bush promette che catturerà i responsabili della strage: il capo dei terroristi è in Afghanistan, non gli resta che andarlo a prendere. La spedizione dell’esercito americano è assistita dai signori della guerra dell’Afghanistan e del Pakistan, che, per inciso producono papaveri ed eroina in quantità tale da coprire da soli quasi il fabbisogno mondiale del mercato della droga.
I monti impervi della zona vengono bombardati notte e giorno, quindi si passa all’attacco sul terreno. Bin Laden, è certo, è in qualcuna di quelle grotte o caverne che traforano tutta la catena nascondiglio, territorio del gran califfo del terrore.
Come dice una antica canzone.
È qua, è su, è giù, è là nel bosco,
s’è intruppato in miniera,
lo si cerca di giorno e di sera;
ogni talebano si snida
e poi gli si spara.
Ma lui non c’è.
L’hanno visto, ‘sta bestia nera,
andarsene tra quelle valli cavalcando una moto Gilera...

- Beh, se non sarà qui sarà là, sarà da quel tiranno di Saddam: andiamo a occupare l’Iraq!
- D’accordo, ma con che pretesto?
- Scherziamo? Sono il presidente degli Stati Uniti e ho bisogno di un pretesto per attaccare un despota criminale, che oltretutto ha la spocchia di gestire uno dei più grandi giacimenti di petrolio del mondo?
- No, ma un po’ di forma ci vuole, almeno per la Storia...
- Beh, lo attacchiamo per prevenzione perché c’è pericolo che lui ci aggredisca.
- Non basta. Con cosa ci attacca il tiranno?
- Con cannoni e carri armati!
- Troppo poco, non basta.
- Con gas nervino e con l’atomica!
- Questo sì, questo basta. Ma bisogna dimostrare che il bastardo possiede armi di distruzione di massa.
- Mandiamo un squadra di scienziati in perlustrazione.
- Non  possiamo mandarne una nostra, dobbiamo farne mandare una dall’ONU.
 Detto fatto partono i ricercatori di fabbriche segrete di gas e ordigni atomici dell’ONU. Ma guarda tu la scarogna, non trovano che vecchi razzi e missili di gittata minima.
- Sei sicuro che siano di bassa gittata?
- Sicurissimo, sono Cruiser Buster, glieli abbiamo venduti noi al tempo della guerra contro l’Iran.
- Maledizione! Attacchiamoli lo stesso. Le armi segrete le troveremo strada facendo!
Etc. etc. etc.
Quest’uomo, che definire corto di intelletto è un gran complimento, ordina bombardamenti a tappeto con la stessa facilità con la quale fa errori di sintassi e di logica parlando. Quest’uomo è diventato nuovamente presidente Usa e questa volta con una maggioranza berlusconiana alla Camera e al Senato. Il presidente più votato della storia! Saranno quattro anni di sangue, possiamo starne certi.
A questo punto c’è da chiedersi cosa si possa pensare.
Perché qualche cosa dobbiamo pensare per evitare un suicidio di massa.
Michael Moore ha pubblicato sul suo sito “17 motivi per non tagliarsi le vene”.
In testa il fatto che l’88% dei bianchi abbia votato Bush mentre l’80% dei neri ha votato Kerry. La buona notizia è che i bianchi fanno pochi figli e fra 50 anni non saranno più la maggioranza della popolazione.
E in fondo anche il fatto che si vietino i matrimoni gay non è completamente negativo: si risparmia di fare un mucchio di regali.
Ma al di là delle boutade, c’è qualche cosa che possiamo dire per lenire l’angoscia?
Viene in mente la storiella del prete cattolico che incontra il rabbino. Entrambi sono in visita al campo di concentramento di Dachau. Attoniti per l’orrore che si è consumato in quel luogo cercano di trovare un senso.
Il prete dice: “Anche di fronte a tutto questo male dobbiamo meditare sull’estrema bontà di Dio. A volte Dio ci mette alla prova facendoci vivere le situazioni più dolorose. Ma non ci abbandona mai. Non smette mai di parlare alla nostra anima, di darci prova del suo amore”.
E il rabbino: “No, chi come me ha avuto la famiglia sterminata non può credere che Dio sia sempre buono. Dio a volte è terribile. Guarda la nostra storia, quello che ha permesso che ci facessero. L’unica consolazione è che il dolore che Dio ci infligge non è mai fine a se stesso. Porta sempre al risultato di scrollare l’umanità, di farla avanzare più in fretta, di costringerla ad affrontare i suoi limiti e trovare nuove soluzioni. L’unica cosa che possiamo fare contemplando il dolore è capire che, alla fine, i disastri peggiori faranno nascere il nuovo e il meglio.”
Il motivo per evitare di suicidarsi è la curiosità di stare a vedere come Bush potrà portare anche qualche cosa di buono. Magari fanno papa padre Alex Zanotelli.
Che ne sai. Non si può mai dire cosa possano combinare tutti quei nuovi cardinali neri, sud americani e asiatici, nominati da quel santo polacco di Woityla.
Così avremmo l’Imperatore repubblicano e il papa democratico. Proprio come accadeva ogni tanto nel medioevo. Se invece il prossimo papa sarà Bonifacio VIII dovremo iniziare a rivedere alcune idee su Dio.
(Fonte: Il Cacao della domenica)

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