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Sommario anno XIII numero 12 - dicembre 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 4

frascati
Riccardo Agrusti e il “Di Vin Viaggio”
(Eliana Rossi) - “Di Vin Viaggio - Nel vino dei poeti” opera scritta da Riccardo Nazario Agrusti, è stata presentata sabato 30 ottobre, presso le Scuderie Aldobrandini di Frascati. Il progetto è stato ideato e realizzato dall’Associazione culturale “I Fiori del Bene” e si propone al pubblico come un itinerario storico-letterario degli autori più significativi, da Omero a Dante, sino a Goldoni e a Goethe, in cui il vino rappresenta il simbolo della storia della cultura occidentale. “Di Vin Viaggio” è stata indicata una delle quattro sezioni inserite nel progetto più ampio denominato “Tra Ville e Vendemmie”, realizzato dal Comune di Frascati - Assessorato al Turismo e alle Attività Produttive - che in collaborazione con la Regione Lazio, l’Istituto Regionale Ville Tuscolane e alcune Associazioni Culturali, si è svolto nel mese di ottobre, durante il quale alla recitazione di versi si è alternata la degustazione di prodotti eno-gastronomici. I momenti salienti di questa manifestazione, diffusa sul territorio, sono stati pubblicati, appunto, nel libro “Di Vin Viaggio”. Lo scrittore Riccardo Agrusti ha introdotto questo percorso, attraverso le composizioni sul vino, partendo dai Greci, da Omero, dal libro IX dell’Odissea, spiegando come l’astuto Ulisse sia riuscito a liberare i suoi compagni dall’antropofago Polifemo, grazie al vino, che lo fa sprofondare in un sonno pesante, dando, così, l’opportunità all’Itacese di accecarlo con un tronco d’olivo. “Polifemo è la forza attuale - spiega Agrusti - il gigante o i giganti della nostra società con cui l’uomo deve combattere; la vendetta di Ulisse è anche espressione di convivio e di gioia. Anche nei poemi omerici il vino ha un valore sacrale, come si desume dalla sua presenza sia nelle libagioni che in contesti funerari. In Anacreonte, nato a Teo, bere è un piacere. Egli è il poeta dell’amore, ammirato per i suoi versi sin dall’antichità assieme a Saffo. Si narra che ad Atene sull’Acropoli, gli venisse eretta una statua, che lo rappresentava come uno che canta nell’atto di bere. In Euripide nelle “Baccanti”, Penteo re di Tebe, si rifiuta di introdurre nella città il culto di Dioniso al quale sua madre Agave era un’adepta e viene da questa ucciso. Dioniso è il dio del vino - continua lo scrittore - e l’opera di Euripide è incentrata sul rifiuto opposto al dio e sulla conseguente punizione. Il motivo del vino che lenisce gli affanni, acquieta il dolore, porta l’oblio, che è rimedio contro la vecchiaia, non sembra da solo sufficiente a bilanciare la portata di uno scontro tra potere divino e potere umano”. Dalla Grecia si passa alla Roma del I secolo a.C.. Una città violenta, avida di sangue, lussuriosa, che non ricorda la fede dei Papi e vi arriva Gaio Valerio Catullo. “E sono cenacolo, lettere, poeti e poetastri - prosegue Riccardo Agrusti - amici, feste. S’avverte nei versi del poeta dei “Carmi” la sensualità del piacere, quel lasciarsi andare al libero godimento dei sensi. Catullo ci lascerà una tra le testimonianze più belle della poesia, il ritratto di una donna, in questo caso Postumia, eletta a regina del convivio, presentata con un tono amicale. Catullo è il poeta che ama non contraccambiato Lesbia, colei che in tribunale Cicerone chiama meretrice, ma per l’uomo la donna resta la fanciulla “amata quanto non amerò nessuna”; in tal modo alla gelosia si accompagna il desiderio di riaverla.” Ai tempi di Augusto, l’imperatore ricercava nel suo regno la pace e Virgilio nelle “Georgiche”, esalta il lavoro duro degli uomini nel coltivare la vite e la semplicità della vita dei campi. “Amico di Virgilio e di Mecenate - chiarisce Agrusti - è Quinto Orazio Flacco, il poeta di Roma, perseguitato dalle maldicenze (figlio di un liberto, il padre si puliva il naso con il gomito come un salumiere), il quale osanna il vino come rifugio di una condizione umana che deve trovare un’armonia. Perché la poesia è splendida ricchezza. Ed è dolce il rischio di lasciarsi andare all’ebbrezza. Essa fa rinascere la fede e ridona forza al povero. Ovidio nelle “Metamorfosi” descrive il rapimento di Bacco fanciullo che si trova in un campo deserto dell’isola di Chio. I marinai lo vedono camminare con un’andatura incerta e semiaddormentato, dopo una violenta discussione lo trascinano sulla nave. Risvegliato da quelle grida il fanciullo, che era Bacco, il dio del vino, chiede di essere sbarcato a Nasso, ma i marinai mentono e durante la navigazione si manifesta la potenza e la maestosità del dio”. Introducendo Rabelais, Agresti spiega il significato della parola “panomfea”, la voce divina, l’oracolo per tutti, composta da “pan” (tutto, per tutti) e “omphé (oracolo, vaticinio). Nell’opera “Gargantua e Pantagruele”, quest’ultimo insieme a Panurgo devono giungere sull’isola dove è situato il tempio sotterraneo in cui si trova una fontana, la cui acqua ha il gusto del vino e un’altra con la Divina Bottiglia. L’iniziato è Panurgo e davanti alla fonte, dimentica la domanda, mi devo o no sposare? La risposta è però “trink” (bevete) questa è la panomfea della divina Bottiglia. Anche il vocabolo “comico”, deriva dal greco e significa “corteo bacchico”. Nel Gargantua il vino è meta d’avventure e compagno di viaggio. Gli otri di vino diventano per “Don Chisciotte”, il gigante nemico della signora principessa Miccomiccona; il modesto cavaliere Chisciana, diviene Don Chisciotte a furia di leggere libri sulla cavalleria e scambia la realtà con la fantasia. Il duello con gli otri di vino, avviene mentre l’oste con gli altri personaggi, in un ambiente vicino, stanno ascoltando dal curato la lettura della novella “L’indagatore indiscreto”, e quando il cavaliere parla di sangue del gigante sparso, l’oste grida che è vino sprecato. Si trova in Cervantes - spiega Agrusti - quasi un tentativo di falsificare la realtà, di cose che per esistere hanno bisogno della fantasia dell’uomo. Resta così, la percezione di un vino che disseta il nostro bisogno di verità. Negli autori del Barocco, Giovan Battista Marino e Gabriello Chiambrera, notiamo nel primo il suono che culla l’orecchio, meraviglia senza scandalo, la sua canzonetta è come un’ombra che sfiora la terra e non la disseta. In Chiambrera, scorre un ritmo vivace, prima sciolto, quasi una sorsata di vino”. Si passa poi alla triade Dante, Shakespeare e Goethe. Nel “Purgatorio”, Virgilio esorta Dante a parlare, dopo che gli ha appena spiegato perché le anime possano apparire magre, anche se non hanno bisogno di mangiare e chiede a Stazio di intervenire per risolvere i dubbi del suo compagno di viaggio. “Si noti il contrasto tra arte, intesa come manifestazione della creatività, e la ragione - prosegue Riccardo Agrusti - che per Dante è allineata con la fede. Nel “Falstaff” di Shakespeare, viene voglia di parlargli, perché ha il dono di vivere e di ridere. Ha il ventre enorme e agilità di spirito. È devoto al buon vino, ma non lascia mai che gli annebbi il cervello. In quanto a Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, lo scrittore tedesco apprezza non solo i paesaggi castellani, ma anche la buona tavola, annaffiata da ottimo vino. In Goldoni, nella “Locandiera”, il vino è usato come arma di seduzione e di innamoramento. Il Cavaliere Ripafratta disprezza le donne e, davanti ad un buon boccale dell’amabile bevanda, Mirandolina con la sua intelligenza e femminilità, riuscirà a conquistarlo, anche se successivamente sposerà Fabrizio, il cameriere della locanda, mentre il Cavaliere arderà di passione per la locandiera”. I versi degli autori citati, sono stati recitati sapientemente da Ilaria Tucci, Maria Luce Bianchi e Emanuele Scopigno. La scena della seduzione, tratta dalla “Locandiera” di Goldoni, è stata interpretata da Maria Luce Bianchi e Emanuele Scopino ed ha riscosso notevole successo tra il pubblico presente, che l’ha salutata con una calorosa ovazione.
 

san cesareo
Un altro premio per Marco Miglio
(Luca Marcantonio) - L’artista Marco Miglio è stato nuovamente premiato in seguito alla partecipazione ad un concorso nazionale di pittura. Il pittore sancesarese, che si è ormai affermato da tempo al di fuori dei confini regionali, ha infatti esposto una propria opera al Premio Internazionale San Crispino di Porto Sant’Elpidio, vedendosi assegnare un importante riconoscimento durante la cerimonia di premiazione, svoltasi nella suggestiva cornice di Villa Baruchello. L’importanza dell’evento, organizzato dal Centro d’Arte e Cultura “La tavolozza”, è testimoniata dall’alto patronato concesso dal Presidente della Repubblica, del Senato, del Consiglio dei Ministri e degli enti locali. Si tratta infatti di un premio molto noto in Italia e all’estero, cui hanno partecipato artisti di vari paesi, a rimarcare appunto il carattere di internazionalità di una manifestazione dal notevole impatto culturale. L’opera di Marco Miglio rappresentava un soggetto a lui particolarmente caro, un vaso di sterlizie, fiore molto spesso ritratto ed interpretato nelle sue tele, come se tramite la particolarissima anatomia di tale pianta l’artista volesse esplicitare un desiderio di rinascita e di fuoriuscita da un mondo che sente stretto, chiuso intorno a sé, e pertanto inadatto ad essere l’habitat naturale della grande forza intellettiva che rappresenta la caratteristica più evidente di quest’uomo.



marino
Omaggio ad Ungaretti
(Simone Proietti) - Il Comune di Marino ha voluto ricordare con la mostra “In viaggio con l’arte” il celebre poeta Giuseppe Ungaretti, vissuto nella cittadina castellana tra il 1927 ed il 1934. Dal 6 al 13 novembre, presso il Museo Civico “U.Mastroianni” sono state infatti esposte numerose opere pittoriche di giovani artisti, ispirate alla poetica del sommo poeta. Diversi anche i dibattiti e le partecipazioni di studiosi illustri, tra i quali il critico d’arte e giornalista Giuseppe Massimini ed il professore di Psicologia applicata Salvatore Schembri.   

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Sommario anno XIII numero 12 - dicembre 2004