L’abduzione:
un’inferenza logica
(Silvia Coletti) - Da un periodo scientifico in cui
di massima l’abduzione è stata discussa in termini strettamente logico-scientifici,
si è passati ad un periodo cognitivo in cui l’abduzione è invocata
in ambiti diversi che vanno dall’esplicazione di senso comune
all’intelligenza artificiale. Il primo periodo va dai primi agli ultimi
decenni del 1900, quando inizia il secondo periodo che tuttora prosegue.
Circa dal 1920 in poi, come è noto, nella filosofia della scienza si è
sviluppato un ampio dibattito sulla logica della scoperta e la logica
della giustificazione con punte di spiccato fervore intorno al 1950-1960.
Negli ultimi decenni del secolo, i lavori sull’abduzione hanno iniziato ad
abbandonare la disputa circa la scoperta e la giustificazione delle teorie
scientifiche, per rivolgersi agli ambiti dell’esplicazione di senso
comune, della percezione, dell’organizzazione concettuale,
dell’apprendimento del linguaggio, dell’intelligenza artificiale, pur
senza abbandonare, nei lavori più sensibili, il profilo logico
dell’inferenza abduttiva e la sua problematica. La presente tesi è che le
diverse forme di inferenza abduttiva possono ricondursi in generale a due
tipi: l’abduzione ordinaria e l’abduzione straordinaria. La
prima vale per tutte le esplicazioni di senso comune e tutte le
esplicazioni in cui si utilizzano delle regole conosciute (cognitive o di
altro genere). In cui si tratta, genericamente, di inferire l’istanza
sconosciuta di un tipo conosciuto. La seconda, abduzione straordinaria,
vale per i casi che Peirce definisce ‘sorprendenti, per i quali
l’abduzione deve suggerire un’ipotesi assolutamente nuova giacché
le cognizioni possedute non permettono di spiegare quanto riscontrato.
L’inferenza è assai problematica poiché, come è evidente, si tratta di
inferire un’istanza sconosciuta di un tipo sconosciuto. L’unica garanzia
che simili inferenze conducano al vero è data dalla loro successiva
verifica, secondo l’ordine della metodologia peirceiana, che una volta
formulata e selezionata un’ipotesi ne prescrive la deduzione delle
conseguenze verificabili ed infine l’esame induttivo.
Resta che la sola abduzione non può garantire la verità delle sue
conclusioni, che sono da verificare per deduzione ed induzione. Peirce
oppone all’induzione empiristica un procedimento a- posteriori,
finalizzato alla formulazione di ipotesi esplicative: l’abduzione,
particolare tipo di induzione in cui le premesse sono solo probabili,
consente inferenze solo probabili. Tale procedimento è adatto ad indagare
una realtà che non rispetta il principio di non-contraddizione. Con questo
tipo di inferenza ipotetica, l’indagine conoscitiva estrapola dalla realtà
una realtà globale, ma non necessaria universalmente e in senso globale.
Nell’abduzione le premesse sono ipotetiche e sono scelte dall’osservatore
mediante aspetti prevalentemente strumentali e accettate come se
contenessero tutte le caratteristiche della realtà osservata. L’abduzione
consiste in un’inferenza in base alla quale, dato un fatto Q sorprendente,
cioè diverso dalle attese, si formula un’ipotesi P tale che, se fosse
vera, Q, sarebbe spiegato come un fatto normale. Appare chiaro che
l’abduzione è un metodo che mira all’individuazione, se non addirittura
all’invenzione, di nuove teorie. L’abduzione è il primo passo nel
procedimento scientifico, così come l’induzione è il passo conclusivo.
Abduzione e induzione, secondo Peirce sono ai poli opposti della ragione:
l’una il più inefficace, l’altra il più efficace degli argomenti.
L’abduzione parte dai fatti, senza, all’inizio, avere di mira una
particolare teoria, benché motivata dall’impressione che ci vuole una
teoria per spiegare i fatti sorprendenti. L’induzione parte da un’ipotesi
promettente, senza all’inizio, avere di mira fatti particolari, benché si
avverta la necessità di fatti per sostenere la teoria. L’abduzione cerca
una teoria. L’induzione cerca i fatti. Nella fase di scoperta i
procedimenti abduttivi s’intersecano con quelli induttivi. |