Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005

 VISTO DA...

Tv di svago o Tv spazzatura?
(Mariacristina Faraglia) - La televisione italiana pullula di programmi spazzatura: da fiction demenziali, a real tv, a programmi strappalacrime. Eppure, benché sia un dato di fatto, tale affermazione genera tra gli spettatori risentimento verso le critiche severe degli intellettuali. E, a difesa della propria libertà di scelta, il pubblico televisivo oppone un altro incontestabile dato di fatto: la maggioranza dei lavoratori italiani esce di casa al mattino presto e, dopo la fatica quotidiana nella lotta contro il traffico, giunge ad occupare la propria sedia in ufficio, per liberarla verso sera e conquistare stanca morta quella di casa. La televisione accompagna le ultime ore della giornata, o comunque quelle di relax, quando in famiglia si cerca di consumare un pasto in tranquillità e riposo. Non fatecene una colpa, dicono allora molti spettatori, se al film impegnato, per altro raro in tv, preferiamo la fiction di Rai Uno Un medico in famiglia o la prima serata di Maria De Filippi. A questo punto il vero intellettuale, che si interroga umilmente per comprendere i fenomeni della nostra società, incade in qualche lecito dubbio. È giusto biasimare chi nella televisione cerca solo svago e non cultura? O si dovrebbe invece diventare più malleabili, meno polemici, e  magari sorridere di fronte alle scelte non condivise dei telespettatori? La conclusione sembra seducente e potrebbe davvero ingannare. Uso il termine ingannare, e con esso  rivelo il vero scopo di questo articolo. Sono d’accordo col fatto che l’atteggiamento di critica severa del mondo culturale verso il pubblico medio (che guida la direzione del mercato televisivo) sia eccessivo, e che sia lecito cercare nella tv solo un po’ di distrazione. Ma bisogna distinguere. Voglio dire che esiste una netta differenza tra tv di svago e tv spazzatura. Osserviamo il fenomeno televisivo del Medico in famiglia. La fiction, giunta alla quarta edizione, nonostante la perdita di numerosi attori, non solo non ha perso spettatori, ma ne ha acquisiti di nuovi. Non appassiona solo adolescenti, ma intere famiglie che sorridono divertite e si commuovono di fronte alle avventure casalinghe della famiglia Martini. Che cosa ama il pubblico di questa riuscita serie televisiva? È ovvio che ne apprezza la semplicità, la possibilità di riconoscersi in un mondo un po’ idilliaco, ma molto vicino alla sua realtà quotidiana. Amore, amicizia, solitudine, rimpianto, solidarietà e competizione. Tutte le emozioni che caratterizzano la vita della gente sono presenti nel piccolo schermo in una sola puntata. E non c’è nulla di criptico, da leggere dietro le righe, da spogliare della sua veste simbolica. Ma è proprio questo aspetto dell’evidenza, punto forte della fiction, a costituire dal punto di vista di una persona, diciamo così, “culturalmente più esigente”, motivo di critica. Le vicende di casa Martini appaiono banali, scontate, e, paradossalmente, false. Qual è infatti una delle principali distinzioni tra un film d’autore e un qualsiasi film per la televisione? (Mi riferisco agli aspetti formali e non ai contenuti) È proprio la possibilità per lo spettatore di decifrare un codice espressivo che appare, nella sua maggiore complessità di immagini evocative e simboliche, stimolante della facoltà immaginativa. Un approccio che scandaglia profondamente le emozioni e gli aspetti della vita. È innegabile che tutto ciò non può essere presente nelle vicende di casa Martini. Bisogna però ammettere un punto fondamentale: una fiction come Un medico in famiglia offre, pur nei suoi moduli diretti e banali di comunicazione, dei valori basilari: l’importanza della famiglia, l’amore, il rispetto, l’altruismo. Pertanto definirei la fiction un programma  di intrattenimento, ma non un programma spazzatura, termine che invece si adatta certamente al famoso Uomini e donne di Maria de Filippi e a quanti altri programmi dello stesso genere. In questo caso, infatti, non si tratta più di divulgare valori in forme scontate e un po’ idilliache. Qui si tratta di demistificare, di ingannare, di restituire ad un pubblico non molto critico un’immagine falsa e demenziale della realtà. Il programma mostra personaggi (si tratta infatti di personaggi costruiti e non persone reali) che giudicano il mondo circostante in base a parametri superficiali, dove ciò che conta è innanzitutto l’aspetto esteriore e il denaro. Uomini e donne messi in ridicolo, che perdono rispettivamente femminilità e virilità tra frasi insulse, civetterie e situazioni da copione. Il dramma è che uno spettatore con scarsa capacità critica, (mi riferisco per lo più agli adolescenti) è portato a credere che quella sia l’immagine corretta della realtà. Non bisogna dimenticare che la televisione conserva un forte potere demagogico, per il solo fatto che chi ci guarda da dentro quella scatola è considerato un privilegiato. E allora non è difficile credere che l’attenzione al look debba essere l’occupazione principale delle nostre giornate, che le donne da imitare siano quelle belle e che la sensualità sia l’unica arma di conquista del mondo. Sia chiaro che ciò che critico non sono gli argomenti trattati, ma la tendenza a coglierne gli aspetti più bassi. La moda diviene, a livello sociale, fondamento dell’identità e della relazione con l’altro e, a livello professionale, competizione basata su insulti e denigrazioni dell’avversario. L’amore è una farsa fra due sconosciuti che recitano agli innamorati sedotti o ai Don Giovanni del ventunesimo secolo. La trasmissione si costruisce sul nulla. Ore a dibattere di questioni insulse, per di più con l’inciviltà di un’atmosfera caotica in cui ognuno offende l’altro. Contenuti volgari (e non mi riferisco all’accezione sessuale del termine), toni di voce da mercato. C’è chi ha definito Uomini e Donne un programma innovatore per la funzione partecipativa conferita al pubblico. Ma se il pubblico deve essere un tale esempio di incapacità comunicativa, se non sa dibattere in modo civile, confondendo lo scambio di idee con la sopraffazione verbale e l’offesa, è meglio che taccia.
È chiaro che questi moduli aggressivi di comunicazione non hanno che il fine di sedurre lo spettatore e portarlo l’indomani a sintonizzarsi sullo stesso canale. Allora è tutto un gioco, di cui non preoccuparsi? Direi di no, perché la televisione crea miti subdoli, spesso attraverso la semplice affezione a personaggi che ogni giorno possiamo ritrovare nel mezzo di comunicazione più diffuso, che sta a noi trasformare in strumento positivo o negativo di informazione e formazione dell’individuo.

 VISTO DA...

Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005