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Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005

 FILOSOFIA DELLA MENTE

La fisicità della coscienza
(Silvia Coletti) - Perché nel nostro tempo, che sembra segnato da una completa assenza di etica nell’ambito della vita quotidiana, gli intellettuali non affrontano in modo assiduo il tema della coscienza ? Forse perché, per dare un senso funzionale alla propria esistenza, è necessario conoscere e avere la possibilità di una applicazione corretta delle proprie capacità, attraverso la consapevolezza soggettiva. Questa possibilità è data in parte in modo intrinseco e in parte in modo evidente ed esperibile sul campo della realtà. Delle strutture e delle caratteristiche che regolano l’attività della coscienza, ne parla Edelman, immunologo e biochimico, nel testo Il presente ricordato (1991). Secondo Edelman “la coscienza” è un processo dipendente dalla particolare organizzazione di certi parti del cervello. È il risultato del confronto categoriale continuo del funzionamento di due tipi di organizzazione nervosa fra la memoria, come bisogno fisiologico e la percezione. È la relazione fra una parte neurale, che opera all’interno di parametri dati nel corso dello sviluppo e una parte percettivo-sensoriale, che opera in gran parte attraverso interazioni esterne col mondo. La coscienza è un processo personale, connesso al sé biologico; è continua, intenzionale e selettiva. Uno degli aspetti più interessanti della coscienza è la sua continuità. Grazie a questa facoltà la coscienza è in grado di porsi in relazione diretta con la realtà e di applicare i propri criteri come lo stato di vigilanza, il senso dell’orientamento, la consapevolezza di sé, il controllo della motivazione. Questo tipo di coordinamento, scrive Edelman, “avviene fra il cervelletto e la corteccia motoria. Entrambe consentono la registrazione, la connessione e la successione regolare dei movimenti”. Descrivere in questo modo la struttura e i procedimenti che svolge la coscienza, sottolinea Edelman, è evidenziare un aspetto altamente evolutivo della stessa, che sembra respingere la possibilità che la funzione della coscienza possa essere spiegata solo sulla base di rappresentazioni mentali, senza un riferimento alle sua struttura cerebrale. È importante evidenziare questo aspetto poiché  “un evento mentale è un evento fisico, non alla stregua dei processi cerebrali, ma a causa delle sue proprietà che non possono essere identiche a quelle dei componenti strutturali del cervello”. Inoltre, secondo Edelman, la maggior parte degli stati coscienti sono intenzionali, a differenza invece di quanto afferma Dennett riguardo agli stessi sistemi intenzionali. Dennett, filosofo determinista, sostiene infatti che “il concetto di sistema intenzionale logico- razionale costituito da credenze, desideri, intenzioni, ecc. è una nozione astratta dalla coscienza”. Egli afferma, in Consciousness Explained, che esistono delle credenze che costituiscono un sistema intenzionale di cui non siamo coscienti, non vi è perciò legame fra sistemi intenzionali e coscienza. A suo giudizio, l’unica assunzione sta nel dire che l’uomo, rispetto agli altri esseri viventi, ha la possibilità di scegliere di essere consapevole o no rispetto a quello che dice e che fa. Secondo studi recenti svolti in Arizona da Penrose e Hameroff, sembra che la coscienza abbia sede nel cervello. Premesso questo la riflessione è la seguente: noi crediamo di essere consapevoli o siamo logicamente consapevoli agendo nel mondo in cui siamo immersi?

 FILOSOFIA DELLA MENTE

Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005