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Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005

 COSTUME

Preti scomodi (3)
(Federico Gentili) - Nell’Italia del dopoguerra tra le conseguenze dell’esodo dalle campagne ci fu il declino dell’influenza della Chiesa. Il crollo delle vocazioni sacerdotali aveva reso il clero diocesano sempre più vecchio e incapace di capire i mutamenti che attraversavano la società di quei tempi. I valori piccolo-borghesi dell’Italia del miracolo economico venivano presi di mira dall’onda della contestazione che metteva sotto accusa anche le due ortodossie, cattolica e comunista, dominanti in Italia. Il fermento prodotto nella Chiesa dal pontificato di Giovanni XXIII si incontrò con la necessità di una maggiore giustizia sociale e con un ripensamento del ruolo dell’intellettuale e della cosiddetta cultura di classe. Lontanissimi erano percepiti infatti gli insegnamenti di una scuola ancora di stampo deamicisiano paludata e completamente estranea alle reali esigenze del mondo contadino e popolare. Fu in questo clima che nel 1967 don Lorenzo Milani (1923-1967), prete cattolico del dissenso, diede alle stampe un libro straordinario che in poco tempo divenne popolarissimo anche tra gli studenti del movimento. “Lettera a una professoressa” non è soltanto la radicale messa sotto accusa della tradizionale cultura scolastica, ma soprattutto un testo in cui gli stessi allievi di una scuola, quella di Barbiana di Vicchio nel Mugello, sperduto borgo rurale dove don Milani era stato esiliato dalle superiori gerarchie, documentavano le storture del sistema educativo nella moderna Italia e denunciavano il classismo della scuola, pensata per soddisfare solo i bisogni dei ceti più agiati. A Barbiana figli di pastori e di boscaioli impararono a leggere e a osservare criticamente le vicende del mondo e le ingiustizie sociali. I testi principali, oltre ai vangeli, erano i dialoghi socratici e Gandhi, e il motto programmatico, in antitesi al “Me ne frego” fascista, era “I care” (M’importa), riesumato recentemente per un congresso di partito. Don Milani morì prestissimo di leucemia. Poco prima di andarsene fece però in tempo a ricevere una denuncia e un processo per essersi apertamente schierato nel 1965 contro la guerra a favore dell’obiezione di coscienza, in polemica con un ordine del giorno dei cappellani militari. I suoi ultimi scritti vennero pubblicati con un bel titolo, “L’obbedienza non è più una virtù”.

 COSTUME

Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005