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Sommario anno XIV numero 3 - marzo 2005

 DAL MONDO

Preti scomodi (4)
(Federico Gentili) - Don Pino Puglisi venne assassinato dalla mafia il 15 settembre 1993, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, terzo nella lista dopo Falcone e Borsellino. Don Pino aveva capito che per combatttere la mafia bisognava prima di tutto estirpare la cultura mafiosa, riducendone il consenso sociale e svuotando quel serbatoio nella cui acqua galleggia la mentalità che la sostiene; per fare questo comprese che era necessario partire dal basso, dai bambini abbandonati e senza futuro che vivevano nel suo quartiere, Brancaccio. Facendoli giocare a pallone nella sua parrocchia, pensò che quei bambini avrebbero appreso il valore delle regole. Era nato lì, conosceva il contesto sociale, il linguaggio e i modi di pensare e a tutto quel degrado voleva contrapporre la forza dell’amore, dell’educazione e della speranza. Era un eroe vero, in quanto normalissimo, una persona comune che portava avanti le sue azioni senza le luci della ribalta. Luci che invece spettavano, e purtroppo spettano ancora, ai mafiosi, personaggi affascinanti in tanto cinema americano e in certe nostre zone quasi benefattori da cui dipende la sorte di intere comunità che, si sente spesso ripetere, non avrebbero il pane se non fosse per quei galantuomini. Don Puglisi rimase solo, privato di quell’indispensabile cordone di consenso sociale e per questo venne sommerso. Poco tempo fa è uscito nelle sale “Alla luce del sole” di Roberto Faenza, una pellicola per ricordarlo anche se, in definitiva, “quella morte se l’è cercata” come afferma un ragazzo nel film. Un aspetto che colpisce, o forse nemmeno più di tanto, è stato sapere dal regista delle numerose difficoltà nella realizzazione del suo progetto, a cominciare dalla Regione, per finire con il successore di don Puglisi che interpellato invita educatamente a tornare tra dieci anni. Un silenzio e un torni domani. La mafia non esiste e in ogni caso non se ne deve parlare. Intanto i boss che hanno ordinato l’uccisione di quel parroco sono vivi e arzilli, e con più contatti politici di prima. In un paese normale un film come questo di Faenza sarebbe stato una popolare fiction da prima serata. Che bello sarebbe stato se per una volta gli italiani avessero potuto ammirare le eroiche prodezze di un prete perdente contro la mafia, anzichè quelle più inflazionate di un avvocato di successo, di un simpatico brigadiere o di un’avvenente commessa. Un autorevole ministro della repubblica ha affermato tempo fa che il popolo italiano deve “convivere con la mafia”. Per quanto tempo ancora, aggiungiamo noi?

 DAL MONDO

Sommario anno XIV numero 3 - marzo 2005