Preti
scomodi (4)
(Federico Gentili) - Don Pino Puglisi venne assassinato
dalla mafia il 15 settembre 1993, il giorno del suo cinquantaseiesimo
compleanno, terzo nella lista dopo Falcone e Borsellino. Don Pino aveva
capito che per combatttere la mafia bisognava prima di tutto estirpare la
cultura mafiosa, riducendone il consenso sociale e svuotando quel
serbatoio nella cui acqua galleggia la mentalità che la sostiene; per
fare questo comprese che era necessario partire dal basso, dai bambini
abbandonati e senza futuro che vivevano nel suo quartiere, Brancaccio.
Facendoli giocare a pallone nella sua parrocchia, pensò che quei bambini
avrebbero appreso il valore delle regole. Era nato lì, conosceva il
contesto sociale, il linguaggio e i modi di pensare e a tutto quel degrado
voleva contrapporre la forza dell’amore, dell’educazione e della
speranza. Era un eroe vero, in quanto normalissimo, una persona comune che
portava avanti le sue azioni senza le luci della ribalta. Luci che invece
spettavano, e purtroppo spettano ancora, ai mafiosi, personaggi
affascinanti in tanto cinema americano e in certe nostre zone quasi
benefattori da cui dipende la sorte di intere comunità che, si sente
spesso ripetere, non avrebbero il pane se non fosse per quei galantuomini.
Don Puglisi rimase solo, privato di quell’indispensabile cordone di
consenso sociale e per questo venne sommerso. Poco tempo fa è uscito
nelle sale “Alla luce del sole” di Roberto Faenza, una pellicola per
ricordarlo anche se, in definitiva, “quella morte se l’è cercata”
come afferma un ragazzo nel film. Un aspetto che colpisce, o forse nemmeno
più di tanto, è stato sapere dal regista delle numerose difficoltà
nella realizzazione del suo progetto, a cominciare dalla Regione, per
finire con il successore di don Puglisi che interpellato invita
educatamente a tornare tra dieci anni. Un silenzio e un torni domani. La
mafia non esiste e in ogni caso non se ne deve parlare. Intanto i boss che
hanno ordinato l’uccisione di quel parroco sono vivi e arzilli, e con più
contatti politici di prima. In un paese normale un film come questo di
Faenza sarebbe stato una popolare fiction da prima serata. Che bello
sarebbe stato se per una volta gli italiani avessero potuto ammirare le
eroiche prodezze di un prete perdente contro la mafia, anzichè quelle più
inflazionate di un avvocato di successo, di un simpatico brigadiere o di
un’avvenente commessa. Un autorevole ministro della repubblica ha
affermato tempo fa che il popolo italiano deve “convivere con la
mafia”. Per quanto tempo ancora, aggiungiamo noi? |