Poco ambiente
nell’Italia di oggi
(Simone Proietti) - È questa la conclusione che si può
trarre dalle valutazioni inserite in uno studio redatto da un gruppo di
esperti ricercatori delle più prestigiose università americane. L’indagine
era volta a definire su scala mondiale l’impegno dei diversi governi a
sostenere attivamente gli ideali di sviluppo sostenibile e di
miglioramento della qualità della vita nel rispetto delle risorse
ambientali. Per far ciò sono stati considerati numerosi indici di
monitoraggio, tra i quali le emissioni dei gas serra, gli investimenti in
nuove tecnologie sostenibili, la vivibilità nelle città, la qualità dei
trasporti, il consumo delle risorse ambientali.
Dall’indagine è emerso un punteggio complessivo per ciascuna delle oltre
140 nazioni considerate, che rispecchia fedelmente il grado di attenzione
che ciascun governo dedica all’ambiente ed alla conservazione delle
risorse naturali. Sul podio sono ovviamente finite le nazioni scandinave
quali Finlandia e Norvegia, paesi per tradizione molto rispettosi del loro
patrimonio naturale, e con un occhio all’impiego di nuove tecnologie per
ridurre l’impatto ambientale e per la produzione di energia rinnovabile.
Scorrendo la particolare classifica si incontrano via via i paesi più
ricchi, tra i quali Canada, i paesi dell’Unione Europea, il Giappone,
l’Australia. Addirittura oltre il quarantesimo posto gli Stati Uniti, da
un po’ di tempo poco avvezzi a piegare le loro leggi dell’economia alle
tematiche ambientali, vedi ad esempio il diniego al Protocollo di Kyoto
per la riduzione dei gas serra. Ma ancora l’Italia non si trova, siamo
alla posizione 69 quando finalmente spunta anche il nome della nosra
vecchia cara penisola. Ma come? Proprio laggiù siamo finiti, non siamo tra
i primi 8 paesi del pianeta? Evidentemente in termini di ambiente, qualità
della vita, conservazione delle risorse ambientali non proprio, con quel
concetto di sviluppo sostenibile spesso messo lì, a far bella mostra di sé
nei decreti legislativi, ma mai realmente messo in pratica attivamente. Un
esempio? L’inquinamento atmosferico nelle nostre città, che si vuole far
credere si possa risolvere con una domenica al mese di blocco della
circolazione, oppure con l’alternanza dei veicoli in circolazione, le
cosiddette targhe alterne. I prodotti delle reazioni chimiche che
avvengono nei motori delle nostre automobili sono tra i più vari, dal
benzene (molecola che da tempo è una dei maggiori imputati per
l’incremento delle mortalità provocate da tumori) al particolato fine (i
tanto temuti PM10 o PM2,5, ovvero delle polveri finissime che sono in
grado di arrivare sino in profondità nei nostri alveoli polmonari, con
conseguenze facilmente immaginabili). Tali prodotti non si smaterializzano
magicamente con una giornata di traffico ridotto, semplicemente scendono
di concentrazione nell’aria quel poco che basta a rispettare i livelli di
allarme imposti dall’Unione Europea, la cui infrazione porta a pagare le
amministrazioni delle nostre città contravvenzioni salate. “Prevenire è
meglio che curare” anche in questo caso, come nella medicina, è un motto
che si dovrebbe tenere bene in considerazione. Come? Per esempio
investendo di più nel trasporto pubblico, laddove spesso si è costretti ad
assistere impotenti ai ritardi cronici, alla carenza di personale, con
conseguente soppressione di corse, a viaggi al limite della sopravvivenza
stipati come sardine in vagoni stracolmi. Un potenziamento del trasporto
pubblico dovrebbe avere come obiettivo quello di riconquistare la fiducia
di tutti quei cittadini che, negli ultimi anni, hanno desistito
nell’usufruire di questo servizio. Ancora, si potrebbero ampliare le zone
pedonali continuative nei centri urbani, incrementando la diffusione delle
aree verdi con vegetazione autoctona ed il loro collegamento, mirando alla
costituzione di una rete ecologica all’interno delle città, che possa
mitigare gli effetti negativi legati all’inquinamento. Ultima cosa e non
meno importante sarebbe di far comprendere ai nostri imprenditori
l’importanza di quella strategia, che da diverso tempo i migliori nel
mondo hanno cominciato a mettere in pratica, che va sotto il nome di
telelavoro. La possibilità di lavorare da casa consentirebbe di ridurre
enormemente il numero deli spostamenti in auto, migliorando sensibilmente
la qualità ambientale abbattendo per di più i costi legati ai consumi del
viaggio. Inoltre è stato verificato da diversi studi come in effetti il
telelavoro aumenti la produttività dei dipendenti, oltre a migliorarne la
qualità della vita ed aumentare il tempo libero a disposizione. Sapremo
vincere la sfida di migliorare la nostra qualità della vita senza
prevaricare sulle risorse naturali? |