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Centro Benessere, nuova religione

Luglio 31
23:00 2009

Una volta se si aveva un problema, di salute o altro, si ricorreva per prima cosa al santo protettore più vicino, quello cioè della parrocchia, e se la cosa non funzionava si partiva la mattina presto e si andava al santuario più accreditato della zona, preferibilmente scalzi e digiuni e con l’animo contrito; se il male persisteva e la grazia si faceva attendere troppo si andava dal santone in cima alla montagna, pieni di dovizia e fede e con il canestrello con la ricotta o una sacchetta di fagioli o un fiasco di vino, insomma con un minimo di lasciapassare reperibile nel proprio povero ovile, orto o cantina. Se nemmeno così funzionava si passava dall’altra parte e si andava a trovare la fattucchiera nella sua stamberga in mezzo ai boschi, e quella gradiva moneta sonante e poche chiacchiere: dimmi che ti serve e io ti trovo il rimedio leggendo le carte o consultando la sfera o alle brutte le anime del purgatorio, ma non fare domande e credi, credi senza riserve.

Se nemmeno la fattucchiera riusciva a ricacciare indietro il male, e il problema s’ingrossava invece di regredire, si andava per le spicciole con una scodella di acqua e un cucchiaio d’olio d’oliva, e fra croci in fronte e giaculatorie e formule inintelligibili passate di bocca in bocca per generazioni, di cui si perdeva il senso ma non la certezza della comprovata efficacia, si scacciava l’invidia che come tutti sanno secca le viti, e se questa si dimostrava pertinace e particolarmente maligna si ribatteva a tono, della serie chi la dura la vince, e le sedute si ripetevano quotidianamente al vespro e alla compieta fino a esaurimento olio e pazienza, e allora si mandava a benedire anche il più antico e casalingo rimedio, e ci si decideva a consultare il medico che stabiliva subito, quantomeno, se il disturbo era di sua pertinenza oppure di genere oscuro.

Il medico veniva per ultimo, e non solo per una resistenza atavica nei confronti della medicina legalizzata, ma anche perché il medico costava e costavano le medicine, e quando il dottore arrivava ad entrare dentro le case, sempre troppo tardi, spesso poi ne usciva il morto, e ciò non giovava alla reputazione della sua professione.

Insomma, quando uno aveva bisogno d’aiuto prima di arrivare al dunque faceva il giro di Peppe, e se non finiva di ammazzarsi prima di bussare alla porta giusta era già un miracolo. Finiti i tempi bui arriviamo ai nostri, che sono cupi ma pieni di prospettive allettanti in ogni direzione. Se uno non si sente al top, condizione ideale e si potrebbe dire doverosa nei confronti della società del benessere, sa subito a chi rivolgersi e senza tanti panegirici: sotto casa, al primo dei Centro Benessere del quartiere, a farsi rimettere a nuovo.

Cosa succede lì dentro non saprei dirlo, è una esperienza che ancora mi manca e me ne scuso ma non me ne pento, tanto faccio sempre in tempo a rimediare se proprio vedessi le brutte o per semplice curiosità. Una cosa è certa: il Centro Benessere è una gran bella invenzione, specialmente per il titolare dell’attività e chi la gestisce. Funziona, almeno i problemi imprenditoriali e lavorativi di tante persone li risolve, e nulla vieta di pensare che agisca positivamente anche sul benessere dei clienti, che lì si sentono confortati e coccolati e quindi tirati su, moralmente e fisicamente. Solo una cosa non mi trova d’accordo sia per i vecchi che i nuovi rimedi: perché voler agghindare sempre e comunque la semplice realtà delle cose, e non prenderla così com’è, ovvero suggestiva e miracolosa a seconda della disposizione d’animo con la quale si affronta e si vive?

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