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Correvamo…

Luglio 06
23:00 2007

Correvamo in tre, lungo la strada. Il bambino aveva occhi finti, sguardo da furetto. Emily mi disse subito che non avremmo potuto fidarci di lui, ed aveva ragione.
“Vedrai – commentò – non faremo in tempo a prendere l’autostrada che il gallo canterà.”  E così fu, l’udirono insieme, in un’aurora boreale d’asfalto. Nessuno, tuttavia, aveva ancora rinnegato un qualche povero Cristo. Correvamo, sempre più veloci, toccando punte inconsuete, con l’acceleratore pigiato e Franco Battiato a tutto volume. Traversammo l’Appennino senza pensare alle Ande.

Emily, labile ed imperterrita in lunatici, repentini sbalzi d’umore, leggeva Guènon. Non voleva saperne di darmi il cambio alla guida e, l’automobile, non sembrava affatto procuragli mal di stomaco. Vomitava, di tanto in tanto, qualche sonnifero di troppo, rigurgiti di Marylin e qualche altro lontano, ancestrale mito: Coca cola light, appunti di psicologia, fiale di Dercos per la caduta di capelli regalatemi a Natale, proprio mentre avevo intenzione di non ricadere mai più nel peccato e fare persino un’altra comunione. Il Re del mondo, dietro un sottile filo, è ancora lì, vigile, anche se si nota sempre meno a causa della sola repubblica. Bush è stato rieletto presidente, lo apprendiamo dall’autoradio, e, nel sito dei giovani monarchici, propongono ancora petizioni per restaurare casa Savoia, ci spiegò Emily smanettando sul suo portatile.
“Prendiamo tutte le nostre bandiere e combattiamo per il nostro re e anche se non dovessimo tornare ci sarà una fiaccola per noi…” cantai, a squarciagola, un vecchio motivo di nostrano beat tradizionalista. Emily si arrabbiò, disse che non ne poteva più di simili “puttanate”. Sostammo all’autogrill, consueta oasi di riappacificazioni per amori nomadi. Non avevo mai amato una zingara (e sapevo di doverle evitare) eppure conoscevo quel destino che mi riconduceva ad una mia ulteriore immagine interiore:
“Bianca croce di Savoia, Dio ti salvi e salvi il re!” declamò, con una punta di stizza, Emily ed io mi vidi in terra, sdraiato, tra i fiori, avvolto nel tricolore sabaudo.
“Cristo! Ma quello sono io…morto, nella bella Napoli del dopoguerra.”
Non ho mai sputato tanto veleno come da quando conoscevo la piccola Emily. Era lei la mia vera iniziazione. Leggeva ancora, inflessibile, davanti all’autogrill mentre il bambino, sempre più da lontano, tornava nel suo guscio esaurendo ogni ulteriore ricatto spacciato per opportunità di negoziazione. Tutto taceva (o così appariva), il meschino inganno veniva tramato laddove, puntualmente, resta intrappolato nella malefica intenzione del suo stesso raggiro. Traversammo Torino, lasciando alle spalle una riserva di caccia di casa Savoia, alla volta di Lione. Complicato groviglio di strade tra esistenzialismo e nichilismo, giungemmo infine oltralpe. Alta Savoia, chateaux, vitigni ed un bateau sulla Rhône: eravamo rimasti in due e la strada, per quanto ignari, era ancora molta da percorrere…

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