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Crisi fiscale e giustizia sociale

Settembre 01
07:56 2012

Al rientro dalle ferie (ammesso che si siano godute) non possiamo non affrontare l’argomento principale che sta vivendo il Paese. La recessione economica e del lavoro sono complice dei suicidi in Italia:

Come se n’esce? Con nuove regole sull’occupazione: Il “lavoro” va favorito e protetto. L’ imprenditore che detiene ed assume nuova manodopera, non deve avere vincoli di nessun genere. Al contrario va incoraggiato a sviluppare la sua competitività in Europa. Ciò vuol dire per il nostro Paese, nuova occupazione, rispetto alla concorrenza, internazionale, e l’avvio di un nuovo percorso di risanamento economico e produttivo. Per la collettività, sicurezza economica.

L’operaio che sì e dato fuoco in Piazza Montecitorio perchè rimasto senza lavoro è stato un vero e proprio messaggio rivolto ai parlamentari! Un messaggio che sembra suonare così: “Voi non avete nessun problema, percepite stipendi d’oro, pagate con le tasse dei contribuenti, che vi consentono di vivere agiatamente in famiglia e non avete problemi per far fronte agli impegni di spesa. I vostri emolumenti, sono sproporzionati rispetto a quelli percepiti dai comuni cittadini e li superano di oltre venti volte, (cosa che potrebbe configurarsi come un furto legalizzato). Voi non sapete cosa vuol dire avere fame o vivere in continuo disagio, ritornare a casa e non portare niente per fare mangiare la propria famiglia. Per questo voglio protestare, e mettere fine alla mia esistenza ed a voi rimarrà per sempre sulla coscienza il peso del mio gesto ed il dramma che milioni di cittadini stanno vivendo”. In effetti, esiste un abisso fra la prosperità ed i privilegi della classe dominante ed il disagio sociale e la povertà in cui, con la politica adottata, è stata ridotta la classe media bassa della popolazione la quale, in un momento di profonda crisi e d’insicurezza economica come questa, che ha fatto crescere la fascia dell’autentica povertà nell’intero Paese, si vede espropriate i propri beni da Equitalia per imposte non pagate (per il solo motivo che non avevano più risorse per pagarle, mentre persistono sprechi per prebende e favoritismi compresi gli emolumenti percepiti dai nostri Parlamentari. Chi governa perché possano capire le esigenze reali ed i problemi che quotidianamente i cittadini devono far fronte, sarebbe saggiamente opportuno che ciascuno di loro provasse lo stesso disagio che vivano milioni di cittadini assillati da carichi fiscali insopportabili, da appesantimenti burocratici impensabili e da terzo mondo, la mancanza di lavoro e di redditività, giovani in cerca di un posto di lavoro senza trovarlo e quindi essere di peso ai propri famigliari i quali a loro volta non sanno come fare per arrivare alla fine del mese. Ecco, sarebbe auspicabile che anche la classe dirigente del Paese vivesse queste esperienze non in modo virtuale, ma le vivesse, in maniera reale perché solo così potrebbe capire la disperazione ed il significato del gesto di uomini che arrivano a prendere decisioni estreme, come chi, non riuscendo ad onorare i propri impegni decide in fine, di togliersi la vita, per ultimo l’operaio della Sardegna che lavora in miniera, per disperazione di perdere il lavoro e protestare contro questa classe politica incapace e indegna di rappresentarci, tenta il suicidio con un coltello di tagliare le vene del polso.

IL RICATTO DEL DEBITO E LA SPECULAZIONE CAPITALISTICA.

L’Italia sta vivendo momenti talmente difficili e preoccupanti che non si ricordano a memoria d’uomo, neppure nel periodo sconvolgente dell’ultimo dopo guerra. Tutti dobbiamo e possiamo ricordare da dove e come nasce la crisi economica che stiamo vivendo: i titoli tossici, il fallimento della Lehman Brothers, un libero mercato ormai privo di vincoli e di regole, le speculazioni finanziarie di un occultato gruppo della gran finanza mondiale, ritenendo fragile la politica europea, approfitta della circostanza.

Ormai la finanza mondiale è in grado di controllare l’economia di tutti i Paesi europei (e non solo) ed approfittando della loro instabilità politica e detenendo la gran parte dei titoli del debito pubblico ne determina, di fatto, il destino, giocando a suo piacimento e per il proprio esclusivo profitto sui mercati finanziari internazionali e determinandone la crescita o il fallimento.

La fragilità della nostra economia sta propria nel forte debito publico accumulato nell’ultimo ventennio. Spesso i politici per giustificare la loro incapacità politica, attribuisce la colpa alla prima Repubblica.

Secondo il giornalista Oscar Giannino, dal 1946 al 1992, la Prima Repubblica ha accumulato un debito pubblico pari a circa 6-700 miliardi di euro. Tutto il restante, ossia i 1300 miliardi di euro che hanno portato il debito pubblico Italiano a quasi 2 milioni di miliardi di euro, lo ha fatto la Seconda Repubblica, e in ordine i governi Berlusconi, Amato, Ciampi, D’Alema e Prodi. Mentre la Prima Repubblica accumulava una media giornaliera di 47,5 milioni di euro di debito al giorno, la Seconda è arrivata a oltre 200 milioni di euro al giorno, quasi quintuplicando la cifra. Significativi i raffronti tra governi di centrodestra e centrosinistra. In assoluto, il record di debito pubblico accumulato da un governo sono stati i 330 milioni al giorno accumulati dal governo Berlusconi I. Che nell’ultimo governo non è sceso di molto: 207 milioni di euro al giorno di debito.

La UILS ritiene doveroso rinnovare al Governo l’invito a prendere in esame la nostra proposta avanzata già da lungo tempo. Visibile sul nostro sito www.uils.it

La ricordiamo perché in un momento come questo potrebbe e dovrebbe suscitare maggiore interesse rispetto a qualche anno fa quando la proponemmo.

Innanzitutto il debito non può essere suddiviso semplicisticamente come fanno le statistiche per le quali – come è noto – se uno possiede due appartamenti ed un altro non ne possiede nessuno, in termini statistici è come se ne possedessero uno a testa. Il debito deve essere diviso tra gli italiani in funzione della loro ricchezza e del loro patrimonio.

Pertanto gli ipotetici 30.000 euro pro capite di debito pubblico del nostro Paese potrebbero essere per qualcuno 300.000 e per altri soltanto 3.000.
Fatta quindi un’analisi della ricchezza e della patrimonialità di ciascun cittadino, lo Stato può stabilire con corretta legge, fasce di debito per gruppi di cittadini in relazione al loro stato patrimoniale.

Fatto questo dovranno essere previste – a nostro avviso – tre possibilità:

1. Chi lo ritenesse possibile potrebbe pagare la sua parte di debito pubblico in unica soluzione;
2. Chi si ritenesse impossibilitato a farlo in unica soluzione dovrebbe poterlo pagare in modo rateizzato con il solo tasso di interesse legale;
3. Chi infine si trova nell’indigenza e non è in grado di far fronte economicamente al proprio impegno dovrebbe poterlo onorare con la prestazione di una o più ore lavorative giornaliere in più sul proprio orario di lavoro concordandolo con il proprio datore di lavoro. Il Datore di lavoro, in questo caso, avrebbe il vantaggio di un supplemento d’opera ed il costo di quella prestazione lavorativa esente da gravami contributivi dovrebbe versarlo all’erario come contribuzione del lavoratore per l’estinzione della sua quota parte di debito pubblico.
4. I lavoratori non occupati devono avere la possibilità di lavorare per
partecipare all’impegno collettivo

Le nostre proposte sono indicative e possono essere perfezionate, e poi messe in pratica. Forse cosi si potranno evitare di svendere altri patrimoni appartenenti alla comunità.

Nel 1999 cominciò la cartolarizzazione che continuando ancora oggi non ha sortito risultati significativi ed anzi in alcuni casi ha messo in ginocchio aziende che nell’impossibilità reale di onorare i propri debiti con lo Stato si son visti pignorare fin anche i loro mezzi strumentali con i quali lavorare.

Di contro il debito pubblico ha raggiunto quota duemila miliardi di euro. Questo è il risultato politico che a saputo raggiungere la seconda Repubblica.

La Uils chiede ai cittadini e alle forze sane e democratiche di farsi promotrici d’iniziative di vera giustizia sociale, come la intendeva Sandro pertini, il Presidente della Repubblica più amato dagli Italiani, affinché il governo prenda in esame una proposta di legge d’emergenza fissando un tetto massimo degli stipendi e delle pensioni che non superano i 3.000 euro mensili anche per l’attuale Presidente della Repubblica. Questo sarebbe un segno che andrebbe verso la tanta invocata giustizia sociale, e sarebbe gradito dai cittadini.

2) Fare un condono fiscale per i piccoli imprenditori artigiani, commercianti, agricoltori e comuni cittadini che non sanno più cosa fare per andare avanti.
In molti non anno potuto pagare le tasse ed altri sono inadempienti per mancanza di disponibilità economica.

3) Il DURC documento unificato di regolarità contributiva va soppresso per le piccole attività che allo stato sono arretrati con i pagamenti. Trovano serie difficoltà a lavorare. Sono destinate a chiudere se le condizioni non cambiano.

Molti piccoli imprenditori sono stati costretti a ricorrere al mercato del denaro alternativo per onorare i loro impegni economici e pagare le tasse. Le banche da anni non finanziano più le piccole imprese in mancanza di garanzie, altri si sono svenduti i loro beni per evitare che Equitalia li pignorasse e con il ricavato pagare tasse, contributi ed imposte.

Altri piccoli imprenditori e comuni cittadini cercano di svendere i loro preziosi ed altri beni di valori affettivo ereditati dai loro cari. Per sopravvivere e pagare le tasse. A parere della UILS ciò che sta accadendo nel Paese peserà sulla coscienza di chi ci rappresenta politicamente e chi ci sta governando. All’inizio speravamo che con il governo tecnico molte cose sarebbero cambiate. La riforma del lavoro riequilibrio delle risorse e pari dignità tra i cittadini in altre parole più giustizia sociale. Purtroppo ci dobbiamo ricrederci. Considerata la recessione economica e l’occupazione, i piccoli imprenditori e comuni cittadini per non aver potuto assolvere i loro impegni di pagamento, per protesta nei confronti delle nostre istituzioni, hanno preso decisioni estreme di togliersi la vita, suicidandosi. Questo è stato il risultato della politica del governo monti.

Questa è l’opinione della Uils.

Antonino Gasparo presidente

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