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“Dante e gli omosessuali nella Commedia (tra Inferno e Paradiso)”

“Dante e gli omosessuali nella Commedia (tra Inferno e Paradiso)”
Aprile 01
19:09 2018

La Società Editrice Dante Alighieri pubblica il nuovo saggio di Aldo Onorati

È un avvenimento importante per gli studiosi dell’Alighieri, ma anche per chi si avvicina al Poema Sacro con l’intento di cogliere le verità attraverso il “velame de li versi strani”, il nuovo studio di Aldo Onorati.
Il libro uscì nel 2009 con l’editrice Anemone Purpurea, ed ebbe successo; ma Onorati, mai contento delle sue ricerche, ha continuato a scavare nella complessità del capolavoro dantesco, aggiungendo così la “prova del nove” alla sua teoria secondo la quale non solo Dante non era omofobo, non solo distinguerà sodomita da sodomita lodando chi di essi – pur macchiatosi d’uno stesso peccato – ha agito bene nel mondo su piani morali, ma addirittura pone i gay vicino al Paradiso Terrestre, destinati alla luce eterna una volta scontata la loro pena. E qui sta l’aggiunta centrale a questa edizione.
Il prof. Aldo Onorati  non è nuovo a simili scandagli originali e controcorrente: prova ne sia la monumentale sinossi critica (prendo dalla prefazione del prof. Paolo Peluffo) “Canto per canto: manuale dantesco per tutti”, edito dalla Società Internazionale Dante Alighieri e tutte le numerose altre sue opere sull’argomento, nonché le “Pillole” (sul sito della Dante) che commentano, in pochi minuti, versi e situazioni della “Commedia”.
Comunque, il libro edito dalla storica Editrice Dante Alighieri, contenuto nella prestigiosa “Collana dantesca” diretta dal prof. Massimo Desideri, benché ricchissimo di note, è una piacevole lettura, breve nelle sue 82 pagine (compresa l’introduzione di Daniele Priori e l’intervista a Walter Mauro), e contenuta nel prezzo (euro 7,50).
Per gentile concessione dell’Editrice, riporto l’illuminante prefazione del direttore di collana e dantista egli stesso, prof. Desideri.

 

Se si volesse definire con una parola il breve ma avvincente saggio di Aldo Onorati, incentrato sul rapporto che Dante delinea nella Commedia tra il sé ‘personaggio’ e alcune anime di peccatori omosessuali, non si potrebbe che usare l’aggettivo ‘deflagrante’.
Certamente non perché altri esegeti del poema dantesco non abbiano affrontato il problema prima di lui, ma perché nessuno – perlomeno a mia cognizione – l’ha fatto così apertamente, né con altrettanta capacità di affermare a chiare lettere quanto Dante, pur ‘sotto ‘l velame’ di cui è insuperato maestro, sia ben intenzionato a difendere la propria libertà di autonomo giudizio, distinguendo, laddove le imprescindibili per lui condizioni etiche di fondo ci siano e tale distinzione si possa fare, tra un uomo e il suo peccato. Anche trattandosi di ‘sodomia’ (ovvero di omosessualità).   
Dante sa bene che l’omosessualità – e la sodomia in particolare con cui del tutto veniva identificata al tempo suo – è un peccato giudicato molto grave dalla Chiesa del Trecento (né, pure oggi, nonostante le timide aperture di Papa Francesco, si può dire che da essa venga giustificata o ufficialmente accettata).
Onorati, che ama attenersi ai ‘fatti’, nella fattispecie rigorosamente al testo dantesco, ci fornisce, in questa edizione ampliata rispetto al saggio pubblicato nel 2009 da Anemone Purpurea, quella che lui definisce al riguardo una vera e propria ‘prova del nove’, desunta, appunto, solo ed esclusivamente da quello che Dante afferma e rappresenta; né più né meno.
Ed è una prova che, come l’uovo di Colombo, è sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vuole vedere.
Quelli che liquidano la faccenda – e Onorati li bacchetta per bene – affermando superficialmente che Dante ‘mette i sodomiti all’inferno’ con l’occhio solo fisso al canto di Brunetto Latini, non sembrano affatto considerare il canto XXVI del Purgatorio, dove il poeta Guido Guinizelli (vv. 76-81) dice:

La gente che non vien con noi, offese
di ciò per che già Cesar, trionfando,
‘Regina’ contra sé chiamar s’intese:
però si parton ‘Soddoma’ gridando,
rimproverando a sé com’hai udito,
e aiutan l’arsura vergognando. 

Delle «due schiere di peccatori che [nella settima cornice del Purgatorio, a ridosso del Paradiso terrestre, n.d.A.] corrono tra le fiamme e si baciano appena si incontrano nei due sensi di marcia, una è dei lussuriosi (ed ermafroditi: bisessuali); l’altra è dei sodomiti» scrive con l’abituale chiarezza Onorati.
Dunque, se già il Latini, pure tra le fiamme infernali e nonostante il peccato ‘contro natura’, è omaggiato da Dante, che lo rispetta, lo esalta in quanto suo maestro di morale e di virtù civiche e politiche e, in più, gli affida anche una profezia sulla sua vita a venire, quanto ancor più il poeta vuole ‘stupirci’ nel momento in cui, collocando una schiera di sodomiti anche in Purgatorio, ne presuppone l’inevitabile, futura ammissione in Paradiso?
Si dà per scontato – senza leggere attentamente il testo – che solo i lussuriosi ‘secondo natura’ (di cui lo stesso Guinizelli fa parte) potranno salire al cielo una volta espiata la loro colpa in Purgatorio; invece la seconda schiera di ‘lussuriosi’, che marcia incontro alla prima, è quella composta dai peccatori di lussuria ‘contro natura’, cioè dai ‘sodomiti’, gli omosessuali.
Dunque, neppure ad essi è pregiudizialmente precluso il cielo da parte di Dante.
Ma questo stupisce solo chi vuole stupirsi e, appunto, non si accosta al testo della Commedia con la dovuta attenzione, dato che questa distinzione tra un ‘peccatore’ omosessuale e l’altro, ovvero tra questo tipo di ‘vizio’ e la personalità complessiva di un uomo – distinzione di cui Onorati offre lampanti esempi –, non è che una delle tante trasgressioni di Dante al ‘pensiero unico’ del suo tempo e ai rigidi ‘paletti’ imposti in materia dalla stessa Chiesa.
Un gioco ‘pericoloso’, ma che Dante fosse un temerario è cosa nota: meno scontato che osasse tanto in una materia indubbiamente scottante come l’omosessualità.
Vero è che molti libri di questa Collana, che ben orgogliosamente ora s’arricchisce del contributo di Aldo Onorati, trattano temi specifici, particolari, spesso molto trascurati nelle letture scolastiche (e non solo) della Commedia: temi in cui, pure, è evidente il ‘tasso’ di trasgressione (e quanto grande!) di Dante rispetto al pensiero corrente al tempo suo.
Filosofi pagani o personaggi di fede musulmana addirittura, come Averroè e Avicenna, o il Saladino, nel ‘nobile castello’ del Limbo, trattati coi guanti dal poeta e con tutti gli onori dovuti a personaggi insigni, a prescindere dal credo religioso, nella prima cantica del poema; Catone, pagano e suicida, custode del Purgatorio; Sigieri di Brabante, averroista in odor d’eresia per la Chiesa, in Paradiso, al pari di Gioacchino da Fiore o di Traiano imperatore (che “ci azzecca uno così tra i santi e i beati cristiani?” direbbe un nostro noto ex politico e ministro); o di Giustiniano, che s’accampa protagonista del canto sesto della terza cantica e che non certo per la sua fede merita di starsene in Paradiso. E poi lo spazio e l’importanza attribuite dal poeta alle sue ‘donne di Paradiso’: lui, un uomo del Medioevo, un’età maschilista e misogina come poche nella storia dell’Occidente.
E si potrebbe anche continuare per un bel po’ con gli esempi di palesi provocazioni ideologiche, politiche e religiose (mai ‘devianti’ dai dogmi della fede cristiana, però) da parte di Dante, quanto mai spirito libero e certamente fastidioso per quei detentori del potere che dei loro devoti apprezzino soprattutto l’acquiescenza e l’adeguarsi a quello che oggi si definisce il politically correct.
Ma che Dante, a un certo punto, volesse dimostrare, ancor più che attraverso le altre sue numerose trasgressioni, di non essere correct per niente proprio affrontando un tema così scottante e ‘pericoloso’ come l’omosessualità, è molto bene e originalmente ‘certificato’, con argomentazioni tanto puntuali quanto chiarissime, da questo saggio di Aldo Onorati.
Per cui si può affermare davvero che l’approdo nella Collana di quest’ultimo contributo, come dicevo, di sicuro la arricchisce, poiché si inserisce molto bene nello spirito di essa e ne completa, per ora almeno, gli intenti: a tutto beneficio, si auspica, di studenti, insegnanti e cultori di Dante che vogliano migliorare il proprio bagaglio di conoscenze sul maggiore e più conosciuto al mondo dei nostri poeti.
Colui che così spesso e provocatoriamente mette sotto il naso – con impareggiabile perizia linguistica e poetica senza pari -, a chi sappia scrutare cosa ci sia sotto i suoi versi ‘velati’, le scomode verità che gli urgeva di esprimere.
E a indagare una di queste ‘scomode verità’ – forse una delle più ‘sovversive’ –, con arguta bonomia accompagnata però da sistematica argomentazione, ci guida il saggio di Aldo Onorati.
Perché va detto a chiare lettere che anche tra le ‘scomode verità’ del poema alcune distinzioni e gerarchie si possono pure fare.
Vale a dire, se volessimo divertirci a stilare una classifica, in ordine decrescente, delle trasgressioni dantesche, quella riguardante l’omosessualità nella Commedia i caratteri della ‘deflagrazione’ assoluta ce li ha tutti e in testa a tutte le altre andrebbe posta.
Bene dice Onorati, quando scrive, guardando all’oggi soprattutto, che «non è più possibile sorvolare su un problema mondiale ed eterno (attuale da sempre) come quello dell’omosessualità», ma Dante ne tratta – e con totale e originale libertà, moderna direi – in un tempo in cui «l’omosessualità era punita anche con la pena di morte».
Ma come ne parla Dante? Qui sta la prima ‘scoperta’ da critico acuto, profondo e sensibile lettore di Dante quale Aldo Onorati è (magari a volte un po’ ‘rude’ e diretto, ma non mi pare, questo, un difetto).
Perché, è vero che Brunetto Latini, a quanto pare omosessuale (ce lo dice Dante che suo allievo era stato), è ‘regolarmente’ all’inferno, come la tipologia del peccato secondo la Chiesa doveva comportare di necessità, ma è anche vero che lui, ed altri, meritano da parte di Dante venerazione e rispetto, mentre altri omosessuali, pure compagni di pena di ser Brunetto, no.
A questi ultimi va tutto il disprezzo del poeta, che li fa bollare dallo stesso Brunetto come coloro che furono «d’un peccato medesmo al mondo lerci».
Evidentemente, sottolinea ancora Onorati a proposito del maestro di Dante, «gli uomini di azione e intelletto probi hanno, indipendentemente dall’omosessualità, che – nel presente caso, come nella passione dei lussuriosi – investe la debolezza della carne, la spinta erotica della natura, una pulsione, insomma, che non coinvolge la sfera superiore dell’essere, come invece la coinvolgono i peccati veri quali l’avidità, l’odio, l’invidia, il tradimento, la superbia, l’omicidio, la menzogna, la falsa testimonianza, l’usura». Di qui, anche, come esempio di una passionalità incontrollabile ma non condannabile del tutto, la ‘comprensione’ e l’empatia di Dante per Francesca da Rimini.
Ecco perché Dante affida la profezia sulla propria persona a ser Brunetto: la sua statura ‘etica’ non è intaccata dall’omosessualità.
Il poeta colloca tutti i peccatori omosessuali – che, a differenza di quelli in Purgatorio, hanno troppo ecceduto in ‘passionalità’ – nello stesso punto dell’Inferno, ma ben diversa considerazione Dante mostra per il suo maestro rispetto a quella verso Andrea de’ Mozzi, per esempio.
Una differenziazione – molto accuratamente esaminata e dettagliata da Aldo Onorati – che continua nel canto XVI dell’Inferno e che Dante, per rilevarla ancora di più, non esita a costellare di motivi ‘cortesi’ e addirittura di ossequio verso chi, secondo lui, li merita, a prescindere dal peccato per cui si trova lì eternamente condannato; nella prima parte di questo canto, infatti, che può considerarsi tematicamente la continuazione del precedente, rispondendo a Iacopo Rusticucci, il poeta dichiara che, se non avesse corso il rischio di bruciarsi, sarebbe sceso nel sabbione infuocato per abbracciare loro tre così insigni e rispettabili cittadini.
Insomma, anche per costoro l’omosessualità non va a detrimento della loro statura di uomini probi.
Ma quella che possiamo definire la seconda ‘scoperta’, quella per certi versi più significativa ancora, è proprio quella che Onorati chiama, come dicevo all’inizio, la ‘prova del nove’, quella dei sodomiti in Purgatorio, che il poeta colloca sulla stessa cornice di Guido Guinizelli.
Per farla breve, spero di aver indotto a sufficienza gli estimatori di Dante, ma soprattutto i suoi ‘curiosi’, a leggere con molta attenzione il sintetico, epperò davvero denso di motivi d’interesse e di riflessione, saggio dal titolo – che davvero non potrebbe essere più esplicito e significativo – Dante e gli omossessuali (nella ‘Commedia’).
La cui conclusione esalta non solo la straordinaria modernità del pensiero di Dante, ma anche la rara perspicacia e capacità di cogliere l’essenza del messaggio di lui da parte del ‘suo’ interprete Aldo Onorati.
Dal quale è davvero difficile dissentire, quando, a proposito dei tanti esempi di ‘trasgressività magnanima’ da parte di Dante, tanto finemente conclude: «Dante va, dunque, dichiaratamente controcorrente, ai suoi tempi… e anticipa il futuro. D’altronde, nella storia umana, quella con la esse maiuscola, non pochi maestri furono, e sono, omosessuali. Per tale ‘difetto’ […] inficeremo la grandezza di tanti padri del pensiero e dell’azione? […]
Chi giudica un essere umano per la sua omosessualità (parlo di persone consenzienti nell’età adulta), limita a priori il giudizio e la sfera delle diverse virtù creative. E Dante ci dice proprio questo con la sua apertura mentale e l’ardimento delle sue vedute». 

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