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Filosoficamente…..DICO

Aprile 04
02:00 2007

È a mio parere un modo scadente intellettualmente quello di affrontare certe questioni, nel caso specifico quella dei diritti dei conviventi (DICO), aprendo un fronte del si e del no, imponendo un atteggiamento manicheo di riduzione delle questioni ad un semplificazione del giudizio tra istanze progressiste e conservatrici, ma non è così che stanno le cose. La polarizzazione di posizioni sull’etica e la morale che insistono sul territorio dei diritti civili è sempre poco auspicabile e, nel caso di specie, ineluttabilmente fuorviante. Il rapporto tra mondo laico e chiesa cattolica non dovrebbe rappresentare un’occasione di contrapposizione sic et sempliciter ma un motivo ulteriore per una riflessione approfondita che non diventi semplicemente una demarcazione radicale tra laicità e cattolicesimo, è una partita che si gioca all’interno di una complessità di sistemi valoriali estremamente sensibili che a volte si intersecano e poi diventano paralleli fino a non incontrarsi mai. Se questi temi li vogliamo affrontare seriamente.In questo ambito la Chiesa gioca il suo ruolo ed esprime un’opinione certa, criticabile quanto si vuole ma certa e filosoficamente lineare. La sacralità della famiglia è legata al diritto naturale.“Esso si riferisce alla natura propria e originale dell’uomo, alla natura della persona umana, che è la persona stessa nell’unità di anima e di corpo, nell’unità delle sue inclinazioni di ordine sia spirituale che biologico e di tutte le altre caratteristiche specifiche necessarie al perseguimento del suo fine”. Sul tema del diritto naturale si può dire di tutto e di più, si può far ricorso a determinazioni antropologiche che confutano scientificamente tale assunto o si può andare a scomodare teorie relativistiche ma resta il fatto che la Chiesa pone come presupposto alle sue posizioni un’idea teleologica precisa, e sostanzia tale dottrina attraverso una visione del mondo articolata in un disegno finalistico dell’umano. La Chiesa è portatrice di un’istanza religiosa ma anche filosofica. Non si può confondere l’attivismo dei vescovi e una visione sessuofobica di certe gerarchie ecclesiastiche con una visione del mondo che mette in discussione il radicalismo delle scienze della natura. Ed è proprio la mancanza di una visione complessiva dell’uomo, quindi anche spirituale, che sintetizza il deficit filosofico del laicismo. L’atteggiamento di chi fa filosofia è sempre scosso dal dubbio, la filosofia non sottovaluta mai, comprende il tutto e lo mette in relazione, nella filosofia non dovrebbe esserci mai spazio per il fanatismo, per la volgarità di idee apodittiche. La contrapposizione tra visione metafisica religiosa e visione post metafisica, nichilista postmoderna per cui l’uomo non è più il centro dell’universo ma una propaggine della stessa tecnologia che ha creato, che non è più strumento ma sua determinazione, costituisce ancora, per fortuna oserei dire, una delle questioni più cogenti. L’allargamento di prospettiva necessita di idee forti che sostengano un progetto umano che si è sempre di più indebolito, che abbia una finalità che non sia solo quella del progresso scientifico fine a se stesso. L’uomo del XXI secolo nella ricerca dei suoi diritti ha perso il senso del legame tra diritto e consapevolezza delle propria finalità ed è questo un tema non subordinato ma reggente, tutto ciò ingenera radicalismi senza senso e una spinta nel vuoto senza ritorno. È proprio questo progetto che non è chiaro nelle posizioni del cosidetto polo della laicità dove vi è un coacervo di pulsioni progressiste per cui si ritiene un dovere sposare qualsiasi idea che significhi progresso tout court, che spesso si rivela ambigua e contraddittoria, perchè alla base làtita un’idea dell’uomo, perchè con una certa dose di opportunismo si afferma con poco coraggio ciò che non si riesce veramente ad affermare. Il campo dei diritti delle persone è affrontabile se esiste una visione univoca del rispetto della persona. Il diritto è regolato da un rapporto di dialettica continua tra Stato e persona che nel riconoscerlo attiva tutta una serie di richieste per ridefinirlo ogni volta, allargarlo o fecondarlo con nuove istanze che però debbono, credo, contenere un’ipotesi ed un progetto sull’uomo contemporaneo. Ed è proprio su questa idea fondante che si articolano i rapporti in una società che tutela i diritti e ne giudica i limiti. Ecco perchè penso che forse è giunta l’ora di riscrivere una parte della Costituzione. La nostra vecchia Costituzione che è la carta dei valori di una comunità nazionale e del singolo individuo che la abita, nasce da un sentimento propulsivo, da un giudizio storico e dalla consapevolezza del vulnus, difficilmente rimarginabile, prodotto da una tragedia umana di dimensioni enormi come la guerra mondiale. La Costituzione contiene i prodromi dell’evoluzione della nostra società ma ha, come tutte le cose, un limite storico-temporale, che si esaurisce nel suo stesso compiersi.
La destra
La destra italiana di oggi non la ritengo all’altezza di essere un riferimento in questo senso, fa da sponda ai principi espressi della Chiesa Romana per rivolgersi strumentalmente al proprio potenziale elettorato conservatore, senza riuscire a costruire uno straccio di proposta liberale, come in altri paesi di Europa. D’altronde chi si dice leader di questa destra conferma con le sue affermazioni: “tutti i froci da una parte e gli stalloni dall’altra” quanto distanti siano le posizioni di una destra maccaronara italiana da una droit più evoluta in senso liberale.Questo per dire che il campo di azione di questa compagine è talmente limitato da non riuscire ad essere contenuto neanche all’interno di un pensiero ormai stratificato nell’occidente del pensiero unico.
La sinistra
«I laici dovrebbero darsi una filosofia che includa i problemi spirituali, che vada oltre le scienze positive senza riproporre vecchi dogmi. Io vorrei fondare un movimento anticlericale cristiano, ma non potrei farlo in compagnia di chi è antireligioso». Con questa definizione il filosofo Gianni Vattimo pone la questione fondamentale di una sinistra che ha perduto di vista la natura complessa dell’uomo, ponendo le questioni con una sensibilità che gli proviene dall’intensità con cui in passato si è collocata sui temi etici ma che è fondamentalmente svuotata di una tensione generatrice una visione del mondo originale. Forse è più vicina ad una ortodossia liberale che incarna con troppe ambiguità.
E l’umanesimo liberale non riesce a trovare un fondamento teorico ai diritti naturali, perché la critica razionalista finisce per distruggere il concetto stesso di natura. Viene impostato così un progetto per il riconoscimento dei diritti dei conviventi, mutuando alcuni principi da un’idea di famiglia sancita dalla Costituzione, allargandone i confini anche alle coppie eterogenee che non hanno contratto matrimonio davanti allo Stato (che quindi non lo hanno riconosciuto garante della propria unione) e a quelle forme di convivenza che probabilmente avrebbero potuto essere riconosciute in altro modo, per far passare in modo ambiguo il riconoscimento di quelle coppie omosessuali che tra l’altro anelano in una sorta di simil famiglia omologata che permetterebbe loro di avere una serie di benefici.
È il ritorno ad una idea di modernità trapassata e remota, non coerente con la post modernità, in cui le vecchie categorie non hanno più ragione di esistere, figuriamoci i surrogati delle istituzioni come quella familiare, che hanno perso senso con la secolarizzazione e denunciato marcatamente una distanza dall’originale principio propulsivo. Ecco perchè forse il laicismo positivista di questa sinistra, che non prefigura niente di nuovo, lascia tanto spazio ad una certa Chiesa e alle frange più conservatrici di essa e mi riferisco anche alle posizioni più retrive di una parte di società che certe scelte non le comprende, perchè non vi è un pensiero forte a sostenerle e che conseguentemente le espone ad attacchi sensati e insensati.
I diritti
Il laico credente, nella nostra società, ha per fortuna, le stesse prerogative del laico non credente, per questo il laicismo non può essere una religione informata da una weltanschaung che non comprende altro, è uno status che libera energie e pensieri diversi e solo quando si avrà l’assoluta consapevolezza di ciò, si riuscirà a compiere un evidente passo in avanti.Quando su questi temi ci si spacca in due fazioni è evidente che non si sono compiuti ulteriori passaggi fondamentali, suffragati dal comune e consapevole sentire e probabilmente in questo modo si arrecano danni a qualsiasi causa. La volontà di adeguarci a legislazioni progressiste, in materia, potrebbe essere un obiettivo che si raggiunge solo se si ha l’assoluta certezza delle forze e energie messe in campo. Tutta la questione dei DICO si sposterà in Parlamento dove si determineranno delle non scelte che medieranno una radicalizzazione improvvida e sterile, che al termine della vicenda avrà sconfitto tutti e ancora una volta resteranno sul terreno quelle onnipresenti vestigia mediatiche, prive di senso.

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