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Capo profughi di Zaatari in Giordania che ospita i rifugiati siriani: oggi la possiamo chiamare città, una nuova città.

Infatti dal luglio 2012 Zaatari non ha mai smesso di crescere, come confermano le foto scattate dalle Nazioni Uniti a bordo dell’Airbus defence and space. Nel 2013 vivevano in tutta l’area 144 mila persone, oggi sicuramente molte di più. Pensate che Rimini, in Emilia Romagna fa 146 mila abitanti. Una città, appunto, sorta come primo soccorso nel luglio del 2012 per accogliere i profughi siriani costretti a lasciare le loro case a causa della guerra, dall’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu; oggi il campo profughi è gestito da un’organizzazione benefica, la Jordanian Hashemite Charity Organization. All’interno di Zaatari vi è persino un tribunale ‘sciaraitico’ (islamico) che si occupa di tutte le questioni di stato civile. Tra le principali mansioni della corte, vi è quella di stipulare contratti di matrimonio e di sancire i divorzi per i cittadini siriani. Ci sono anche tre asili insufficienti per i 20 mila bambini sotto i cinque anni, molti dei quali nati qui a Zaatari. Una nuova città fatta di tende bianche e 25 mila abitazioni su una superficie di 5km quadrati, una terra desertica, arida, quasi lunare. Gli unici colori che si vedono sono quelli dei vestiti che le varie associazioni di volontari riescono ad inviare, alberi neanche a parlarne. Una città insicura con alto rischio di abusi sulle donne, dove l’unico mercato è il mercato nero, dove prosperano matrimoni precoci forzati e lo sfruttamento del lavoro minorile, considerato anche l’alto numero di bambini orfani. Le organizzazioni presenti sul territorio fanno molto ma i problemi sono tanti e complessi. Ci vorrebbe uno sforzo politico congiunto di vari Stati per dare una “sistemazione fisica” ai profughi ma anche dignità umana attraverso il lavoro, per esempio.