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Greenpeace: i nostri attivisti oltre alla vita rischiano anche la galera

Giugno 10
08:14 2010

Aomori – Giappone – Rischiano un anno e sei mesi di prigione i due attivisti di Greenpeace, Junichi Sato e Toru Suzuki, per aver denunciato la grave corruzione nascosta dietro il programma giapponese di caccia alle balene.

 

A pochi giorni dagli scontri con i pescatori al largo di Malta in cui uno degli attivisti dell’organizzazione è stato ferito per cercare di salvare il tonno rosso, adesso si cerca di punire in maniera sproporzionata e ingiusta chi si batte per salvare le balene. Si tratta del periodo di carcere più lungo mai richiesto per un attivista di Greenpeace in quarant’anni di storia dell’organizzazione.

Una anno e sei mesi di carcere è la pena richiesta oggi dal pubblico ministero della corte del Distretto di Aomori durante l’ultimo giorno di un processo iniziato a febbraio. Gli attivisti sono stati accusati di furto dopo aver intercettato scatole con carne di balena proveniente dal programma di caccia baleniera e destinate al mercato nero. Junichi Sato e Toru Suzuki, conosciuti come i “Tokyo Two”, avevano utilizzato questa carne per denunciare la corruzione del sistema e chiedere un’indagine ufficiale.

«Junichi e Toru hanno agito in modo pacifico e solamente nell’interesse pubblico per esporre casi di appropriazione indebita di carne di balena cacciata a spese dei contribuenti giapponesi – sostiene Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia – È preoccupante che ora stanno rischiando di finire in prigione. Diversi esperti di diritti umani sono concordi nel ritenere che questo caso sia stato mosso esclusivamente da ragioni politiche, e che sia un altro esempio di come sempre più spesso a livello globale le autorità utilizzino la legge per zittire dissensi imbarazzanti».

A giugno 2008 Junichi Sato e Toru Suzuki erano già stati in stato di arresto per 26 giorni, in completa violazione di una serie di diritti umani, come riconosciuto dal Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC). Il verdetto finale della corte dovrebbe essere reso noto a settembre.

La richiesta dell’accusa arriva proprio nella giornata mondiale per il Mare e in un momento cruciale per la protezione delle balene. Si aprirà, infatti, tra due settimane a Agadir la riunione della Commissione Baleniera Internazionale (IWC). Purtroppo sul tavolo delle negoziazioni è presente una proposta che rischia di compromettere la moratoria. Paesi come il Giappone che da anni la eludono con la scusa della caccia per ragioni scientifiche, potrebbero vedersi legittimare delle quote e avere l’autorizzazione per cacciare specie in pericolo. Solo una decisa azione diplomatica dei Paesi che dicono di essere contro la caccia baleniera, come l’Italia, potranno garantire che questo incontro non si risolva in un ennesimo fallimento.

«È ora che si ponga fine alla caccia commerciale alle balene e si avvii finalmente il processo di “modernizzazione” della Commissione il cui ruolo deve essere quello di tutelare le balene e non di legittimarne l’uccisione. I nostri attivisti rischiano più di un anno di carcere, cosa sono disposti a fare quei paesi che dicono di voler proteggere le balene? Alle parole devono seguire i fatti» conclude Monti.

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