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Il businness del randagismo nel Lazio.

Ottobre 25
15:02 2009

0_9803_Foto_anti-lagerLe stime sul giro d’affari legati al randagismo in Italia si aggirano intorno ai 500 milioni di euro l’anno, ad esso seguono a ruota alti tassi di illegalità penali ed amministrative. Questa è la stima della Lav, lega antivivisezione italiana, che ha sondato in un’indagine il mondo dei canili italiani, con delle scoperte davvero impressionanti. Il contributo dei Comuni ai gestori dei canili va dai 2 agli 8 euro al giorno per ogni cane, seguono contributi per ogni accalappiamento, nell’ordine di 50 euro ad animale catturato e rimborsi di 120 euro per ogni animale deceduto. Nel solo Lazio, l’anno in corso ha segnato una spesa da parte della regione, su richiesta di 120 comuni, dell’ammontare di 3 milioni di euro, con risultati molto al di sotto delle aspettative. In quanto, da un lato è stato mancato l’obiettivo riguardante la campagna di sterilizzazione degli animali, dall’altro non è stato portato avanti nessun progetto di creazione di canili pubblici, tutte spese preventivate nel bilancio di spesa regionale e mai realizzate.

Spiega la Lav che succede sovente che le Asl sul territorio diano vita ad accordi con gestori di strutture private, sovvenzionando solo queste ultime anzichè dare vita ad un ente pubblico sul territorio, con conseguenze che portano a facili speculazioni affaristiche, seguite dalla presenza di canili lager, pesso e volentieri ubicati in luoghi molto isolati quindi meno soggetti a controlli, dove gli animali si trovano a vivere in condizioni atroci.
La Lav afferma che molti di questi gestori si improvvisano anche accalappiatori, in quanto più cani sono presenti in una struttura, più denaro ve ne entra, con la conseguenza che il tasso di mortalità delle bestiole, in media nella regione, si è alzato attestandosi intorno al 90% degli esemplari detenuti nelle strutture. Ed anche quando, a seguito di controlli, qualcuna di queste strutture private viene sequestrata dall’autorità giudiziaria, succede sovente che ritorni in mano allo stesso proprietario nel giro di poche settimane, per via dell’eccessiva burocratizzazione delle pratiche che non permette di applicare la legge.
Una situazione indecorosa quella che la Lav denuncia, che merita una riflessione che permetta di pianificare degli interventi mirati. La stessa lega auspica eventuali soluzioni alternative nella previsione di realizzare sia un’efficiente anagrafe canina su tutto il territorio, così come nella possibilità per i privati di accedere ai finanziamenti solo dopo avvenute sterilizzazioni, e bandendo le sovvenzioni ad animale morto. Un’altra alternativa è da cercare nel concedere licenze per tali strutture esclusivamente alle associazioni animaliste, per provare ad arginare gli abusi, che la stessa Lav si augura possano essere sotto il costante monitoraggio da parte della magistratura e dell’autorità, con maggiori e continuativi controlli sulle strutture, tecnicamente più monitorabili se concentrate solo sul territorio comunale.

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