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Il Castello Baronale

Il Castello Baronale
Maggio 11
02:00 2007

Palazzo e Rocca strettamente connessi, è particolare e interessante il Castello Baronale di Fondi. Deriva il nome dalla parola latina fundus con cui si designava un terreno pianeggiante cinto da montagne. Fu fondata dagli Ausoni alla metà del sec. VIII a.C. Nel 338 a.C. divenne municipio romano e nel 188 a.C. ottenne la piena cittadinanza romana. Durante il periodo bizantino appartenne al ducato romano, dal 727 al ducato di Napoli e dal 771 a quello di Gaeta. Nell’846 e nell’881 fu distrutta dai Saraceni. Fu istituita come ducato autonomo nel 935 (o nel 950). All’inizio del secolo XII furono suoi duchi i Caetani e verso la metà del secolo i dell’Aquila, che conservarono la contea, salvo brevi intervalli, fino al 1299 quando, in seguito al matrimonio della loro ultima discendente, Giovanna, con Roffredo III Caetani, tornò a questi ultimi. Onorato II Caetani, tra il 1466 e il 1477, aggiunse al Castello nuove finestre, portali, volte, stemmi di famiglia uniti a quello aragonese. Restò ai Caetani fino al 1495, quando Carlo VIII concesse il contado a Prospero Colonna, il cui figlio Vespasiano si unì in matrimonio nel 1527 con l’adolescente figlia di Ludovico Gonzaga: Giulia. La figura della giovanissima contessa venuta da Mantova, dotata di intelligenza acuta e di straordinaria bellezza, rimasta prematuramente vedova e senza figli propri, è legata ad un periodo di grande splendore culturale per la città di Fondi, la cui corte fu meta dei più illustri personaggi del Rinascimento. La città soffrì in seguito gravi devastazioni per mano dei saraceni, la prima delle quali nel 1534 ad opera di Keir ed-Din il Barbarossa, il quale mirava a far rapire la giovane contessa per farne dono all’imperatore Solimano II. Ebbe così inizio un lungo periodo di decadenza, acuito nel corso dei secoli da ulteriori flagelli (tra questi malaria e brigantaggio). Ancora per alcuni anni fu conteso fra le due famiglie (Caetani e Colonna) finché, nel 1504, il feudo fu concesso definitivamente ai Colonna. In seguito a matrimonio nel 1591 il feudo passò ai Carafa. Nel 1690 il feudo fu assegnato da Carlo II d’Austria ai principi tedeschi di Mansfeld, che nel 1720 lo vendettero ai Sangro. La struttura del centro storico della città è ancora quella a pianta regolare del castrum romano. Intorno si conservano resti di mura megalitiche, risalenti alla fine del sec. IV a.C., rifatte quasi interamente al tempo della guerra fra Mario e Silla munendole di torri, e restaurate nel medioevo. Fra il 1319 ed il 1329 furono erette una cinta esterna più bassa, a poco più di m.5 dalla prima, e la base quadrata del maschio in conci poligonali. All’inizio del sec.XV risalgono il resto della base quadrata del maschio e la Rocca adiacente, con le quattro torri angolari cilindriche; alla metà del secolo il torrione cilindrico del maschio; ed alla fine dello stesso la merlatura con mensole aggettanti di forma ghibellina.
Il complesso è stato più volte rimaneggiato, soprattutto nell’800, e danneggiato durante la seconda guerra mondiale: il nucleo iniziale primo trecentesco era pienamente in uso quando il 20 settembre 1378 vi viene ospitato da Goffredo Caetani il conclave che elesse Roberto di Ginevra antipapa di Urbano VI con il nome di Clemente VII. La camera del signore era collocata al primo piano accanto al mastio (che proteggeva anche il tesoro di famiglia) ed era decorata con un cammino e un balcone: l’oratorio privato contiguo portava alla camera della vedova di Baldassarre Caetani (morto nel 1480) e alla sala di ricevimento, che comunicava con l’esterno per mezzo di uno scalone; vi si aprono tre porte con cornice di marmo e mensole fogliacee; al pianterreno gli alloggi per la servitù, le scuderie, e a sud-ovest le cucine. Si suppone che le migliorie al Castello si debbano a Matteo Forsimanya, architetto del re di Napoli per Castelnuovo, riconoscibile dal repertorio delle caratteristiche finestre intagliate in pietra tenera a doppia cornice con foglie distaccate e intrecci vegetali con quadrilobi fioriti. In particolare nel prospetto sulla piazza dell’Unità d’Italia, sul quale sono visibili le tracce esterne di due camini, restano quattro finestre tardogotiche: due traforate simili a quelle del Sagreta a Maiorca o alcuni esempi palermitani (palazzo arcivescovile), dalle particolarissime mensole scolpite con suonatori analoghi a capitelli in S.Micelle di Sonnino (feudo Caetani). Le altre due finestre sono più semplici, una con archeggiature su peducci a ricco fogliame, l’altra a cupide con testina; le mensole con suonatori con turbante compaiono anche in una finestra a tutto sesto su via Appio Claudio, superstite di una serie di tre. Il portale di accesso ad arco ribassato in cornice rettangolare intagliata, datato alla prima metà del ’400 ed esemplato su modelli diffusi nella stessa Fondi, a Cerinola e Napoli, immette in un cortile di tipo napoletano rinascimentale detto “durazzesco catalano”, con un vestibolo ed un porticato in conci di pietra a due ordini. Al piano terra le arcate sono diseguali, mentre le tre arcate ogivali del piano nobile sono armonicamente uguali e in conci regolari. Sempre di gusto sagreriano è il portalino sul cortile con cornice a doppia modanatura cuspidata e le finestre a tutto sesto lungo la scala esterna con disegni polilobati, e supporti con suonatori alla musulmana. Accanto al Castello e ad esso unito da un arco a bifora che fungeva da porta della città (principalis dextera o de suso, demolita nel 1871) era una torre rotonda su un torrione quadrato datato per la sua muratura irregolare all’inizio del quattrocento; questo mastio a sua volta era collegato da un ponte levatoio al Castello. La Rocca inoltre è composta da tre torri cilindriche angolari protette da un basso bastione: il coronamento a merlatura ghibellina, che caratterizza le fortezze Caetani, è della fine del quattrocento. L’edificio principale, che probabilmente era destinato soprattutto a funzioni di rappresentanza e, comunque, genericamente pubbliche, è stato restaurato (ad eccezione del maschio) e si presenta ormai interamente praticabile. Nel luglio del 1997 venne inaugurata la prima tranche del nuovo Museo Civico. Le sale sono utilizzate per mostre e convegni. C’è una leggenda legata al Castello: narra Ludovico Ariosto della bella Giulia Gonzaga, sposa quattordicenne di Prospero Colonna e presto vedova. Il pirata saraceno Keir ed-Din volle rapirla per farne dono al sultano Solimano II; per averla distrusse ogni cosa, ma Giulia riuscì a mettersi in salvo con l’aiuto di un servo. Il suo salvatore però fu ucciso dall’irrequieto saraceno e da allora il suo fantasma vaga tra i canneti alla ricerca del suo assassino, e qualche volta si sentono le sue grida nella notte.
Bibliografia: (Bonechi-Rendina-Centini-Aurigemma – Istituto Italiano Castelli)

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