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Il confronto con l’Islam

Ottobre 04
02:00 2006

Mentre il putrescente e timoroso Occidente si porge verso l’Islam non come colui che tratta da pari a pari bensì come chi si sente attanagliato da un forte complesso di inferiorità, le frange più radicali dell’estremismo di marca islamica vanno dritte per la loro strada lasciando una scia di sangue mai vista prima. L’unico che parla con voce alta e chiara con parole di pace e di dialogo è il Papa, anche quando la cialtroneria mediatica di agenzie di stampa troppo frettolose rilancia in modo pericolosamente distorto i suoi discorsi. Per l’errata comprensione d’una sua lectio magistralis l’universo islamico è insorto chiedendo le sue scuse; contemporaneamente, in Somalia, una suora è stata assassinata da fanatici integralisti. Pura coincidenza? Nessuno può crederlo. Però, mentre i musulmani si sono risentiti per le parole del Papa, nessuno di loro ha sparso una sola parola di condanna per l’indegno assassinio. Ma la cosa più grave è che anche nel pavido Occidente non c’è stato governo o istituzione d’alto livello che abbia osato protestare men che formalmente in difesa del Pontefice, temendo che anche una sola parola sbagliata attirasse su di loro ondate di kamikaze dinamitardi. Peccato che nessuno si sia reso conto che in ballo non c’è tanto la libertà di parola del Papa, quanto la stessa libertà di parola in senso più ampio. Il fatto è che mentre l’opulenta Europa, relativista e sempre più neopagana, sta affogando nella propria imbelle pinguedine, ad Oriente hanno le idee chiarissime sul da farsi. È un discorso molto complesso ma tenteremo di sintetizzare. Per cominciare, riteniamo che terroristi, fanatici, kamikaze e quant’altro non siano degli artefici ma semplici esecutori, oscure pedine, stolida carne da cannone da immolare sull’altare di ben altri affari. Prendiamo Bin Laden, ad esempio, al quale probabilmente leggere il Corano interessa esattamente come leggere l’elenco telefonico di Rocca Cannuccia. Non è infatti un mistero che il miliardario saudita miri in realtà a rovesciare la dinastia regnante in Arabia per insediarsi al suo posto e lucrare gli immani profitti petroliferi. Stesso discorso per il fragilissimo Iraq post-Saddam, dove lo sceicco del terrore ha dato carta bianca ai suoi luogotenenti. Per fare ciò occorrono però truppe di disperati e queste è facilissimo arruolarle in terre poverissime e prive di futuro, tanto più che il loro paradiso degli eroi non ha nulla di spirituale ma è invece un continuo festino tra sontuosi banchetti e donne tanto belle quanto disponibili: chi non si farebbe saltare in aria davanti a simili prospettive? E passiamo ad un altro grande regista occulto dello stragismo internazionale, l’Iran. A questo Paese interessa solamente l’armamento nucleare (altro che scopi energetici, con tutto il petrolio che ha!) ed ha bisogno che le potenze occidentali non gli stiano col fiato sul collo. Ecco quindi spiegata l’astuta politica dei falsi obiettivi e della pura menzogna, tanto per allentare la tensione e godere di mano libera. Pensate davvero che all’Iran stiano a cuore le sorti dei Palestinesi? Ripassando in bella scrittura un ruvido concetto popolare potremmo dire che ‘difficilmente l’argomento può suscitargli un’attenzione più bassa’. Nei momenti più critici del suo riarmo nucleare, l’Iran ha via via tirato in ballo la questione palestinese, la negazione dell’Olocausto, la distruzione di Israele e così via: tutti falsi bersagli, come il saltimbanco di piazza che mentre con la mano sinistra ben in vista fa apparire un piccione, con la mano destra sfila furtivamente il portafogli a qualcuno. L’opinione pubblica mondiale discute – attonita per l’enormità delle dichiarazioni circadiane di Ahmadinejad – e l’ONU si infuria, così mentre nessuno vede il programma nucleare va avanti. Stessa cosa, quando la morsa internazionale si è fatta più stretta ecco partire l’ordine agli Hezbollah libanesi – che da anni sonnecchiavano – di infastidire Israele sapendo che questi avrebbe subito abboccato alla provocazione e innescato un conflitto. Ora tutti si affannano a disinnescare la mina mediorientale ma in Iran hanno intanto guadagnato un po’ di tempo prezioso, nel tentativo di raggiungere a marce forzate l’agognato obiettivo nucleare. Del resto, considerate pure chi è lo stesso Ahmadinejad: un infuocato tribuno, uno spericolato capopopolo, tra Masaniello e Ciceruacchio. Ma in Iran chi comanda veramente non sta in prima fila ma dietro le quinte ed è il tenebroso Consiglio della Rivoluzione, nelle cui mani Ahmadinejad è strumento fedele: parla come e quando deve farlo, tace al momento giusto. Il Consiglio sa quando tirare la corda e quando allentarla. Prova ne sia che, in maniera del tutto spiazzante visto il personaggio, Ahmadinejad ha addirittura difeso la buona fede del Papa quando è stato il momento di spegnere le fiamme della politica circa le famose parole del Pontefice a Ratisbona. In ogni caso il nostro Ahmadinejad – con la sua effervescenza – nelle mani del Consiglio si presta benissimo per fare da capro espiatorio quando le cose andranno male: se perderà, perderà solo lui, non il Paese che rappresenta. Già, perché prima o poi le vicende si aggraveranno. Tra una capriola e una giravolta l’Iran arriverà infine ad avere la bomba atomica. A quel punto le trattative con l’Occidente saranno ad armi pari e non in condizioni di inferiorità. Ma sarà proprio allora che l’Occidente dimostrerà tutta la sua debolezza e cederà, oh! se cederà. Scenario: l’Iran non vuol saperne di rinunciare all’atomica e se ne infischia delle sanzioni. Che si fa? La guerra? Improponibile, la guerra con l’Iran è impossibile, per tante evidentissime ragioni che è perfino inutile elencare qui. Ma nemmeno l’Iran ha interesse ad una guerra. Pertanto, si scenderà a patti, come sempre. Le leggi del profitto economico sovrasteranno sempre ogni possibile fede, religione, messia o fanatismo. I kamikaze spariranno d’incanto quando non saranno più strumentali ad alcun obiettivo economico.

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