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Il doppio passo dell’uomo

Il doppio passo dell’uomo
Aprile 21
18:13 2015

Sul numero di novembre di Controluce cartaceo si scriveva de Il senso umano smarrito. Il tema era quello dell’uomo travolto dalla violenza in ogni sua forma, alla radice della quale era sete di potere e di denaro. La tragedia attuale ed epocale della migrazione di profughi o derelitti è certamente agganciata a questo tema, ma ha cause più vaste e profonde che rendono difficili soluzioni immediate.

La dicotomia tra il pensiero scientifico-tecnico e quello filosofico-letterario si è creata ‘artificiosamente’ nel corso dei secoli. Non era presente nelle nostre culture d’origine, dei greci o romani ad esempio, tanto che non si rintracciano aggettivi che riescano ad identificare lo scienziato o il letterato: il sapere era unico, e si poteva ricorrere solo al genitivo per indicare una improbabile divisione tra homo scientiae e homo humanitatis. Invece una miope e interessata visione del mondo ha fatto sì che oggi il pensiero scientifico, che è unico benché utilmente indirizzato in varie e differenti direzioni – arte, matematica, medicina, filosofia … , sia diviso in due accezioni, adoperate entrambe faziosamente in senso denigratorio e strumentale: poesia e calcolo. Chi vuole sfruttare la situazione (a fini di consenso, anche elettorale, o per arricchimento personale) opera un calcolo di bassa ‘lega’, accusando i più generosi di ‘buonismo’ e di una visione ‘poetica’ della vita. Il problema consiste invece nella visione limitata dei calcolatori. Essi tendono a conservare lo status (statu) quo, non rendendosi conto che il motore della vita è il divenire, e con esso una prospettiva di lungimiranza. I conservatori sono in sintonia con la guerra, quella di parole che porta consenso e quelle reali che portano profitti a pochi e danni e morte a molti. Oltretutto è una visione castrante perché impedisce un effettivo allargamento della possibilità di ricchezza per tutti, in primis, come di solito avviene, per chi ha la leva di comando. Infatti, nonostante i discorsi sulla crisi (ovviamente ‘relativa’ a una società ad alto benessere), tutti sanno che la ricchezza esistente nel mondo, purtroppo scandalosamente concentrata in modo difforme, ben sarebbe sufficiente a creare condizioni di vita dignitose in ogni parte del mondo; solo che lo si volesse e si riuscisse a comprendere che l’innalzamento del tenore di vita di ogni disperato comporterebbe l’abbassamento drastico del rischio di conflitti e la messa in moto di un ciclo virtuoso e scambievole di consumi e produzioni. Pare invece che sia il momento del ritorno ad una sorta di schiavismo di passaggio che coglie al balzo le tragedie di guerre create ad arte su basi pseudo religiose o etniche. Per questo Stati e Unioni fanno finta di non vedere (occhio non vede e portafogli non soffre) fino al limite estremo della catastrofe che mette in pericolo il ‘sistema’. Allora forse ci sarà una svolta, ma probabilmente di corto respiro, di ‘contenimento’; mentre un disegno illuminato consiglierebbe un ‘investimento’ totale su un progetto vincente, sia dal punto di vista umano che economico. Per ora migliaia di straordinari operatori e volontari dimostrano di avere più cuore e cervello delle varie stanze dei bottoni. Magari un domani ci sarà una svolta geniale a Bruxelles o a New York, ma sarebbe una sorpresa.

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