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Il salvagente (sgonfio) del “benaltrismo”

Il salvagente (sgonfio) del “benaltrismo”
Giugno 01
09:09 2014

16-talk-show-e-benaltrismoIl “benaltrismo” è un artificio dialettico molto usato. Nelle riunioni formali o nei semplici talk show, quando si vuol glissare su un argomento o buttare la palla in fallo perché l’avversario sta per segnare un punto, esce fuori la frase «ma i veri problemi sono altri», oppure «pensate che alla gente interessi questo? È ben altro che interessa alla gente». Così vien fuori lo stipendio che non arriva a fine mese, la disoccupazione in particolare giovanile, e via scemando verso l’evasione fiscale, la corruzione, la giustizia che non funziona ecc. Se invece si parla di queste cose, i temi più importanti diventano l’euro, la Costituzione, magari la politica estera…

Il bello è che la sostanza del benaltrismo non è campata in aria: sono tutti problemi importanti e da affrontare. Il brutto è che non si affrontano mai, con un continuo rimbalzo organizzato apposta per questo strano gioco a nascondino. La questione è molto irritante perché tutti sanno, tutti capiscono (i discutenti e gli uditori) quali siano le cose da fare e la loro gradazione di priorità – all’incirca: lotta alla povertà e redistribuzione del reddito, lavoro, diritti civili, giustizia, lotta all’evasione e al malaffare ecc. – ma la grande melina serve alla sopravvivenza della Casta in eterno surplace.
Ci sono “baroli d’annata”, come la legge sul conflitto di interesse, le riforme costituzionali, le privatizzazioni. Sembra proprio che lo scopo principale della politica di “lungo corso” sia quello di parlare a turno dei problemi secondo una scaletta variabile a seconda delle convenienze, cercando di affrontarne (e risolverne) il minor numero possibile. Ora pare avviata una nuova stagione che prevede una soluzione radicale: praticamente l’eliminazione della discussione; in tal modo l’eccezione di benaltrismo è bandita. Si pone sul tavolo il problema con soluzione incorporata, soltanto da approvare velocemente e senza obiezioni.
Il convento propone l’alternativa classica tra minestra e digiuno; di altre pietanze non si parla, con buona pace di dialettica, collaborazione, condivisione e partecipazione. La maggioranza è attenta esclusivamente al suo interno consenso. Pare non debbano esserci alternative a questo speciale sport italiano dell’eccesso, per cui si va da un estremo all’altro: dall’immobilismo parlareccio al decisionismo autoritario. Eppure tutto ciò non può meravigliare, essendo il segnale antico di una democrazia non matura, di uno Stato unito solo nominalmente ma nella realtà frammentato in troppe fazioni e localismi.
Purtroppo all’orizzonte non appaiono navi cariche di buonsenso, e nemmeno accordi minimi o pacifici tra timoniere e marinai per scegliere la direzione verso le Americhe.

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