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La guerra dei sacchetti di plastica

La guerra dei sacchetti di plastica
Agosto 12
09:01 2011

BRANDONISIO-SPORTADal 1° gennaio 2011 è entrato in vigore il divieto di commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili per l’asporto delle merci: finisce così l’era di quella che per noi italiani, agli occhi di molti, appariva un’ossessione. Abbiamo sacchetti nelle strade, nei supermercati, nelle discariche. Non a caso, la CNN, comunicando la notizia dell’introduzione del provvedimento, aveva scritto che siamo «il paese della pizza, del mandolino e dei sacchetti di plastica». La Bbc ha ricordato che l’Italia ha uno dei più alti tassi di consumo di sacchetti di plastica in Europa: gli italiani ne usano 20 miliardi all’anno, più di 300 per persona. La TV inglese ha infine mostrato le immagini dei sacchetti abbandonati sugli alberi, nelle città e nelle campagne del nostro paese, sottolineando come la legge ci abbia messo un decennio prima di essere approvata. Dal Guardian online alcuni si sono domandati se l’Italia sarà in grado di attuare il divieto, non essendo ancora pronta ad affrontare un tale “cambiamento culturale”, viste le reazioni di vari cittadini che non condividono la decisione del governo. Con oltre il 25% del totale dei sacchetti consumati nell’Unione Europea, corrispondenti a 260.000 tonnellate di plastica, infatti, il nostro primato europeo è durato per oltre cinquant’anni. Oggi che i sacchetti realizzati a partire dall’amido di mais cominciano a circolare per i nostri supermercati, ci lamentiamo perché si rompono facilmente e costano troppo, tra i dieci e i venti centesimi l’uno: in un anno si può arrivare a spendere circa 100 euro a famiglia. Comunque, i sacchetti biodegradabili sono sicuramente un passo avanti rispetto ai vecchi shoppers realizzati in polimeri. Ma a dissentire dall’opinione comune è l’Assorimap, l’associazione nazionale dei riciclatori della materie plastiche, che ha chiamato in causa il Ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, per rivedere la legge, poiché a causa dell’uso obbligatorio dei sacchetti biodegradabili, «nel lungo periodo l’Italia sarà costretta ad importare materia prima dall’estero con maggiorazione dei costi mentre l’agricoltura del nostro Paese cambierà completamente volto con l’incremento di coltivazione intensiva di mais per rispondere al fabbisogno. L’introduzione di elementi ossidanti nelle plastiche farà in modo che i polimeri di origine petrolchimica diventeranno più leggeri fino a renderli attaccabili da funghi e batteri che decreteranno il terminare del ciclo di vita delle buste». In attesa della soluzione della disputa tra i due contendenti, a noi “consumatori di sacchetti” forse converrebbe di più recuperare un’altra buona vecchia abitudine della nonna: quella vecchia sporta di stoffa, resistente, riutilizzabile nel tempo e così “ecologica” che farebbe bene anche all’ambiente.

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