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La legge della bellezza di Carmelo Ottaviano – 2

Agosto 12
09:37 2011

Nicotra-15_72dpiPreso atto delle numerose analogie fra le note musicali e i colori fondamentali già rilevate da altri studiosi,1 Ottaviano applica ai colori fondamentali la stessa legge di armonia costituita dalla progressione addizionale dell’accordo perfetto maggiore:

«Quattro colori sono intonati tra loro quando il quarto di essi differisce dal terzo per il doppio della differenza in frequenza esistente tra il primo e il secondo e tra il secondo e il terzo, uguale essendo la differenza in frequenza tra il primo e il secondo, e tra il secondo e il terzo».2

Considera diversi esempi, fra cui la combinazione di colori porpora-arancio-verde-viola scuro la quale corrisponde all’accordo perfetto maggiore do-mi-sol-do2. Infatti le frequenze di quei colori (in trilioni di vibrazioni al minuto) sono:

396 , 495, 594, 792

e, quindi, riferite alla prima:

1,   1+ 1/4,   1+1/2,   2

ovvero gli intervalli seguono la stessa disposizione degli intervalli dell’accordo perfetto maggiore:

1/4,  1/4,  1/2

Il quartetto di colori porpora-arancio-verde-viola scuro è proprio quello che, con accenti molto poetici, Ottaviano rileva «in uno dei più belli tra i fenomeni della natura, il sorgere dell’aurora, quando il viola scuro o nero del cielo e del mare si tinge tremolando in arancio e si smorza in verde al tocco del raggio purpureo del Sole che sorge, e a mano a mano trionfa delle tenebre».3

Proseguendo sulla stessa via, estende la sua ricerca al campo della metrica in poesia, analizzando gli intervalli sillabici dell’«endecasillabo consonante», che comporta l’accento sulla seconda, quarta e decima sillaba, giungendo a risultati analoghi a quelli ottenuti per le note musicali e per i colori.

A questo punto Ottaviano si chiede: «Il rapporto armonico è rappresentato da una relazione necessaria parzialmente costante o uniforme tra valori numerici diversi?» Trova una risposta nella sua originalissima analisi filosofica del problema, che lo porta a individuare, in aggiunta ai giudizi analitici e sintetici, un terzo tipo di giudizi che battezza con il termine «sineterico», composto dal greco sin (σýν) = con ed eteros (ετερος) = diverso.

Mentre nel giudizio analitico il predicato è identico al soggetto («il circolo è rotondo»), nel giudizio sintetico il predicato è diverso dal soggetto («Giovanni è balbuziente»). Il giudizio analitico è necessario e universale, ma è una pura tautologia in quanto afferma l’identità fra soggetto e predicato (A = A) ed è quindi infecondo poiché, di conseguenza, il predicato non aggiunge null’altro che non sia già nel soggetto. Il giudizio sintetico, invece, è un giudizio fecondo, perché fornisce «intorno al soggetto una connotazione che non è implicita in esso, e quindi accresce il nostro sapere». Il rapporto fra predicato e soggetto, in esso, non è però necessario e universale. Il fatto di essere Giovanni non implica necessariamente l’essere balbuziente e non tutti i Giovanni sono balbuzienti. Il giudizio sintetico, dunque, è accidentale e contingente.

I due tipi di giudizi hanno, pertanto, qualità complementari ma – osserva Ottaviano – «se la scienza umana non disponesse che di questi due tipi di giudizi, sarebbe senz’altro impossibile».

Il geniale filosofo siciliano indica proprio nel giudizio sineterico l’unico tipo «con cui la mente umana ragiona, cioè da un lato pensa concetti e non parole, e dall’altro inventa e scopre relazioni o leggi nuove». Il giudizio sineterico, infatti, esprime la «connessione necessaria (sin) nella diversità logica (eteros) tra soggetto e predicato».

Oltre ai giudizi sineterici Ottaviano individua anche dei «nessi sineterici». Mentre i primi constano di due membri (soggetto e predicato), i secondi constano di tre o quattro membri fra i quali quindi intercedono due o tre relazioni. I nessi sineterici sono per Ottaviano veri e propri tipi di ragionamento, poiché collegano tra loro giudizi sineterici. Giunge così a una prima conclusione:

«Orbene – e questo è il punto che merita particolare attenzione – la legge che regola i fenomeni del bello, sia naturale che artistico, è proprio una legge di tipo sineterico, e precisamente della struttura a duplice o a triplice rapporto, e a tre o quattro membri o facce, come abbiamo visto».

L’accordo perfetto maggiore ci rivela infatti un legame necessario tra le quattro note do, mi, sol, do2, evidentemente diverse tra loro, legame dal quale nasce un rapporto triplice formalmente, duplice contenutisticamente, negli intervalli 1/4, 1/4, 1/2, e triplice sia formalmente che contenutisticamente nei valori 16, 17, 31 delle frequenze delle vibrazioni secondo il corista normale, tutti e tre diversi tra loro.4

E trae la seguente conclusione filosofica:

«Tutte le espressioni del bello in tutte le arti sono rappresentate da nessi sineterici, quegli stessi nessi cioè con cui la mente umana ragiona e inventa o scopre nell’intero ambito del sapere scientifico. Il che significa: la bellezza non è che l’espressione della Razionalità o Logicità dal punto di vista del sentimento: per così dire, l’eco sentimentale della Razionalità o Logica».5

L’analisi logico-filosofica-scientifica delle espressioni di bellezza conduce Ottaviano a individuare una legge comune a tutte le arti (scultura, architettura, poesia, pittura) e quindi a connetterla tramite la logica a tutte le discipline dello scibile umano. Infine, dimostra l’universalità della legge trovata mostrandone l’applicabilità, oltre che al mondo delle arti, anche al mondo organico e inorganico, trovando ivi la sua espressione geometrica nella spirale logaritmica aurea, già da tempo, tuttavia, presa come modello matematico della bellezza.

—————-

1 Ottaviano cita in particolare G. Russo, La musica nei colori, in «Bollettino dell’Associazione Ottica Italiana», n.3, maggio 1932.

2 C. Ottaviano, La legge della bellezza come legge universale della natura, op. cit., p. 34.

3 Ivi.

4 Ibidem, p. 44.

5 Ivi.

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