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La pietas ‘magica’ di Niffoi

La pietas ‘magica’ di Niffoi
Ottobre 28
18:13 2013

La leggenda di Redenta Tiria
Salvatore Niffoi
9788845919725
Adelphi
€ 16   e-book disponibile NO
 RedentaCopertina:
«Smise di nevicare di colpo e il cielo s’incendiò di quella grande luce che avevo visto nell’abbazia di Notre-Dame-D’acey. Comparve la luna piena, luminosa e trasparente come un foglio di caramella. Le lingue dei rovi pencolavano sotto il peso della neve. Le bacche dell’agrifoglio sembravano gocce di sangue appese agli alberi. Un vortice di vento aspirò tutta la neve e la sollevò in una danza carnevalesca.» Nel 2005, con questo titolo, Niffoi nato nel 1950 a Orani, diventa autore Adelphi dopo aver pubblicato dal 1997 con l’editrice Il Maestrale.

Giunge così’ all’attenzione di una più ampia platea un autore maturo in ogni senso; i lettori potranno conoscere le vicende di Abacrasta e degli sfortunati cristiani che la abitano che richiamati dalla Voce con il suo «Ajò, la tua ora è giunta», lasciano la vita togliendosela. I destini di questi paesani, giovani o anziani che siano, sanno dell’aria soffocante di faide tra pastori per la tanca o per le bestie, della vita grama di servi pastori che hanno conosciuto solo la fatica; di donne che hanno perso l’onore per estrema povertà. Eppure a dissipare il velo cupo che avvolge queste esistenze e che per lunghi tratti copre lo splendore del paesaggio circostante, arriva la salvezza: la cieca scalza dalla lunga chioma corvina Redenta Tiria. Consiglia loro ciò che dovranno fare per sistemare faccende che sembrano irrecuperabili, predice miglior fortuna. Una coltre di pietà laica si solleva su vite tanto martoriate e fa di Redenta un Cristo Salvatore ‘al femminile’ in un panorama avulso da eccessivi riferimenti religiosi. I racconti, posti sotto i nomi dei relativi protagonisti, sembrano avviarsi da un buio lontano per acquistare luce e connotati più vicini agli anni ’60, narrati da Battista Raminzone, ufficiale dello Stato Civile che, fattivamente, registra tutti i decessi della prima parte del libro. Una scrittura potente s’avvale, senza abusarne, di frasi e lemmi in lingua sarda e non ne riporta la traduzione che peraltro si rivela inessenziale, anche per la capacità onomatopeica di Niffoi di usare le parole. Qui le aie familiari e i santuari delle feste religiose di Grazia Deledda (Premio Nobel per la letteratura 1926, L’edera, Canne al vento), divengono la geografia immaginaria delle strade di Noroddile, di Abacrasta col vicinato di Chentu Canes «proprio sotto le spade calcaree del monte Ziloche» e «la quercia grande di mannoi Menelau Graminzone, al confine tra le tanche di sas Animas e il santuario della Madonna del Raccolto». Immaginifici, grandiosi e terribili i paesaggi come le storie, fra le tante, quella di Benignu Motoretta e di suo padre Ziropu Seghegliu. L’ultimo titolo dell’autore, uscito per Feltrinelli, è Pantumas. (Serena Grizi)

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