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La vendetta di Camilla

Novembre 10
07:11 2014

I Pratoni del Vivaro sono una prateria sconfinata, un dorso d’asino rovesciato perennemente umido e gelido. Solo gli alberi per il taglio ceduo, i broccoli e i funghi vi attecchiscono. Suggono linfa vitale dalla nebbia, che si adagia nelle vallate come strati di bambagia.
Gli esseri umani che osano abitarvi sono sporadici. I briganti devastano quelle pianure e quei falsipiani da secoli. Forse è la vendetta dalla regina volsca Camilla, ricacciata fino al lago Regillo dagli spietati turchi capeggiati da Enea il troiano e disposti a tutto, pur di usurpare terreni e città dalla visuale fino al mare. Solo Turno, re dei Rutuli, tentò una romantica resistenza agli invasori. Invano.
Camilla s’era fatta seppellire da vera regina, tra i Pratoni del Vivaro. Ma la sua tomba è stata profanata e, depredata, i suoi trofei conquistati col sangue giacciono nell’abbazia di Grottaferrata.
Eccola, una prova della sua vendetta: la ruggine tra i due fratelli Giuseppe e Filiberto, che in quella terra di nessuno avevano occupato dei terreni da strappare ai rovi e coltivare. Ma un confine non andava giù a nessuno dei due. S’erano costruiti un ricovero ciascuno. Li trasformarono ben presto in due fortini.
Imbracciarono la rispettiva doppietta e iniziarono a spararsi. Sì, a sputarsi addosso piombo caldo a vicenda.
La disfida fraterna durò per ore. Mario, un nipote di Giuseppe ancora ragazzino, se la fece sotto per la gran paura. Credeva che si sarebbero ammazzati veramente!
Le due doppiette tacquero quando s’esaurirono le munizioni.
La nebbia, densa come bambagia, purificò tutto in una notte. Ma Camilla è ancora lì, ad aleggiare su quel luogo e a meditare altre vendette.

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