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Le riserve auree della Banca d’Italia

Agosto 17
23:00 2007

Ooooh! In un clamore generale, la battaglia è incominciata. La Cdl si lamenta: ma Prodi è un primo ministro o Capitan Uncino? Ahi, ahi! Le rivelazioni di Prodi sul possibile uso delle riserve auree della Banca d’Italia scatena giustamente il centrodestra. Queste sono sciocchezze, commenta il portavoce di Berlusconi, Bonaiuti, secondo il quale “dopo aver chiamato tesoretto il maltolto, ovvero quanto è stato sottratto agli italiani con una gragnuola di tasse, il governo ora vuole armonizzare le rendite finanziarie, ovvero aumentare le aliquote su Bot e Cct e, se non dovesse bastare, utilizzare anche le riserve auree. E meno male che la sinistra chiamò il suo programma per il bene dell’Italia. Ma Prodi vuol fare il primo ministro oppure Capitan Uncino?”. Va bene. Tutta l’opposizione la pensa così, sottolineando quella che ritiene una insanabile fame di tasse di un governo prigionero delle logiche politiche della sinistra radicale. Ripulito il pugnale sui pantaloni, la Lega afferma che quando “uno arriva a voler utilizzare le riserve auree della Banca centrale significa che deve fare liquidità per poter scappare con la cassa, ovvero aver i fondi per l’imminente campagna elettorale: da qui a breve ci sarà da aspettarsi l’obbligo per la consegna delle fedi e degli altri oggetti d’oro delle famiglie e l’obbligo di estrazione dei denti d’oro dagli estinti in onore del regime prodiano”. Come nel Ventennio. Rotondi della Dc considera tutta la faccenda soltanto una trovata estiva, mentre il forzista Jannone dimostra di prenderla piuttosto sul serio e annuncia: “Siamo disposti a fare le guardie parlamentari davanti alle riserve auree. Prodi non ipotizzi di usare le riserve d’oro accumulate e preservate in 50 anni della storia della Repubblica per sanare i contrasti interni alla sua maggioranza”. Anche An teme che in realtà Prodi voglia mettere le mani sulle riserve auree per soddisfare le brame dell’estrema sinistra. Ma il più lungimirante, a mio avviso, ancora una volta è stato Pierferdinando Casini, che in pratica ha voluto far capire, a chi ancora non l’avesse capito: “Và a riposare, Romano, resto io a guidare l’Italia”. Accigliato, stringo il braccio di Simonetta più forte. Ma cosa credete? Che potrei dimenticarlo? Da quando è iniziato il premierato di Prodi non ho più avuto pace, da allora. Coraggio, andiamo. Mia moglie mi guarda per un momento, poi libera il braccio e riprende a camminare affiancata da Alessandro. E da me. Attraversato il portone e scesi pochi gradini, ci troviamo nella piazza. Una cosa è certa. Il mio destino è da tempo indissolubilmente legato a questa donna. E a Casini. Sono scontato? Mah! Non importa, ditemi qualunque cosa. Sapete dove trovarmi. Nel frattempo siamo arrivati al lungomare. Il vento dirada a poco a poco una cupa, opprimente coltre di nubi: al di là, il cielo si rileva azzurro, l’aria pura e leggera. E il mare limpido. Certo! E così! Ave et vale.

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