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‘Le voci di dentro’ e l’attualità De Filippo

‘Le voci di dentro’ e l’attualità De Filippo
Dicembre 01
02:00 2006

Si è conclusa lo scorso 19 novembre presso il Teatro Argentina di Roma la rappresentazione de ‘Le voci di dentro: tarantella in tre atti’ di Eduardo De Filippo, sapientemente messa in scena dalla compagnia del figlio Luca, per la regia di Francesco Rosi. Un De Filippo amaro, per certi versi sconosciuto ed attualissimo, che alla capacità di raccontare l’universo napoletano con i suoi colori e sapori attraverso le trovate tipiche della commedia, sa unire una lucida analisi introspettiva, fino a regalarci una riflessione a tinte fosche sulle famiglie della borghesia del periodo postbellico – ma in realtà anche della nostra epoca -, dilaniate dall’ipocrisia, dal cinismo e dimentiche di quei valori di solidarietà e di pietà umane che sole avrebbero potuto contribuire ad un vero rinnovamento della società. Il dramma, scritto da Eduardo nel 1948 come una vera e propria commedia amara fra realismo e surrealismo, fra psicologia individuale e psicodramma collettivo, narra di Alberto Saporito, il protagonista – che sulla scena è reso vivo dalla maestria recitativa di Luca De Filippo -, che in un ‘sogno’ crede di assistere all’assassinio dell’amico Aniello Amitrano, scomparso da qualche giorno, perpetrato da una famiglia della buona borghesia partenopea, i Cimmaruta, ed arriva a credere alla sua immaginazione fino al punto da denunciare l’accaduto. I presunti responsabili, a loro volta, lungi dal difendersi con lucidità dal castello accusatorio totalmente infondato, arrivano ad accusarsi vicendevolmente fino ad ordire un delitto vero, l’omicidio del loro accusatore, pur di coprire quello solo immaginato da Alberto. Solo la riapparizione di Aniello – sulla scena impersonato da Giuseppe Rispoli – pone fine agli equivoci, offrendo ad Alberto la possibilità di sfogare il suo sdegno verso l’immoralità quotidiana. Un universo di incomprensione e di equivoci – ben rappresentato in una scena dominata dal bianco e dal nero, e con il rosso a dare forma all’incubo del sangue e dell’assassinio – che arriva a toccare le corde più profonde dell’interiorità; la figura, non visibile ma per certi versi sempre immanente di zio Nicola, vero specchio dell’anima di Alberto, che considerando inutile parlare affida ai botti ed ai fuochi d’artificio la sua comunicazione, fino a morire in scena invitando tutti al silenzio, simboleggia in fondo proprio il disagio del mondo interiore che si ribella, sia pure chiuso in linguaggio atipico, all’ipocrisia imperante, aprendosi al contempo alla parte più viva ed insopprimibile della coscienza individuale. L’attualità dell’arte di De Filippo ci viene restituita in questa rappresentazione intatta, costringendo lo spettatore ad una dolorosa e consapevole immersione nell’ipocrisia delle convenzioni, nella consapevolezza della necessità di ascoltare le voci del proprio mondo interiore e di dare forma ad un esercizio critico che se non offre occasioni di autentica salvezza, almeno contribuisce ad offrire spunti di verità. Per ulteriori informazioni sulla tournèe della Compagnia teatrale di Luca De Filippo è possibile visitare il sito www.defilippo.it

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