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L’Eremo di Camaldoli

L’Eremo di Camaldoli
Gennaio 11
02:00 2008

Poco distante da Frascati, alle pendici del Tuscolo, e abbracciato dai possedimenti della famiglia Borghese, si trova il Convento degli Eremiti Camaldolesi di Montecorona. L’inaugurazione del luogo sacro avviene nel 1610 grazie all’interessamento e al sovvenzionamento di Papa Paolo V, ma in realtà il primo stanziamento dei monaci risale al 1607. La conformazione dell’edificio originario, poi andato distrutto, ci è nota grazie ad una serie di incisioni che testimoniano lo sviluppo architettonico della fabbrica: una facciata a salienti sulla quale si apriva una grande finestra termale ed un protiro con colonne binate. Le caratteristiche stilistiche dell’architettura fanno pensare che la sua progettazione e realizzazione sia da attribuire al camaldolese veneziano Alessandro Secchi. La cerimonia di inaugurazione è seguita dal completamento dell’eremo con l’edificazione dell’infermeria voluta dal cardinale Pietro Aldobrandini e con la realizzazione della foresteria dono del cardinale Alessandro Peretti Montalto. Nel secolo XVIII il convento viene scelto dal cardinale Domenico Passionei, Prefetto della Biblioteca Vaticana e aperto ai nuovi indirizzi culturali dell’epoca, come propria dimora. A costui si deve la realizzazione, nel periodo compreso tra il 1739 ed il 1744, di un romitorio all’interno dell’eremo. L’architettura semplice e sobria di questo luogo solitario è ben bilanciata dall’apparato decorativo progettato da Pier Leone Ghezzi e dal giardino ornato con fastose sculture. Ma le iniziative di Passionei non entusiasmano i monaci che, alla morte del cardinale avvenuta nel 1761, fanno demolire l’intero complesso divenuto un’attrazione per l’ambiente mondano e culturale di Roma.
Circa un decennio dopo anche la chiesa voluta da Paolo V viene distrutta e sostituita con una nuova voluta dal cardinale duca di York. La nuova fabbrica ha uno sviluppo ad un’unica navata con profondo presbiterio. Le pareti interne sono ritmate da un’orditura di paraste composite realizzate in stucco e disegnate dal Tommaso Righi al quale si deve anche la realizzazione della grande finestra absidale incorniciata da un gruppo di cherubini. All’esterno la facciata è scandita da paraste unite in coppie ed ornata da un timpano di coronamento.
Nello stile della fabbrica si riscontrano influenze piranesiane nell’impostazione e nello stile architettonico, dovute, probabilmente alla presenza del Righi al cantiere di Santa Maria del Priorato a Roma, attivo negli stessi anni.

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