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L’Umanità sta soffocando

L’Umanità sta soffocando
Febbraio 28
18:11 2015

02-Il-G20L’Umanità è afflitta da molteplici difficoltà, contrasti e sofferenze. Tutti noi, seguendo i mezzi di comunicazione, siamo informati e abbiamo ricostruito nelle nostre menti i modelli esistenti e le loro contraddizioni, generando nel nostro sistema biologico una ‘sofferenza’ e, contemporaneamente, ci riversiamo ‘mentalmente’ sui problemi mostrando desiderio di volerli risolvere.

A tal fine esprimiamo un giudizio su quali siano le azioni da mettere in campo per giungere alla ‘pacificazione’ universale usando, peraltro, strumenti culturali quali la politica, l’economia, il mercato, il liberismo. Ma i problemi del mondo contemporaneo sono stati creati proprio da queste culture! E sì, prima si produce un problema con alcuni strumenti e poi ci si propone di risolverli usando gli stessi strumenti! Per districare le complicazioni della nostra contemporaneità occorre, piuttosto, mettere a nudo il meccanismo di formazione di queste difficoltà e andare all’origine della nostra storia e all’origine della formazione dei rapporti collettivi.

La comunità e la società moderna.
La comunità è una struttura di vita collettiva – in genere circoscritta alla dimensione locale – contrassegnata da intimi vincoli di adesione, fiducia e mutua dedizione, ossia tutti quei rapporti in cui si verifica un sentimento di appartenenza reciproca e una spontanea volontà di collaborazione. La società moderna è, invece, un organismo nel quale i singoli elementi seguono collettivamente un obiettivo basato sull’individualismo egoistico e sull’utilitarismo economicistico. Ogni convivenza amichevole, esclusiva, intima è intesa come vita in comunità. La società è invece la collettività globale, è il mondo. Una persona, fin dalla nascita, è in comunità con i suoi, congiunta a essi nel bene e nel male, mentre la società è vista come una sorta di ‘terra esotica’.
La comunità germoglia dalle leggi naturali e al suo interno si forma una scala gerarchica naturale edificata su forza, saggezza e differenza di età, ma il tutto è governato da un atteggiamento di comprensione, indulgenza e rispetto reciproci. Sono valori che valgono per se stessi, che sgorgano dalla natura umana e perciò devono essere considerati intoccabili da tutti coloro che possiedono questa natura.
La società, al contrario, è ‘costruita’ su una base contrattuale che ne definisce, con le leggi, i rapporti tra i singoli elementi costitutivi. Anche qui gli obiettivi sono di tipo comunitario, ma è molto più facile affermare leggi che tendono al prevaricamento dell’altro e all’annullamento dell’altrui dignità. La scienza del diritto, infatti, a volte può essere iniqua perché non rappresenta una legge immutabile, non prescinde dalla scelta del più forte, non è emanata dalla natura, dall’essenza stessa dell’essere umano.
In definitiva, la comunità è una struttura universale pressoché immutabile, mentre la società è una struttura che si evolve parallelamente alla base culturale di riferimento.
La società occidentale, seguendo un lungo percorso, è stata condotta dall’uomo fino all’Illuminismo che ha dato vita alla Dichiarazione di Indipendenza in America (nella quale è dichiarato che la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità sono inalienabili diritti) e alla Rivoluzione Francese in Europa. Nel resto del mondo le diverse società hanno seguito itinerari culturali differenti da quelli del cosiddetto ‘occidente’ e anche fra loro.

La Globalizzazione.
Negli ultimi decenni il mondo è stato coinvolto dalla cosiddetta ‘globalizzazione’. Nella società globale che si va formando, spazi sociali eterogenei entrano in relazione e si compenetrano reciprocamente. Questo processo, per mezzo dei nuovi mezzi di comunicazione, si è sviluppato con una rapidità mai riscontrata nei processi storici vissuti in precedenza. I meccanismi che oggi governano i commerci planetari sono la comunicazione globale, il mercato globale e i consumi globali. Ma questo sviluppo non prevede parità dei soggetti coinvolti in queste relazioni. Piuttosto, seguendo il pensiero liberista, nel mondo globale è proprio l’elemento prevalente che pilota il mercato dettando le regole del gioco e facendo risaltare la propria forza e i propri interessi. Automaticamente si genera una sorta di autoreferenzialità delle nazioni industrializzate, accompagnata da un atteggiamento di ‘superiorità’ e di essere portatori di ‘valori di civiltà’.
I valori della civiltà illuminista, razionalistica, laica e liberale degli ultimi secoli della storia del mondo occidentale, tutto ciò che ‘gli altri’ interpretano come ‘problemi sociali’, sono posti come modello da seguire e influiscono nel contesto globale come nessun’altra delle vitalità culturali. Questo non deve significare, però, che sia giusto mettere in disparte le altre culture e renderle in qualche modo trascurabili. D’altro canto, anche le altre vitalità culturali sono certe della propria ‘singolarità’. In tal modo si producono squilibri, non tutti agevolmente prevedibili, che pagheremo a caro prezzo. Infatti, la visione di pace e prosperità è stata sostituita, in breve tempo, dalla crisi economica e dalla guerra.

Le multinazionali e lo sviluppo sostenibile.
Il benessere dei cittadini e di intere nazioni sta crollando miseramente insieme ai ‘beni vitali inalienabili’ quali salute, acqua, cibo e conoscenza, che sono oramai controllati da un manipolo di multinazionali senza scrupoli che calpestano la storia dell’uomo per perseguire il profitto individuale.
La conseguenza più vistosa e dannosa è la organizzata concentrazione di ricchezze in un numero sempre minore di mani. Questo ha luogo sia nei Paesi del Terzo mondo che nei Paesi industrializzati e sta ampliando in modo inquietante la fascia degli individui senza alcun sostegno da parte dello Stato sociale. Questo tipo di sviluppo genera certamente un maggiore impoverimento per le fasce sociali più deboli, ma anche l’impoverimento dei beni naturali attraverso la divaricazione antibiologica applicata alla natura dai nuovi processi produttivi. Dunque, a chi giova?

Due fondamentalismi.
Siamo di fronte a una specie di ‘fondamentalismo di mercato’ della globalizzazione che sta producendo, oltre i sistemi di esclusione con insoddisfazione e insicurezza dei poveri e degli emarginati esclusi dai benefici della globalizzazione, anche organizzazioni fondate sul cosiddetto ‘fondamentalismo religioso’. Ma attenzione a non generalizzare e pensare che il terrorismo sia frutto della religione dell’Islam (contrapposizione Islam/Occidente); bensì esso è frutto solo di alcuni caratteri sociali e politici degli attuali Paesi musulmani, che peraltro sono diffusi in quasi tutti i continenti e contraddistinti da differenze, spesso notevoli. La contrapposizione così generica di questi due termini ha dato luogo a tutta una serie di equivoci che impediscono una più chiara analisi del fenomeno. Comunque, è come se i due fondamentalismi si sostengano e rafforzino vicendevolmente. Ed ecco che gruppi interetnici si pongono alla testa della violenza in diverse parti del mondo con l’obiettivo, da un lato, di diffondere insicurezza, terrore e soggezione psicologica e culturale; dall’altro lato, con la crudele violenza esibita, di diffondere nei musulmani il senso di forza e potere dei gruppi che si pongono alla testa del movimento sotto il vessillo dell’Islam che, peraltro, disapprova tali azioni con ripugnanza.
La globalizzazione ha allargato i limiti preesistenti e ha fornito nuove opportunità sul fronte sociale e politico, ma ha anche fallito l’obiettivo primario di integrare le popolazioni locali nella ‘società globale’. La globalizzazione, piuttosto, sta contribuendo in maniera rilevante alla perdita da parte di molti popoli della loro identità socio-culturale, continuando a indicare risoluzioni a misura proprio di ciò che si sta dissolvendo e franando, e facilitando sviluppi pregni di un minaccioso oscurantismo.

02-inclusioneLa ‘globalizzazione dell’indifferenza’.
Oggi, di fronte a crescenti discriminazioni e violenze che si verificano in tutto il mondo, è necessario più che mai unire le forze per promuovere una cultura dell’inclusione per una società giusta e pacifica. «Le conseguenze negative della globalizzazione, come il diffuso materialismo e consumismo, hanno reso le persone più egocentriche, assetate di potere e indifferenti ai diritti, bisogni e sofferenze degli altri. Questo ha portato a una ‘globalizzazione dell’indifferenza’ che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro chiudendoci in noi stessi. […] Tale indifferenza dà luogo a una ‘cultura dell’esclusione’ in cui a poveri, emarginati e vulnerabili sono negati i loro diritti, così come le opportunità e le risorse che sono invece disponibili per altri membri della società. Essi vengono trattati come insignificanti, superflui, gravosi, inutili, da utilizzare o anche da scartare come oggetti. […]». (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2014).


Alcune statistiche

– 350 ‘ricchi’ detengono il 40% del patrimonio dell’umanità;
– un miliardo di persone non ha occupazione;
– l’80% dell’umanità consuma solo il 20% delle risorse globali;
– il 30% della popolazione mondiale non usa l’elettricità;
– il 50% della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata;
– 900 milioni di persone, di cui 150 milioni di bambini sotto i 5 anni, soffrono per mancanza di cibo (fame quantitativa);
– più di 2 miliardi di persone soffrono di fame qualitativa (mancanza di varietà di cibo);
– centinaia di milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile;
– nel Terzo mondo tre individui su quattro muoiono prima di aver raggiunto 50 anni;
– nel mondo un decesso su cinque riguarda bambini che non hanno raggiunto i 5 anni, ma nei Paesi più poveri la mortalità infantile causa quattro decessi su dieci;
– il Terzo mondo possiede già il 90% dei rifiuti tossici esportati.

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