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Nel mondo sonoro di Alfred Hitchcock

Nel mondo sonoro di Alfred Hitchcock
Luglio 15
09:38 2012

Alfred HitchcockÈ importante vedere un film, studiarne le immagini, la sceneggiatura e comprendere quanto sia fondamentale che l’esperienza cinematografica non si configuri solo in termini di visione, ma anche di ascolto. Ascolto che altamente incide sulla percezione delle immagini, ma per lungo tempo trascurato in sede storico-critica. L’espressione stessa “vedere un film”, abitualmente usata per indicare la fruizione di un prodotto audiovisivo, denota la scarsa importanza attribuita tutt’oggi al suono cinematografico: si tende a relativizzare questo potente contributo che, pure se ignorato, agisce sullo spettatore a livello inconscio e subliminale.

Tra i vari elementi che denotano uno scarso interesse per l’analisi della componente sonora vi è, senza dubbio, la carenza di studi specifici sull’argomento e l’assenza di una traduzione in italiano per molti di essi. È necessario dunque ringraziare, insieme a Michel Chion in Un’arte sonora, il cinema. Storia, estetica, poetica, Martina Galeri in Un viaggio sonoro nel mondo di Alfred Hitchcock che hanno permesso ai lettori italiani di leggere le loro brillanti analisi. Si tratta di opere importanti, che pongono in essere il non senso della disattenzione nei confronti del suono, tanto più ingiusta se si considera che il cinema non è mai stato realmente muto: «C’erano parole e rumori ma non si sentivano». Chion parla di cinema sordo, fatto di rumori e dialoghi che lo spettatore poteva immaginare e sentire in sé attraverso associazioni percettive automatiche. Alcune volte, invece, capitava che i registi preferissero esprimere i rumori dell’azione facendo ricorso ad effetti visivi in grado di evocarli al meglio: non si può non fare riferimento a quello che Hitchcock definisce il suo primo vero film, The Lodger, riguardo al quale il regista stesso dichiara: «Allora non c’era il sonoro; così ho fatto installare un soffitto di vetro molto spesso attraverso il quale si riusciva a vedere l’uomo muoversi. Naturalmente, oggi, alcuni di questi effetti – gli effetti a cui fa riferimento Hitchcock riguardano anche l’oscillazione del lampadario dovuta all’andirivieni del protagonista Ivor Novello – sarebbero del tutto superflui perché sostituiti da quelli sonori». Ad una prima analisi può sembrare che Hitchcock non apprezzasse le possibilità offerte dal sonoro, dal momento che ha definito i film muti la forma più pura del cinema. Un approfondito esame della sua esposizione comunque rivela che non si riferisce al suono, ma ad un’eccessiva fiducia nel dialogo. Egli infatti dice a Truffaut: «In molti film di oggi c’è poco cinema e molto di quella che chiamo fotografia di gente che parla. Quando si racconta una storia al cinema, non si dovrebbe ricorrere al dialogo se non quando è impossibile fare altrimenti (…) è indispensabile tenere nettamente distinti gli elementi di dialogo e gli elementi visivi e, ogni volta che è possibile, dare la preferenza ai secondi sui primi». È evidente che la condanna di Hitchcock alle sequenze statiche di dialogo, comunque, non include i rumori o la musica.

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